giovedì 31 dicembre 2009
AUGURI 2010 - AUGURI Stefano Il Nero
Nel 2010 questo blog compie un anno, esattamente il giorno 8 del gennaio entrante. Ah si bel 2009, niente da dire, un bilancio molto positivo, è stato un vero divertimento il comporsi di queste pagine e, in maniera davvero inaspettata, lo è stato anche per moltissimi altri che hanno partecipato alla vita di questo blog. Molti divertiti e qualcuno anche si è arrabbiato, la giusta ricetta di un buon blog.
Tutti i blog stilano classifiche 2009, il miglior vino, il più grande giocatore di rugby, ecc ecc. guardatevi il BLOG TO BLOG che vi lascio qui sotto e andatevele a scovare. Qui niente classifiche degli altri, come primo anno di vita è giusto semmai farne una su se stessi e presto sarà on line.
Intanto molti auguri a tutti, uno splendido 2010 accolga i vostri migliori propositi ed i vostri più bei desideri.
Qui finisce il post.
mercoledì 23 dicembre 2009
BUON NATALE
martedì 22 dicembre 2009
WINE BLOGGER & THE MOON : DITECI COME DOBBIAMO DIRVELO!
Io non vivo sulla Luna. Un po’ mi piacerebbe però non si può. Io non vivo sulla Luna e le cose le vedo, bene, anche in questo piccolo mondo di accessori, questo inutile e piccolo mondo di vino, certe cose le vedo.
Le vedo le manifestazioni vinose autoreferenziali, tantissime, ovunque, ridondanti e va tutto bene; li vedo i raduni di assaggiatori dove è sempre tutto buono, speciale, da ricordare, va sempre tutto bene, nessun assaggio storto, non un tocco di acidità di troppo, una mela appassita invece che floreale, una annata storta, mai
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Eppure li vedo i codazzi di titoli di giornali sulle cisterne di questo e quel vino che girano l’italia con scopi di additivazione, vedo i prezzi che devono stare alti perché di si, senza logica se non quella della tasca di pochi, vedo le svendite speculative ed i pianti che poi il vino è basso di prezzo, vedo i tentativi di cambiare i disciplinari di produzione per far …..ma che per fare miglior vino…ma che per il territorio……per far soldi.
Vedo decine di anime pie arrampicarsi sulle fotografie della rocca medioevale limitrofa per far vendere il vitigno, eh si passione per la terra, amore per il suolo… il territorio… brochure incantevoli….del loro vino non se ne parla neanche o, al massimo….come sopra. L’amore per il territorio di questi viticultori è grande, eh si...… poi si scopre che non sono neppure nati li e c’hanno lo Studio ben avviato a Milano o a Roma o a Venezia, il vino è un accessorio, un investimento, perché è “il territorio” che fa bello, anzi diciamola giusta: fa mooolltooo trandy.
Insomma vedo quello che vedete tutti voi, ma proprio tutti.
Vedo anche una categoria che fa silenzio, non tutti per carità, ma tantissimi si. Chi ? I paladini della libertà, i profeti del futuro, i condottieri “del bene del consumatore”, quelli che internet per loro è la riscossa della trasparenza : i wine blogger.
Leggo tanto di vino e non mi ricordo una degustazione che sia andata male, una cantina che sia stata data “flop”; rarissimi o nulli gli screzi ad un “padrone del territorio”, pochissime e rare le denunce. Girano invece tanti complimenti, autoreferenzialità, moltissimo silenzio.
Un silenzio fatto di migliaia di belle parole, un silenzio moderno, dissimulation by internet.
Silenzio wine blogger, silenzio che va tutto bene.
Ora però mi chiedo, quanti wine blogger sono solo semplici consumatori, amanti, appassionati, quanti invece professionisti del vino? Ah ah ah …ci siamo capiti.
Comunque tutti hanno in comune una cosa : l’esaltazione della rete internet, il social network come vocazione, il 2.0 come mission. Molti di loro poi però riempiono i loro blog di silenzio, quanto silenzio nei social network, quanto 2.0 sprecato in omissione di coraggio. Allora a cosa serve la rete , la tanta decantata internet ed i suoi straordinari mezzi se qualcuno si deve ancora chiedere “diteci come dobbiamo dirvelo?"
In quel post si nasconde una bellissima riflessione della tenace autrice di Vino Pigro, in questo io le rispondo. Cara Elisabetta ora io ti rovescio la questione: guardiamoci in casa prima, in casa blogger.
Mi verrebbe da dire che è una fortuna che c’è ancora chi si fa quelle domande perché troppi professionisti del vino vestiti da "liberi pensatori blogger" hanno in mente solo un grande tranello mediatico al consumatore.
Un tranello fatto di “marketing” e belle parole, analisi sterili di risultati che ben poco hanno a che fare con il contenuto della bottiglia, analisi necessarie a far crescere il cliente di domani.
Alleviamo la sua energia alla spesa prima che il suo amore per la vite, questo pare essere il motto.
Cari consumatori in guardia, “la rete” non è sincera; esattamente come gli altri media, solo che qui vi vogliono dare a bere che è tutto candido e pulito. Filtrate bene.
Allora professionisti del vino, wine blogger professionisti travestiti da fate turchine, tocca a voi fare un passo avanti e confessate: è proprio tutto oro quello che riluce? Va proprio tutto bene?
Sveglia blogger sveglia, io non vivo sulla luna, voi ?
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Le vedo le manifestazioni vinose autoreferenziali, tantissime, ovunque, ridondanti e va tutto bene; li vedo i raduni di assaggiatori dove è sempre tutto buono, speciale, da ricordare, va sempre tutto bene, nessun assaggio storto, non un tocco di acidità di troppo, una mela appassita invece che floreale, una annata storta, mai
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Eppure li vedo i codazzi di titoli di giornali sulle cisterne di questo e quel vino che girano l’italia con scopi di additivazione, vedo i prezzi che devono stare alti perché di si, senza logica se non quella della tasca di pochi, vedo le svendite speculative ed i pianti che poi il vino è basso di prezzo, vedo i tentativi di cambiare i disciplinari di produzione per far …..ma che per fare miglior vino…ma che per il territorio……per far soldi.
Vedo decine di anime pie arrampicarsi sulle fotografie della rocca medioevale limitrofa per far vendere il vitigno, eh si passione per la terra, amore per il suolo… il territorio… brochure incantevoli….del loro vino non se ne parla neanche o, al massimo….come sopra. L’amore per il territorio di questi viticultori è grande, eh si...… poi si scopre che non sono neppure nati li e c’hanno lo Studio ben avviato a Milano o a Roma o a Venezia, il vino è un accessorio, un investimento, perché è “il territorio” che fa bello, anzi diciamola giusta: fa mooolltooo trandy.
Insomma vedo quello che vedete tutti voi, ma proprio tutti.
Vedo anche una categoria che fa silenzio, non tutti per carità, ma tantissimi si. Chi ? I paladini della libertà, i profeti del futuro, i condottieri “del bene del consumatore”, quelli che internet per loro è la riscossa della trasparenza : i wine blogger.
Leggo tanto di vino e non mi ricordo una degustazione che sia andata male, una cantina che sia stata data “flop”; rarissimi o nulli gli screzi ad un “padrone del territorio”, pochissime e rare le denunce. Girano invece tanti complimenti, autoreferenzialità, moltissimo silenzio.
Un silenzio fatto di migliaia di belle parole, un silenzio moderno, dissimulation by internet.
Silenzio wine blogger, silenzio che va tutto bene.
Ora però mi chiedo, quanti wine blogger sono solo semplici consumatori, amanti, appassionati, quanti invece professionisti del vino? Ah ah ah …ci siamo capiti.
Comunque tutti hanno in comune una cosa : l’esaltazione della rete internet, il social network come vocazione, il 2.0 come mission. Molti di loro poi però riempiono i loro blog di silenzio, quanto silenzio nei social network, quanto 2.0 sprecato in omissione di coraggio. Allora a cosa serve la rete , la tanta decantata internet ed i suoi straordinari mezzi se qualcuno si deve ancora chiedere “diteci come dobbiamo dirvelo?"
In quel post si nasconde una bellissima riflessione della tenace autrice di Vino Pigro, in questo io le rispondo. Cara Elisabetta ora io ti rovescio la questione: guardiamoci in casa prima, in casa blogger.
Mi verrebbe da dire che è una fortuna che c’è ancora chi si fa quelle domande perché troppi professionisti del vino vestiti da "liberi pensatori blogger" hanno in mente solo un grande tranello mediatico al consumatore.
Un tranello fatto di “marketing” e belle parole, analisi sterili di risultati che ben poco hanno a che fare con il contenuto della bottiglia, analisi necessarie a far crescere il cliente di domani.
Alleviamo la sua energia alla spesa prima che il suo amore per la vite, questo pare essere il motto.
Cari consumatori in guardia, “la rete” non è sincera; esattamente come gli altri media, solo che qui vi vogliono dare a bere che è tutto candido e pulito. Filtrate bene.
Allora professionisti del vino, wine blogger professionisti travestiti da fate turchine, tocca a voi fare un passo avanti e confessate: è proprio tutto oro quello che riluce? Va proprio tutto bene?
Sveglia blogger sveglia, io non vivo sulla luna, voi ?
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domenica 13 dicembre 2009
AMARONE DELLA VALPOLICELLA, IL PREZZO ? € 9,90 A BOTTIGLIA. ET VOILA' !
Il titolo lo avete già letto e se chiudessi qui il post penso avrei già detto tutto, questa cosa però va dritta sul Terroir Amarone e non posso lasciare gli amici della Pregiata Uva soli con un numero ed il suo decimale da supermercato.
La quotazione citata, ripeto noveenovanta euri, viene proprio dal mondo GDO, Gruppo Despar esattamente, ed il nostro valpollicellese è un prodotto Amarone della Valpolicella 2006 Cadis della Cantina di Soave. Tutto regolare, etichetta, descrizione, esaltazioni varie del gusto, gradazione (14,5%) e poi c’è un Disciplinare, un Consorzio, un Osservatorio dei Prezzi, a qualcosa serviranno!.
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Stefano il Nero ama cimentarsi con i prezzi del vinone veronese , l’ho già fatto qui, e da quando alcune cantine hanno pensato di costituirsi in Famiglia citando come un programma la frase “l’amarone deve rimanere raro e caro…..” mi sono sentito stimolato.
Certo forse gli stessi familiari ora diranno che assaggiando questo Cadis allora si scopre la differenza da ben altro Amarone, il gusto, la linea, e via così con la fantasia, improvvisando teorie di un marketing che, specialmente fra le cantine venete, è ben poco usato e del quale i difensori dell’ordine del Santo Amarone hanno quindi ben poca dimestichezza..
Adesso, cultori dello scandalo del prezzo troppo basso, chiudetevi nelle vostre cantine a autoreferenziarvi sul fatto che il vostro sia il vero amarone mentre gli altri nisba, intanto milioni di bottiglie con la stessa vostra denominazione, fascetta ed un domani chissà, stessa DOCG, girano il mondo con la etichetta “da 9,90 o giù di li”, una etichetta che parla ad un mercato ed ai suoi consumatori un linguaggio che nemmeno io condivido ma che voi avete contribuito a creare in tutto e per tutto.
Quindi l’Amarone , care Famiglie, non rimarrà mai caro, ma nemmeno raro e questo lo sapete già. Ho citato molto tempo fa le cifre lanciate dal Consorzio Valpollicelllese sulle moltitudini di nuovi milioni di bottiglie che investiranno il mercato; care cantine delle pregiate colline, queste bottiglie le producete voi, dall’alto delle vostre colline, cosa vi aspettavate allora: un 99,90?
Adesso tocca la domanda da consumatore tipico, ma quanto costa davvero questo Amarone ? Io una esperienza ce l’ho, da 9,90 a circa 75 euro (escluso serie speciali, annate ecc..).
La forcella è piuttosto ampia ed ora vi chiedo, come farebbe un bieco consumatore, o almeno bieco se paga il minimo ed “intenditore “ se invece si fa rifilare la bottiglia da 75, quindi vi chiedo; perché devo pagare un decimo di euro in più del minimo?
Il mercato è questo, quando ci si butta dentro così come ha fatto la Valpolicella, bisogna viverlo per quello che è, in questo caso dovreste rispondergli centesimo per centesimo e forse non basta un proclama famigliare. Ho chiesto ad un amico, un semplice consumatore, diversi mesi fa , quanto era disposto a pagare una bottiglia di buon Chianti e mi ha risposto 8/10 euro, poi gli ho chiesto lo stesso per un Amarone, mi ha detto 10/15. Non servono commenti.
Non spertichiamoci su mille analisi, qui si parla di prezzo e solo di questo, qui c’è una forcella mortale in termini di prezzo, impossibile da comprendere per un consumatore, consumatore al quale non sono forniti mezzi per fare una distinzione, se c’è.
Adesso, mi raccomando, tutti a stracciare le vesti alle Cantine di Soave dite che…e poi anche che….quella allargata, quella di Negrar…..l’appassimento mio…invece il loro…..e, a proposito dell’assaggio di questo Cadis, fatevelo voi da soli. Qualsiasi cosa buttiate giù sulla tabella di degustazione, bella o brutta che sia, ricordatevi che per moltissima gente, forse molta più di quanto immaginiate e comunque in futuro sempre di più, questo è Amarone della Valpolicella, checché voi ne diciate. Punto e a capo.
La quotazione citata, ripeto noveenovanta euri, viene proprio dal mondo GDO, Gruppo Despar esattamente, ed il nostro valpollicellese è un prodotto Amarone della Valpolicella 2006 Cadis della Cantina di Soave. Tutto regolare, etichetta, descrizione, esaltazioni varie del gusto, gradazione (14,5%) e poi c’è un Disciplinare, un Consorzio, un Osservatorio dei Prezzi, a qualcosa serviranno!.
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Stefano il Nero ama cimentarsi con i prezzi del vinone veronese , l’ho già fatto qui, e da quando alcune cantine hanno pensato di costituirsi in Famiglia citando come un programma la frase “l’amarone deve rimanere raro e caro…..” mi sono sentito stimolato.
Certo forse gli stessi familiari ora diranno che assaggiando questo Cadis allora si scopre la differenza da ben altro Amarone, il gusto, la linea, e via così con la fantasia, improvvisando teorie di un marketing che, specialmente fra le cantine venete, è ben poco usato e del quale i difensori dell’ordine del Santo Amarone hanno quindi ben poca dimestichezza..
Adesso, cultori dello scandalo del prezzo troppo basso, chiudetevi nelle vostre cantine a autoreferenziarvi sul fatto che il vostro sia il vero amarone mentre gli altri nisba, intanto milioni di bottiglie con la stessa vostra denominazione, fascetta ed un domani chissà, stessa DOCG, girano il mondo con la etichetta “da 9,90 o giù di li”, una etichetta che parla ad un mercato ed ai suoi consumatori un linguaggio che nemmeno io condivido ma che voi avete contribuito a creare in tutto e per tutto.
Quindi l’Amarone , care Famiglie, non rimarrà mai caro, ma nemmeno raro e questo lo sapete già. Ho citato molto tempo fa le cifre lanciate dal Consorzio Valpollicelllese sulle moltitudini di nuovi milioni di bottiglie che investiranno il mercato; care cantine delle pregiate colline, queste bottiglie le producete voi, dall’alto delle vostre colline, cosa vi aspettavate allora: un 99,90?
Adesso tocca la domanda da consumatore tipico, ma quanto costa davvero questo Amarone ? Io una esperienza ce l’ho, da 9,90 a circa 75 euro (escluso serie speciali, annate ecc..).
La forcella è piuttosto ampia ed ora vi chiedo, come farebbe un bieco consumatore, o almeno bieco se paga il minimo ed “intenditore “ se invece si fa rifilare la bottiglia da 75, quindi vi chiedo; perché devo pagare un decimo di euro in più del minimo?
Il mercato è questo, quando ci si butta dentro così come ha fatto la Valpolicella, bisogna viverlo per quello che è, in questo caso dovreste rispondergli centesimo per centesimo e forse non basta un proclama famigliare. Ho chiesto ad un amico, un semplice consumatore, diversi mesi fa , quanto era disposto a pagare una bottiglia di buon Chianti e mi ha risposto 8/10 euro, poi gli ho chiesto lo stesso per un Amarone, mi ha detto 10/15. Non servono commenti.
Non spertichiamoci su mille analisi, qui si parla di prezzo e solo di questo, qui c’è una forcella mortale in termini di prezzo, impossibile da comprendere per un consumatore, consumatore al quale non sono forniti mezzi per fare una distinzione, se c’è.
Adesso, mi raccomando, tutti a stracciare le vesti alle Cantine di Soave dite che…e poi anche che….quella allargata, quella di Negrar…..l’appassimento mio…invece il loro…..e, a proposito dell’assaggio di questo Cadis, fatevelo voi da soli. Qualsiasi cosa buttiate giù sulla tabella di degustazione, bella o brutta che sia, ricordatevi che per moltissima gente, forse molta più di quanto immaginiate e comunque in futuro sempre di più, questo è Amarone della Valpolicella, checché voi ne diciate. Punto e a capo.
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martedì 8 dicembre 2009
CENNATOIO ETRUSCO 2001 IGT.....IL RICORDO VA A CASTELLI E POESIE
La mia dichiarata passione per Cennatoio l'ho raccolta frequentando la enoteca di uno scrittore della Montagna Pistoiese: Giampaolo Merciai. Questi aveva una enoteca in San Marcello (PT) e “fra lui e la su moglie” giù a parlarmi di Chianti fatto in “codesta maniera che…”. Così siamo arrivati al Cennatoio ed oggi tocca a lui: Cennatoio Etrusco 2001 Sangiovese Grosso Toscana IGT. Per chiudere il derby Made in Tuscany Letteratura vs Viticultura, del Merciai vi segnalo due scritti completamente diversi : “Soffio di Vento” (Masso delle Fate - Collana Impronte 2007) un libro di amore incentrato su “storie e misteri del Castello di Lucchio”, “Come era bianca la neve nel febbraio millenovecentoquarantaquattro” (Montedit - Collana Schegge d’Oro 2007) che è invece un libro di poesie.
Dicevo del Cennatoio? Ah si, ovvio che, durante due delle mie molte scorribande toscane, in cotanta cantina ci sono andato, ho conosciuto l’Alessi. Eclettico, rivoluzionario, simpatico. Ama più la sua uva che il suo vino. Buon segno.
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La prima al Cennatoio, lo dico per cronaca ma anche per opportuna rappresentazione di una cocente delusione (cocente si, era estate e faceva un caldo..…), era chiuso. Cose che capitano in Panzano nella stagione bassa degli Inglesi; comunque io ci son ritornato parecchio tempo dopo e, se siamo qui, è perché ho trovato aperto. In quella occasione mi sono portato a casa praticamente tutta la tipologia di produzione del Cannatoio, se oggi parliamo, fra tutti, dell’Etrusco è veramente solo un fatto casuale.
Il sangiovese è uno dei vitigni più diffusi in Italia, ma la specialità Toscana ne rappresenta la versione più rinomata e conosciuta. Per questo Etrusco del Cennatoio parliamo di Sangiovese Grosso, tipologia di sangiovese che in un posto chiamato Montalcino (oplà) si fa chiamare Brunello.
Torniamo ai dieci ettari vitati in cordone speronato del Cennatoio, dislocati fra i 500 ed i 600 mt s.l.m.: per arrivarci c’è da fare un bel pezzo di sterrato poi, quando ti vedi in mezzo alle colline, quando intorno è solo vite, una cancellata alta e rosa anticipa la visita, ancora strada di polvere da fare e poi giù di li, in fondo in fondo, c’è la cantina. Se vi organizzate per la degustazione potrete viverla immersi un una serie incredibile di targhe e premi fra i più noti al mondo. Un posto "altolocato", non c’è che dire.
Ho recentemente brindato al ricordo delle colline del Cennatoio con il loro Etrusco 2001 IGT: 13, 5 gradi di alcol nati e cresciuti in 16 mesi di botte ed altri 14 di affinamento in bottiglia. Un colore rosso scuro impenetrabile con unghia strettissima, alla vista è di struttura intensa e corposa, al naso cenni alcolici in un tripudio di Glycyrrhiza glabra (ah ah ah) e di fiori, una sensazione “grossa” e pienamente ampia.
L’assaggio è benevolmente ingannevole, il primo istante regala una sensazione (inaspettata) di freschezza e leggerezza ma immediatamente dopo prendono il sopravvento tannini e struttura e l’Etrusco si dimostra per quello che è : forte intenso e dominante.
Decisamente persistente sul palato, forte ed equilibrato ma nonviolento, ti si aggrappa e prende il sopravvento anche sulla tavola. Grezzo e scaltro nella beva, si chiude all’assaggio con una combinata di acidità e tannini decisa.
Ammetto che questo Etrusco mi è risultato difficile da ascoltare, indocile e complesso si è rivelato un vino a tutto tondo, un vino toscano, davvero in tutti i sensi.
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Dicevo del Cennatoio? Ah si, ovvio che, durante due delle mie molte scorribande toscane, in cotanta cantina ci sono andato, ho conosciuto l’Alessi. Eclettico, rivoluzionario, simpatico. Ama più la sua uva che il suo vino. Buon segno.
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La prima al Cennatoio, lo dico per cronaca ma anche per opportuna rappresentazione di una cocente delusione (cocente si, era estate e faceva un caldo..…), era chiuso. Cose che capitano in Panzano nella stagione bassa degli Inglesi; comunque io ci son ritornato parecchio tempo dopo e, se siamo qui, è perché ho trovato aperto. In quella occasione mi sono portato a casa praticamente tutta la tipologia di produzione del Cannatoio, se oggi parliamo, fra tutti, dell’Etrusco è veramente solo un fatto casuale.
Il sangiovese è uno dei vitigni più diffusi in Italia, ma la specialità Toscana ne rappresenta la versione più rinomata e conosciuta. Per questo Etrusco del Cennatoio parliamo di Sangiovese Grosso, tipologia di sangiovese che in un posto chiamato Montalcino (oplà) si fa chiamare Brunello.
Torniamo ai dieci ettari vitati in cordone speronato del Cennatoio, dislocati fra i 500 ed i 600 mt s.l.m.: per arrivarci c’è da fare un bel pezzo di sterrato poi, quando ti vedi in mezzo alle colline, quando intorno è solo vite, una cancellata alta e rosa anticipa la visita, ancora strada di polvere da fare e poi giù di li, in fondo in fondo, c’è la cantina. Se vi organizzate per la degustazione potrete viverla immersi un una serie incredibile di targhe e premi fra i più noti al mondo. Un posto "altolocato", non c’è che dire.
Ho recentemente brindato al ricordo delle colline del Cennatoio con il loro Etrusco 2001 IGT: 13, 5 gradi di alcol nati e cresciuti in 16 mesi di botte ed altri 14 di affinamento in bottiglia. Un colore rosso scuro impenetrabile con unghia strettissima, alla vista è di struttura intensa e corposa, al naso cenni alcolici in un tripudio di Glycyrrhiza glabra (ah ah ah) e di fiori, una sensazione “grossa” e pienamente ampia.
L’assaggio è benevolmente ingannevole, il primo istante regala una sensazione (inaspettata) di freschezza e leggerezza ma immediatamente dopo prendono il sopravvento tannini e struttura e l’Etrusco si dimostra per quello che è : forte intenso e dominante.
Decisamente persistente sul palato, forte ed equilibrato ma nonviolento, ti si aggrappa e prende il sopravvento anche sulla tavola. Grezzo e scaltro nella beva, si chiude all’assaggio con una combinata di acidità e tannini decisa.
Ammetto che questo Etrusco mi è risultato difficile da ascoltare, indocile e complesso si è rivelato un vino a tutto tondo, un vino toscano, davvero in tutti i sensi.
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venerdì 4 dicembre 2009
PODERE SAPAIO: VOLPOLO BOLGHERI DOC 2007 ...ED I CIPRESSI DI NONNA LUCIA
Non è una questione di cipressi, questa volta no. Anche di recente sono andato in Bolgheri; ero in clima di lieti giorni a Castiglioncello, vera perla del Tirreno. Si programma la "scappata", da li è facile, superi Cecina e quando stai al Forte giri a sinistra ed aspetti di vedere i cipressi.
Dal mare alle foreste maremmane in dieci minuti, uno spettacolo tutto italiano, quando sei vicino a San Guido rammenti le due grandi cose della terra del Carducci, la poesia e, ammettiamolo, il Sassicaia.
Però quella volta a Bolgheri io ci sono stato si per Nonna Lucia ma anche per il Sapaio, esattamente Podere Sapaio. Lo dico subito : ottima idea
Già ....e la poesia ? Solo un filo dai:
Però quella volta a Bolgheri io ci sono stato si per Nonna Lucia ma anche per il Sapaio, esattamente Podere Sapaio. Lo dico subito : ottima idea
Già ....e la poesia ? Solo un filo dai:
I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
van da San Guido in duplice filar,
quasi in corsa giganti giovinetti
mi balzarono incontro e mi guardar.
Mi riconobbero, e— Ben torni omai —
Bisbigliaron vèr' me co 'l capo chino —
Perché non scendi ? Perché non ristai ?
fresca è la sera e a te noto il cammino..............
van da San Guido in duplice filar,
quasi in corsa giganti giovinetti
mi balzarono incontro e mi guardar.
Mi riconobbero, e— Ben torni omai —
Bisbigliaron vèr' me co 'l capo chino —
Perché non scendi ? Perché non ristai ?
fresca è la sera e a te noto il cammino..............
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Meno noto del celebre testè citato, il Podere Sapaio si concentra su 25 ettari vitati nella bella Maremma del Carducci, realizza due prodotti entrambi tagli bordolesi di grande ambizione, il Sapaio appunto (Bolgheri DOC Superiore) e il nostro protagonista di oggi : il Volpolo Bolgheri DOC 2007.
Sono 14,5 gradi alcolici di muscoli toscani quelli che dichiara il Volpolo, un uvaggio 70% Cabernet Sauvignon 15% Merlot e 15% Petit Verdot (vitigno francese tipico "taglio" del Bordeaux). Fa la sua macerazione sulle vinacce, passa al barriques di rovere e li si trastulla per 14 mesi di affinamento prima di godersi circa 10 mesi di affinamento in bottiglia. Procedimento da grandi protagonisti.
Nel bicchiere fa mostra di un rosso rubino forte ed una profumazione garbata, non c'è alcol in evidenza, al naso insistono passaggi acri ed una freschezza speziata, evidente il mirtillo, il tutto rende la sua compagnia molto più "leggera" di quanto non dica la sua alcolvolumetria.
L'assaggio è di grande equilibrio, vino molto particolare, di assoluta sapidità, si dimostra tondo forte ma non persistente, sempre fresco e gradevole diventa allappante in fine beva.
Non è il tipico vino toscano carico ed a volte un po' arrabbiato, il Volpolo ha il suo tono duro è vero ma si distingue per freschezza e garbo ed è stato un assaggio veramente di ampia soddisfazione.
Una nota a margine: la Maremma toscana sta proponendo vini di fattura curata ed assolutamente di ottimo livello, già diverse volte Stefano Il Nero si è cimentato con questo angolo di vitato italiano, ora si deve assolutamene approfondire. Accetto consigli ed indicazioni.
Ah ...però quella poesia:
Meno noto del celebre testè citato, il Podere Sapaio si concentra su 25 ettari vitati nella bella Maremma del Carducci, realizza due prodotti entrambi tagli bordolesi di grande ambizione, il Sapaio appunto (Bolgheri DOC Superiore) e il nostro protagonista di oggi : il Volpolo Bolgheri DOC 2007.
Sono 14,5 gradi alcolici di muscoli toscani quelli che dichiara il Volpolo, un uvaggio 70% Cabernet Sauvignon 15% Merlot e 15% Petit Verdot (vitigno francese tipico "taglio" del Bordeaux). Fa la sua macerazione sulle vinacce, passa al barriques di rovere e li si trastulla per 14 mesi di affinamento prima di godersi circa 10 mesi di affinamento in bottiglia. Procedimento da grandi protagonisti.
Nel bicchiere fa mostra di un rosso rubino forte ed una profumazione garbata, non c'è alcol in evidenza, al naso insistono passaggi acri ed una freschezza speziata, evidente il mirtillo, il tutto rende la sua compagnia molto più "leggera" di quanto non dica la sua alcolvolumetria.
L'assaggio è di grande equilibrio, vino molto particolare, di assoluta sapidità, si dimostra tondo forte ma non persistente, sempre fresco e gradevole diventa allappante in fine beva.
Non è il tipico vino toscano carico ed a volte un po' arrabbiato, il Volpolo ha il suo tono duro è vero ma si distingue per freschezza e garbo ed è stato un assaggio veramente di ampia soddisfazione.
Una nota a margine: la Maremma toscana sta proponendo vini di fattura curata ed assolutamente di ottimo livello, già diverse volte Stefano Il Nero si è cimentato con questo angolo di vitato italiano, ora si deve assolutamene approfondire. Accetto consigli ed indicazioni.
Ah ...però quella poesia:
...Ansimando fuggía la vaporiera
mentr'io cosí piangeva entro il mio cuore;
e di polledri una leggiadra schiera
annitrendo correa lieta al rumore.
Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
rosso e turchino, non si scomodò:
tutto quel chiasso ei non degnò d'un guardo
e a brucar serio e lento seguitò.
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martedì 1 dicembre 2009
..E ADESSO CHE SI FA ? VININO E 2.0.
…e adesso che si fa ??
La quantità di citazioni sul vinino è notevole, l’ultima di Stefano il Nero è qui, Angelo Peretti ha raccolto tutto il campionario in diverse puntate e l’ultima la trovate qui; un sontuoso dibattito si è aperto su Aristide qui, si parla del tipo di imbottigliamento del vinino: ottimo.
...e adesso che si fa ?
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.
Continuare a chiacchierarne può essere altra buona idea, ognuno dice la sua e cita il suo vinino, si aprono discussioni ecc ecc, diamo così la possibilità all’ottimo Internetgourmet di farne un altra puntata riassuntiva e ad altri di sperticar citazioni e nuove idee (peraltro le ultime tutte molto buone, si vede che il vinino è fonte di buona ispirazione).
Dopo che si è chiacchierato un altro po’....e ora che si fa? Non ditemi che si ri-chiacchiera ancora perché l’ho già detta.
La domanda più profonda che si nasconde dietro il mio “..e adesso che si fa?” avete infatti capito quale è.
La quantità di citazioni sul vinino è notevole, l’ultima di Stefano il Nero è qui, Angelo Peretti ha raccolto tutto il campionario in diverse puntate e l’ultima la trovate qui; un sontuoso dibattito si è aperto su Aristide qui, si parla del tipo di imbottigliamento del vinino: ottimo.
...e adesso che si fa ?
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.
Continuare a chiacchierarne può essere altra buona idea, ognuno dice la sua e cita il suo vinino, si aprono discussioni ecc ecc, diamo così la possibilità all’ottimo Internetgourmet di farne un altra puntata riassuntiva e ad altri di sperticar citazioni e nuove idee (peraltro le ultime tutte molto buone, si vede che il vinino è fonte di buona ispirazione).
Dopo che si è chiacchierato un altro po’....e ora che si fa? Non ditemi che si ri-chiacchiera ancora perché l’ho già detta.
La domanda più profonda che si nasconde dietro il mio “..e adesso che si fa?” avete infatti capito quale è.
Si tratta di cimentarsi sul campo delle vere potenzialità del mondo blog, è una domanda sulla reale capacità di penetrazione del 2.0 nel mondo del vitivinicolo.
Esiste un mondo “marketing 2.0” e un mondo che si occupa di “comunicazione in 2.0” che passano le loro giornate a spiegarci quanto è potente la rete, a raccomandare il 2.0 come nuovo strumento di comunicazione, la sua capacità di generare mercato e nuove opportunità.
Questo anche per il www: wonderful wine world.
Esiste un mondo “marketing 2.0” e un mondo che si occupa di “comunicazione in 2.0” che passano le loro giornate a spiegarci quanto è potente la rete, a raccomandare il 2.0 come nuovo strumento di comunicazione, la sua capacità di generare mercato e nuove opportunità.
Questo anche per il www: wonderful wine world.
Io ci credo e così anche molti di voi, ora si può dimostrare.
La rete, ed esattamente il mondo dei blog del vino, ha riconosciuto e valutato, descritto e delineato il mondo del vinino, questa è una cosa nata dentro il 2.0.
E’ anche una cosa vera, l’Elogio del vinino è cosa seria, classificazione corretta, per alcuni è persino discutibile la terminologia da usare, segno che esiste.
La rete, ed esattamente il mondo dei blog del vino, ha riconosciuto e valutato, descritto e delineato il mondo del vinino, questa è una cosa nata dentro il 2.0.
E’ anche una cosa vera, l’Elogio del vinino è cosa seria, classificazione corretta, per alcuni è persino discutibile la terminologia da usare, segno che esiste.
Moltissimi si sono cimentati, alcuni hanno già denigrato l’iniziativa, molti ne hanno volutamente taciuto, insomma la cosa ha talmente tanto senso da averne già i primi “oppositori” e occultatori.
“…e adesso che si fa?”
Rispondere a questa domanda ha un doppio significato: dare al “vinino” una prospettiva reale di mercato e di scelta per i consumatori e quindi dare al mondo vitivinicolo italiano una strada nuova (in verità vecchissima ma questo è un altro discorso) e, seconda opzione, dimostrare che il 2.0 non è solo un cumulo di parole ma strumento di ampia potenzialità.
Nessuno da solo, neanche il blogger più affermato, può dare questa risposta in modo pieno, molti insieme invece possono fare molto.
Perché farlo? Bhe, per lo stesso motivo per cui scriviamo centinaia di parole sui nostri blog, inutile aggiungere altro.
Credo il messaggio sia chiaro, diciamocelo seriamente : quella del "vinino" è opportunità forte, ho già esortato a non coprirla di polvere o riporla nel cassetto, scusate se insisto.
“E’ meglio fare e pentire che starsi e pentirsi”.(G. Boccaccio)
“…e adesso che si fa?”
Rispondere a questa domanda ha un doppio significato: dare al “vinino” una prospettiva reale di mercato e di scelta per i consumatori e quindi dare al mondo vitivinicolo italiano una strada nuova (in verità vecchissima ma questo è un altro discorso) e, seconda opzione, dimostrare che il 2.0 non è solo un cumulo di parole ma strumento di ampia potenzialità.
Nessuno da solo, neanche il blogger più affermato, può dare questa risposta in modo pieno, molti insieme invece possono fare molto.
Perché farlo? Bhe, per lo stesso motivo per cui scriviamo centinaia di parole sui nostri blog, inutile aggiungere altro.
Credo il messaggio sia chiaro, diciamocelo seriamente : quella del "vinino" è opportunità forte, ho già esortato a non coprirla di polvere o riporla nel cassetto, scusate se insisto.
“E’ meglio fare e pentire che starsi e pentirsi”.(G. Boccaccio)
Molto bene…e adesso che si fa ??
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domenica 29 novembre 2009
PAX TIBI CUP: IN TESTA TREVISO, RISOLUTAMENTE
Rugby Super10 eccomi, con le quattro venete impegnate a giocarsela fra di loro oggi era giornata di Pax Tibi Cup.
Cos'è la Pax Tibi Cup? Lo abbiamo spiegato qui e, tanto per aggiornamento, cito un mio post precedente: "è/sarebbe la Coppa che andrebbe assegnata (esistesse nella organizzazione ufficiale) a fine campionato alla Società Veneta, fra le quattro che partecipano al Super10, che realizza il miglior piazzamento in una classifica dove vengono conteggiati i soli risultati dei loro scontri diretti".
MIca male eh? Vediamo come è andata la giornata del 29/11 versione Pax Tibi Cup.
per continuare a leggere questo post clicca su Continua
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Scontri a quattro dunque nel Veneto della massima categoria; Benetton risolve lo scontro con Venezia con sufficiente distacco ma non fa pesare il rango. Il Petrarca beffa di un punto il Rovigo all'ultimo secondo , tipica soluzione da derby all'ultimo...sangue. Con questo turno si chiude il girone di andata della nostra coppa, Treviso in testa, risolutamente, con margini e vittorie da vero leader; il 10 gennaio si goca Petrarca vs Benetton e ci potrebbe scappare il colpaccio padovano. Il prossimo appuntamento con Pax Tibi Cup è però il 6 gennaio, si incontrano Venezia e Rovigo.
Girone di Andata
12/09 VENEZIA MESTRE R. 1986- vs -FEMI-CZ ROVIGO 32 - 32
19/09 BENETTON TREVISO vs RUGBY PETRARCA 36 - 3
30/09 RUGBY PETRARCA SRL - vs - VENEZIA MESTRE R. 1986 36 - 3
30/09 BENETTON TREVISO - vs - FEMI-CZ ROVIGO 17 -12
29/11 RUGBY PETRARCA SRL - vs - FEMI-CZ ROVIGO 18 - 17
29/11 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - BENETTON TREVISO 6 - 28
Girone di Ritorno
06/01 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - FEMI-CZ ROVIGO
10/01 BENETTON TREVISO - vs - RUGBY PETRARCA
03/04 RUGBY PETRARCA SRL - vs - VENEZIA MESTRE R. 1986
03/04 BENETTON TREVISO - vs - FEMI-CZ ROVIGO
01/05 RUGBY PETRARCA SRL - vs - FEMI-CZ ROVIGO
01/05 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - BENETTON TREVISO
CLASSIFICA PAX TIBI CUP al 29/11/2009
BENETTON TREVISO 13 PTI
PETRARCA PADOVA 9 PTI
FEMICZ ROVIGO 5 PTI
CASINO VENEZIA 2 PTI
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Cos'è la Pax Tibi Cup? Lo abbiamo spiegato qui e, tanto per aggiornamento, cito un mio post precedente: "è/sarebbe la Coppa che andrebbe assegnata (esistesse nella organizzazione ufficiale) a fine campionato alla Società Veneta, fra le quattro che partecipano al Super10, che realizza il miglior piazzamento in una classifica dove vengono conteggiati i soli risultati dei loro scontri diretti".
MIca male eh? Vediamo come è andata la giornata del 29/11 versione Pax Tibi Cup.
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Scontri a quattro dunque nel Veneto della massima categoria; Benetton risolve lo scontro con Venezia con sufficiente distacco ma non fa pesare il rango. Il Petrarca beffa di un punto il Rovigo all'ultimo secondo , tipica soluzione da derby all'ultimo...sangue. Con questo turno si chiude il girone di andata della nostra coppa, Treviso in testa, risolutamente, con margini e vittorie da vero leader; il 10 gennaio si goca Petrarca vs Benetton e ci potrebbe scappare il colpaccio padovano. Il prossimo appuntamento con Pax Tibi Cup è però il 6 gennaio, si incontrano Venezia e Rovigo.
Girone di Andata
12/09 VENEZIA MESTRE R. 1986- vs -FEMI-CZ ROVIGO 32 - 32
19/09 BENETTON TREVISO vs RUGBY PETRARCA 36 - 3
30/09 RUGBY PETRARCA SRL - vs - VENEZIA MESTRE R. 1986 36 - 3
30/09 BENETTON TREVISO - vs - FEMI-CZ ROVIGO 17 -12
29/11 RUGBY PETRARCA SRL - vs - FEMI-CZ ROVIGO 18 - 17
29/11 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - BENETTON TREVISO 6 - 28
Girone di Ritorno
06/01 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - FEMI-CZ ROVIGO
10/01 BENETTON TREVISO - vs - RUGBY PETRARCA
03/04 RUGBY PETRARCA SRL - vs - VENEZIA MESTRE R. 1986
03/04 BENETTON TREVISO - vs - FEMI-CZ ROVIGO
01/05 RUGBY PETRARCA SRL - vs - FEMI-CZ ROVIGO
01/05 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - BENETTON TREVISO
CLASSIFICA PAX TIBI CUP al 29/11/2009
BENETTON TREVISO 13 PTI
PETRARCA PADOVA 9 PTI
FEMICZ ROVIGO 5 PTI
CASINO VENEZIA 2 PTI
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mercoledì 25 novembre 2009
IL PINOT NERO IGT DI MASO MICHEI, UN VINO DELLE DOLOMITI
"Al centro della Valle di Ronchi, nello splendido panorama tra i Monti Lessini e le Piccole Dolomiti, c'è un maso antico circondato da boschi di larici, faggi e betulle: Maso Michei.”
In quel posto li, a Ronchi di Ala, più in Lessinia che a Rovereto, più vicino alla Valpolicella che a Trento, io ho cercato di andarci diverse volte; non ci siamo trovati con il Giuseppe Tognotti, è quindi la sorte che ha voluto io non abbia visto (per ora) quei bellissimi vitigni abbarbicati sulla montagna e respirato quell’aria di freschezza che le “imprese” regalano quando le incontri.
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Maso Michei è una impresa di cui si è sentito e letto già molto, sono dieci ettari di vigneti arrampicati in pendenza fino a 900 metri, situazione difficile da lavorare con le macchine. Vita dura fare vino lassù. La mia cara nonna direbbe “ e ci vole unto di gomitooo”.
Fino lassù in cima non ci sono arrivato ? Bhe però la mia bottiglia di Pinot Nero Maso Michei Vigneti delle Dolomiti IGT me la sono trovata. Oggi parliamo di lei, magari poco ma solo di lei.
Tipico vino di Borgogna, il Pinot Nero ( o noir) avrebbe radici profonde dai cugini francesi, i quali così smentirebbero di saper fare solo champagne (questa era cattiva maaaa……).
Il nostro è il tipico vino di montagna, sopporta le temperature basse e non teme la fredda esposizione di quota ai raggi dell’implacabile sole di montagna. Forse anche per questo il risultato non è mai quello di un vino troppo carico.
Versato nel bicchiere ci mostra il suo rosso umile, colorazione scarsa anche se non bisogna eccedere; scarsa colorazione è tipica del pinot , non è “malato” è così !
Profumi garbati quelli del Pinot del Maso Michei, al naso persiste il lampone e forti sentori di spezie; alla bevuta si dimostra aperto e fresco, sono 13 i gradi volumetrici dell’alcool a stupirci per la loro presenza discreta, di una gradevolezza unica,sembra quasi la beva non si chiuda mai , rimane sospeso in attesa di altro assaggio leggermente persistente ma senza alcun eccesso, vino equilibrato decisamente non serioso, .
Vino tenace e amabile che si diverte con il tuo palato; dove passa lascia una sottile fragranza e una nota di eleganza da fare invidia.
Il Pinot nero di Maso MIchei è una delle più belle scoperte di questi ultimi tempi. Un prodotto a tutto tondo che compete senza problemi con tanti rossi tutta struttura che spesso si vedono sulle tavole; congratulazioni a Maso Michei: ottimo davvero.
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domenica 22 novembre 2009
LA "MALEDIZIONE" DEL RUGBISTA SI ABBATTE SUL CALCIO FIORENTINO E PADOVANO. FACCIAMOCI UNA RISATA INSIEME.
Amici rugbisti, ditemi la verità ma ditemela sul serio perché un po’ già dalle prime righe così, io ve lo dico, mi fate paura e pure tanta.
La domanda è: ma quante maledizioni avete tirato prima alla AC Fiorentina e poi al Calcio Padova per il fatto che hanno sonoramente rifiutato i loro stadi per il Test Match di oggi fra la nostra Nazionale di rugby ed i Campioni del Mondo del Sudafrica?? Ma che tipo di maledizioni, ma ogni quanto tempo, con che intensità? Rivolgendovi esattamente come? Devo saperlo…no perché….bhe insomma….insomma….le due calciofile di Firenze e Padova oggi hanno quindi giocato le loro rispettive partite nel loro prezioso stadietto ed hanno entrambe perso in casa e pure con lo stesso risultato !!!!!
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Mentre trentaduemila tifosi di rugby si vedevano comunque la loro Nazionale a Udine i fiorentini si facevano rifilare tre schiaffoni dal Parma (città del rugby) perdendo tre a due ed i calciopadovani anche loro tre pappine da quelli dell’Empoli perdendo con l’identico risultato di tre a a due. Come se non bastasse per la Fiorentina mi immagino il cumulo di pernacchie dei tifosi empolesi (li a due passi da Firenze) ai Violacei sconfitti in casa.
Entrambe sconfitte, con lo stesso risultato….che tipo di maledizioni ???? Qualcuno si è cimentato con riti voodoo???
Anch’io al rifiuto fiorentino/padovano ho augurato qualche porcheria ma cose piccole, punizioni insignificanti: auguravo al Presidente della Fiorentina Della Valle gli puzzassero i piedi per una settimana, ai padovani ho sperato una invasione di galline durante la partita, oppure di non trovare le chiavi dello stadio il sabato stesso e di dover trasferire la partita sul campo della Solesinese dopo il rifiuto a far usare il loro campo del US Crocefisso del GS San Lazzaro e dell’Ardisci e Spera.
Chi invece ha pianificato questa vendetta ha veramente una mira fenomenale e conosce il rito giusto. Ah ah ah. Ovvio che si scherza su..... siamo seri eh !!!
Il mondo dello sport è infatti pieno di cosiddette “maledizioni”.
Una squadra di baseball americana, i Boston Red Sox , non hanno vinto un campionato per oltre ottant’anni dopo il 1919 per la maledizione dell’abbandono di un loro giocatore; i Nets, il New Jersey del basket, si fecero venticinque anni di buio totale dopo la uscita dalla loro casa di Doctor J Erving (e relativa “maledizione”).
Vogliamo parlare di rugby?? Allora parliamo dei mitici All Blacks e la loro maledizione chiamata FFR, eh si i francesi.
Il 14 luglio è festa nazionale in Francia, la presa della Bastiglia, mica favolette; agli All Blacks è parso comunque opportuno sfidare i francesi sul loro campo di Wellington proprio in quel giorno, era il 1979 e le hanno prese di brutto e da quel giorno…..la maledizione della Bastiglia incombe sui mitici tuttineri neozelandesi: con la Francia si rimediano solo brutte figure.
Anche quella di oggi passerà alla storia, maledizione sportiva trasversale calcio-rugby che non potrà restare ignorata.
Bhe, godiamoci il ricordo della bellissima giornata di Udine di oggi che, diciamolo francamente e con la massima sportività, con questa ciliegina in salsa anti-calciofila, è anche un pochino più gustosa.
Si, è tutto uno scherzo. Ma simpatico eh!!
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domenica 15 novembre 2009
IL RUGBY E LA CARICA DI SAN SIRO: LA STORIA E' APPENA COMINCIATA
E' andato tutto bene, anzi benissimo.
Una Italianrugby stupenda davanti ai mitici All Blacks, una Nazionale tricolore che mostra sprazzi intensi e prolungati di superiorità, pacchetto di mischia sopra tutti, e nessun timore riverenziale di fronte ai colossi del rugby mondiale. Nessun timore riverenziale ma anche tanto rispetto, perchè la Nazionale Italiana ha combattuto pur rispettando l'avversario ma senza incappare nel timore; una delle prove vinte ieri, cosa che pochi al momento hanno sottolineato, è la prova di maturità psicologica che Castrogiovanni & Co hanno dimostrato in questo appuntamento.
Tutto bene si ma, sentiti anche i molti commenti, una cosa ieri è stata evidente: da qui in poi per il rugby italiano nulla sarà più come prima.
Adesso si è cambiato veramente tutto
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Tutto bene anche per gli ottantamila presenti a San Siro, si è visto un generale atteggiamento rugbistico da un pubblico che forse per la buona metà è più abituato a capricci e movenze da divi dei campioncini del calcio piuttosto che alla "battaglia per l'onore" che hanno messo in campo i nostri azzurri del rugby.
Tutto bene, magnifica la haka nel rispettoso silenzio di San Siro (è fantastico vedere quanto lo spirito del rugby sia riuscito a contagiare veramente tutti ieri) ed anche il match.
Vergognosa la "non decisione" finale dell'arbitro australiano che ci ha negato una meta tecnica sacrosanta.
Il rugby è cambiato, ottantamila persone a vedere una partita della Nazionale, professionsiti in campo che se la giocano così, migrazioni popolari davanti agli schermi (più di 2,1 milioni di persone a vedere la partita di fronte agli schermi di La7 e Sky), sponsor che investono e ci credono, personaggi famosi che fanno la fila per gustare la passerella di San Siro nel giorno del rugby.
Si è' un giorno storico per il rugby italiano, uno sport minore che si costruisce una vetrina maggiore, uno sport antico che si impone allo sguardo nuovo di tanti, che impone uno stile, che richiama la gente ad esserci si, ma in un certo modo.
Ieri l'Europa ci guardava ma questo lo sanno tutti, i più consapevoli di questo erano i giocatori in campo.
Non c'erano solo gli ottantamila allo stadio o i tantissimi di fronte alla tv (recod di ascolti), c'era l'Europa sportiva che ci guardava. Alcuni tenevano al nostro passo falso, alla solita italianata di cui sorridere e denigrare. Tutto bene invece. Tiè. A questo proposito un saluto a tutti, ma proprio tutti, i componenti del Board della Celtic League.
Questo "tutto bene" però non è solo una felice constatazione ma anche un importante impegno che il nostro movimento sportivo si è preso nei confronti di tutti, anche di chi ancora non lo frequenta.
Una cosa importante che potrà anche "spaccare" il nostro mondo del rugby, rimane però un passo avanti. Lasciatemi dire che questo è l'unico tentativo, da molti anni a questa parte, in Italia di emergere dalla nostrana calciofilia, in Europa di dare una risposta seria e forte a tutto il movimento continentale sul "come" essere movimento di rugby fuori dai consueti paesi.
Professionsiti o dilettanti? Tutti e due please, noi ci candidiamo a farlo, abbiamo detto di averne risorse e forze; vogliamo esserci nel gotha senza rinunciare a noi stessi, perchè da San Siro non si torna indietro.
Ora si va a Udine, contro i Campioni del Mondo del Sudafrica.
La Storia è appena cominciata.
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Una Italianrugby stupenda davanti ai mitici All Blacks, una Nazionale tricolore che mostra sprazzi intensi e prolungati di superiorità, pacchetto di mischia sopra tutti, e nessun timore riverenziale di fronte ai colossi del rugby mondiale. Nessun timore riverenziale ma anche tanto rispetto, perchè la Nazionale Italiana ha combattuto pur rispettando l'avversario ma senza incappare nel timore; una delle prove vinte ieri, cosa che pochi al momento hanno sottolineato, è la prova di maturità psicologica che Castrogiovanni & Co hanno dimostrato in questo appuntamento.
Tutto bene si ma, sentiti anche i molti commenti, una cosa ieri è stata evidente: da qui in poi per il rugby italiano nulla sarà più come prima.
Adesso si è cambiato veramente tutto
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Tutto bene anche per gli ottantamila presenti a San Siro, si è visto un generale atteggiamento rugbistico da un pubblico che forse per la buona metà è più abituato a capricci e movenze da divi dei campioncini del calcio piuttosto che alla "battaglia per l'onore" che hanno messo in campo i nostri azzurri del rugby.
Tutto bene, magnifica la haka nel rispettoso silenzio di San Siro (è fantastico vedere quanto lo spirito del rugby sia riuscito a contagiare veramente tutti ieri) ed anche il match.
Vergognosa la "non decisione" finale dell'arbitro australiano che ci ha negato una meta tecnica sacrosanta.
Il rugby è cambiato, ottantamila persone a vedere una partita della Nazionale, professionsiti in campo che se la giocano così, migrazioni popolari davanti agli schermi (più di 2,1 milioni di persone a vedere la partita di fronte agli schermi di La7 e Sky), sponsor che investono e ci credono, personaggi famosi che fanno la fila per gustare la passerella di San Siro nel giorno del rugby.
Si è' un giorno storico per il rugby italiano, uno sport minore che si costruisce una vetrina maggiore, uno sport antico che si impone allo sguardo nuovo di tanti, che impone uno stile, che richiama la gente ad esserci si, ma in un certo modo.
Ieri l'Europa ci guardava ma questo lo sanno tutti, i più consapevoli di questo erano i giocatori in campo.
Non c'erano solo gli ottantamila allo stadio o i tantissimi di fronte alla tv (recod di ascolti), c'era l'Europa sportiva che ci guardava. Alcuni tenevano al nostro passo falso, alla solita italianata di cui sorridere e denigrare. Tutto bene invece. Tiè. A questo proposito un saluto a tutti, ma proprio tutti, i componenti del Board della Celtic League.
Questo "tutto bene" però non è solo una felice constatazione ma anche un importante impegno che il nostro movimento sportivo si è preso nei confronti di tutti, anche di chi ancora non lo frequenta.
Una cosa importante che potrà anche "spaccare" il nostro mondo del rugby, rimane però un passo avanti. Lasciatemi dire che questo è l'unico tentativo, da molti anni a questa parte, in Italia di emergere dalla nostrana calciofilia, in Europa di dare una risposta seria e forte a tutto il movimento continentale sul "come" essere movimento di rugby fuori dai consueti paesi.
Professionsiti o dilettanti? Tutti e due please, noi ci candidiamo a farlo, abbiamo detto di averne risorse e forze; vogliamo esserci nel gotha senza rinunciare a noi stessi, perchè da San Siro non si torna indietro.
Ora si va a Udine, contro i Campioni del Mondo del Sudafrica.
La Storia è appena cominciata.
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martedì 10 novembre 2009
RUGBY E TEST MATCH : ITALIA CONTRO ALL BLACKS, SUDAFRICA, SAMOA. FORZA RAGAZZI
Non mi piace rovinare la festa a nessuno, perché di festa sono e dovranno essere le prossime settimane in cui la Nazionale Maggiore di Rugby sarà impegnata nel trittico di Test Match autunnali con i mitici All Blacks (Milano 14/11) i Campioni del Mondo del Sudafrica (Udine 21/11) e i temibilissimi rugbisti di Samoa (Ascoli Piceno 28/11).
Non sono un rovina-feste dicevo ma Mallett (nella foto) non mi va proprio giù; più di tutto detesto il suo schema di gioco che ha al centro solo se stesso e la sua avversione per il rugby italico ed europeo.
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Tutte le mosse fatte vedere da Mallett in queste settimane di attesa dei prossimi incontri, pare abbiano un solo significato: la sua personale giustificazione in caso di flop. Perché di avere successo, tutti hanno già messo le mani avanti e Mallett più di tutti, non se ne parla nemmeno. Se è vero che il successo, ovvero la vittoria, non è proponibile il giorno 14 ed il 21 (anche se la palla è ovale e nelle imprese bisogna prima crederci per realizzarle….) diciamo però che qui non si parla più nemmeno di fare una figura decente: paravento eccellente.
Mallett mi ricorda quello che gioca a briscola e si priva di ogni possibilità di avere assi e briscole, così se realizza un solo punto è veramente un eroe.
Va bhe teniamoci l’antipatico Mallett e sosteniamo i nostri ragazzi in campo ai quali toccano i tre turni di fuoco.
Con oggi la rosa destinata ad entrare in campo contro i neozelandesi il prossimo sabato si è ristretta a 25 elementi e cioè: Matias AGUERO (Saracens), Mauro BERGAMASCO (Stade Francais), Mirco BERGAMASCO (Stade Francais),Kristopher BURTON (Consiag I Cavalieri Prato), Gonzalo CANALE (Clermont Auvergne), Martin CASTROGIOVANNI (Leicester Tigers), Carlo Antonio DEL FAVA (MPS Viadana),Simone FAVARO (Rugby Parma), Gonzalo GARCIA (Benetton Treviso), Quintin GELDENHUYS (MPS Viadana), Leonardo GHIRALDINI (Benetton Treviso), Craig GOWER (Bayonne), Luke MCLEAN (Benetton Treviso), Fabio ONGARO (Saracens), Sergio PARISSE (Stade Francais), Antonio PAVANELLO (Benetton Treviso), Salvatore PERUGINI (Bayonne), Simon PICONE (Benetton Treviso) , Matteo PRATICHETTI (MPS Viadana), Kaine ROBERTSON (MPS Viadana), Ignacio ROUYET (Benetton Treviso), Alberto SGARBI (Benetton Treviso), Josh SOLE (MPS Viadana), Tito TEBALDI (Pluvalore Gran Parma), Alessandro ZANNI (Benetton Treviso).
I conti sono presto fatti, 25 giocatori di cui ben 13 oriundi (se non hanno passaporto straniero Mallett non li vuole !!), 16 dei 25 giocano in Italia di cui 1 a Prato, 8 a Treviso, 5 a Viadana, 2 a Parma. Come si può ben vedere è una Nazionale che viaggia ad orizzonte Celtic League; infatti se oggi le due selezioni, Treviso e Viadana/Parma, giocassero già nel campionato nord-europeo avremmo una Nazionale maggiore italiana con solo 1 giocatore su 25 che gioca nel nostro campionato ovvero “l’italiano” Kristopher BURTON.
Questo accadrà con tutta probabilità dal prossimo anno. Questa dovrebbe quindi essere la futura prospettiva di crescita del nostro movimento? In pratica ci stiamo preparando ad esportare il meglio che abbiamo. Mah, sarà.
Mallett ha realizzato una Nazionale sperimentale? Tutt’altro: 7 dei 25 hanno più di 40 presenze in Nazionale maggiore, altri 10 fra le 20 e le 40 presenze e i restanti 8 meno di 10 ma assolutamente nessun esordiente.
Chiuso con i numeri facciamoci ora un augurio che tutto il trittico sia eccellente; è un grande momento per il rugby, il pienone con ottantamila persone a San Siro e la ottima (anche se da spingere ancora) prevendita di Udine hanno bisogno di una grande prova dal campo.
Forza ragazzi in azzurro, noi tutti siamo con voi
Non sono un rovina-feste dicevo ma Mallett (nella foto) non mi va proprio giù; più di tutto detesto il suo schema di gioco che ha al centro solo se stesso e la sua avversione per il rugby italico ed europeo.
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Tutte le mosse fatte vedere da Mallett in queste settimane di attesa dei prossimi incontri, pare abbiano un solo significato: la sua personale giustificazione in caso di flop. Perché di avere successo, tutti hanno già messo le mani avanti e Mallett più di tutti, non se ne parla nemmeno. Se è vero che il successo, ovvero la vittoria, non è proponibile il giorno 14 ed il 21 (anche se la palla è ovale e nelle imprese bisogna prima crederci per realizzarle….) diciamo però che qui non si parla più nemmeno di fare una figura decente: paravento eccellente.
Mallett mi ricorda quello che gioca a briscola e si priva di ogni possibilità di avere assi e briscole, così se realizza un solo punto è veramente un eroe.
Va bhe teniamoci l’antipatico Mallett e sosteniamo i nostri ragazzi in campo ai quali toccano i tre turni di fuoco.
Con oggi la rosa destinata ad entrare in campo contro i neozelandesi il prossimo sabato si è ristretta a 25 elementi e cioè: Matias AGUERO (Saracens), Mauro BERGAMASCO (Stade Francais), Mirco BERGAMASCO (Stade Francais),Kristopher BURTON (Consiag I Cavalieri Prato), Gonzalo CANALE (Clermont Auvergne), Martin CASTROGIOVANNI (Leicester Tigers), Carlo Antonio DEL FAVA (MPS Viadana),Simone FAVARO (Rugby Parma), Gonzalo GARCIA (Benetton Treviso), Quintin GELDENHUYS (MPS Viadana), Leonardo GHIRALDINI (Benetton Treviso), Craig GOWER (Bayonne), Luke MCLEAN (Benetton Treviso), Fabio ONGARO (Saracens), Sergio PARISSE (Stade Francais), Antonio PAVANELLO (Benetton Treviso), Salvatore PERUGINI (Bayonne), Simon PICONE (Benetton Treviso) , Matteo PRATICHETTI (MPS Viadana), Kaine ROBERTSON (MPS Viadana), Ignacio ROUYET (Benetton Treviso), Alberto SGARBI (Benetton Treviso), Josh SOLE (MPS Viadana), Tito TEBALDI (Pluvalore Gran Parma), Alessandro ZANNI (Benetton Treviso).
I conti sono presto fatti, 25 giocatori di cui ben 13 oriundi (se non hanno passaporto straniero Mallett non li vuole !!), 16 dei 25 giocano in Italia di cui 1 a Prato, 8 a Treviso, 5 a Viadana, 2 a Parma. Come si può ben vedere è una Nazionale che viaggia ad orizzonte Celtic League; infatti se oggi le due selezioni, Treviso e Viadana/Parma, giocassero già nel campionato nord-europeo avremmo una Nazionale maggiore italiana con solo 1 giocatore su 25 che gioca nel nostro campionato ovvero “l’italiano” Kristopher BURTON.
Questo accadrà con tutta probabilità dal prossimo anno. Questa dovrebbe quindi essere la futura prospettiva di crescita del nostro movimento? In pratica ci stiamo preparando ad esportare il meglio che abbiamo. Mah, sarà.
Mallett ha realizzato una Nazionale sperimentale? Tutt’altro: 7 dei 25 hanno più di 40 presenze in Nazionale maggiore, altri 10 fra le 20 e le 40 presenze e i restanti 8 meno di 10 ma assolutamente nessun esordiente.
Chiuso con i numeri facciamoci ora un augurio che tutto il trittico sia eccellente; è un grande momento per il rugby, il pienone con ottantamila persone a San Siro e la ottima (anche se da spingere ancora) prevendita di Udine hanno bisogno di una grande prova dal campo.
Forza ragazzi in azzurro, noi tutti siamo con voi
venerdì 6 novembre 2009
CAPPELLO DI PRETE IGT 2005 AZ. CANDIDO, MANCA SOLO L'ETICHETTA
Serata di formaggi, amici che ti chiamano ad una serata del gusto, del buon gusto, a base di specialità dell'Italia Meridionale. Momento topic da ricordare con un buon vino.
Nessun dubbio : Negramaro.
Scavo nella capacità operativa della cantina e mi affido alla pugliesità, uno dei negramaro più noti : Cappello di prete IGT 2005 Az. Candido.
Aria pugliese fra Brindisi e Lecce vitigni esposti al sole del sud, da lì viene il Negramaro della serata, scelta azzeccata: brillano i colori del Salento, fuori la pioggia è battente ma a tavola sembra impossibile che ciò accada.
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Candido fa vino da ottant'anni ed è una delle aziende pugliesi più note così come è fra i suoi vini più noti questo Cappello di prete; prendo in mano la bottiglia e mi accoglie però una delusione, etichetta poco chiara, nessuna vera informazione per il consumatore, solo declamatoria delle eccellenti capacità del vino, per quello mi arrangerei da solo mentre mi piacerebbe sapere qualcosa di più su altri elementi oltre al solito volume alcolico qui a 13,5.
L'etichetta non è nemmeno chiara sulla composizone del vino, sarà tutto negramaro o un giro di taglio lo ha fatto il Candido? La risposta unanime dopo assaggio è "vi ricordate la malvasia nera??.........."
Colore rosso del melograno, corposetto anche se non eccessivamente. Al naso una vera delizia, profumi di legno bruciato, liquirizia e spezie nere evidentissimi, una piacevolezza che non lascia scampo, elegante e aggraziato, nessuna esagerazione, un equilibrio olfattivo notevole.
Ovvio che l'assaggio sia agognato, tannino evidente, frutta rossa in quantità, bevuta solida ma non troppo, buona la chiusura di una beva che non si dimostra persistente. Vino fortemente sbilanciato verso la profumazione, solo per questo non equilibrato, non totalmente tondo ma comunque una esperienza decisamente molto positiva.
Però l'etichetta, eh eh eh ........
mercoledì 4 novembre 2009
I CORTACCI DI LAMOLE - 2005 IGT AZ. AGRICOLA LE MASSE......SEGNATEVELO.
Arrivare lassù è dura perché arrivare a Lamole in genere non è proprio facile. Bisogna arrampicare, curvare su stradine strette e avere pazienza, quando si arriva a Le Masse su da Lamole, quando si arriva proprio in fondo e la stradina finisce in un borgo che solo la Toscana sa regalare, quando si arriva lassù e sotto si vede il Chianti è veramente bello.
Giri l’angolo chiedi una indicazione , mica perché ti serva visto che la piazzetta è veramente piccolina lo fai solo per tua incomprensibile soddisfazione, la ragazza alla quale hai chiesto ti risponde in….inglese, è allora che capisci che sei nel cuore della Toscana. Due passi avanti dopo la anglofona e dietro un portico la cantina della Azienda Agricola Le Masse – Alta Valle del Greve.
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Sana accoglienza chiantigiana, sanno che per arrivare lassù ci vuole volontà e ricambiano gradevolmente, due chiacchiere di presentazione e via alla degustazione.
Mi porto a casa diverse bottiglie, mi dicono “codesto tu l’apri fra du anni se tu voi anche tre, datti pazienza”. Tempo scaduto si stappa : I Cortacci di Lamole IGT 2005 Az Agr. Le Masse.
Colore rosso antico, unghia poco pronunciata, profumazione leggermente acre, intensa ed amabilmente tonda, si nota il tocco di malvasia (composizione tipica dei Cortacci : sangiovense, malvasia, canaiolo) ed una nota di spezie piccanti sul finale. Bevuta leggera, non insistente dimostra poi una grazionsa persistenza, tondo con sapori di mora e di erba, bassa la traccia alcolica e nonostante i suoi 13° scende liscio, non è vino da muscoli, non è tutto tannino, sufficientemente garbato, sapido; lo guardo ancora, il suo colore è bellissimo.
La famiglia de Le Masse produce vino dalla fine dell’ottocento e sono oramai quattro le generazioni che si sono passati il testimone, è produzione di Chianti Classico, ma veramente classico, che ricavano dai loro quattordici ettari di vitigini in uno dei posti più belli e remoti del Comune di Greve in Chianti.
Vale veramente la pena, il prossimo giro fra Firenze e Siena prendete la Statale Chiantigiana, la famosa dueduedue, indicazioni prima per Greve poi Lamole, si gira dentro il colle verso Le Masse, ci sono diversi tornanti e poi…………
.
Giri l’angolo chiedi una indicazione , mica perché ti serva visto che la piazzetta è veramente piccolina lo fai solo per tua incomprensibile soddisfazione, la ragazza alla quale hai chiesto ti risponde in….inglese, è allora che capisci che sei nel cuore della Toscana. Due passi avanti dopo la anglofona e dietro un portico la cantina della Azienda Agricola Le Masse – Alta Valle del Greve.
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Sana accoglienza chiantigiana, sanno che per arrivare lassù ci vuole volontà e ricambiano gradevolmente, due chiacchiere di presentazione e via alla degustazione.
Mi porto a casa diverse bottiglie, mi dicono “codesto tu l’apri fra du anni se tu voi anche tre, datti pazienza”. Tempo scaduto si stappa : I Cortacci di Lamole IGT 2005 Az Agr. Le Masse.
Colore rosso antico, unghia poco pronunciata, profumazione leggermente acre, intensa ed amabilmente tonda, si nota il tocco di malvasia (composizione tipica dei Cortacci : sangiovense, malvasia, canaiolo) ed una nota di spezie piccanti sul finale. Bevuta leggera, non insistente dimostra poi una grazionsa persistenza, tondo con sapori di mora e di erba, bassa la traccia alcolica e nonostante i suoi 13° scende liscio, non è vino da muscoli, non è tutto tannino, sufficientemente garbato, sapido; lo guardo ancora, il suo colore è bellissimo.
La famiglia de Le Masse produce vino dalla fine dell’ottocento e sono oramai quattro le generazioni che si sono passati il testimone, è produzione di Chianti Classico, ma veramente classico, che ricavano dai loro quattordici ettari di vitigini in uno dei posti più belli e remoti del Comune di Greve in Chianti.
Vale veramente la pena, il prossimo giro fra Firenze e Siena prendete la Statale Chiantigiana, la famosa dueduedue, indicazioni prima per Greve poi Lamole, si gira dentro il colle verso Le Masse, ci sono diversi tornanti e poi…………
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sabato 31 ottobre 2009
RUGBY: ROMA PRETORIANA ED IL RICORSINO, STORIA ANTISPORTIVA DI SPORT....
In questi mesi è successo di tutto e mi riferisco alla battaglia senza esclusioni di colpi per l’ingresso delle due squadre italiane nella Magners Celtic League. La candidatura della selezione denominata Pretoriani Roma, che aveva avuto accesso a scapito dei trevigiani in Luglio, ha visto scoperto il proprio giochetto di carte e politica e le promesse dell’assessore di turno non sono bastate per il loro via definitivo alla avventura celtica (o almeno tali promesse in FIR non valgono ancora come copertura di spese e saldo di bilancio).
Insomma la Benetton Treviso è stata reintegrata al suo posto (diciamolo) e come tale definitivamente confermata venerdi 30 ottobre. Riassunto: Aironi del Po (Viadana & Co.) e Benetton Treviso (diventerà selezione triveneta ? Dogi?) verranno presentati dalla FIR al Board della Magners Celtic League per la loro ammissione al prestigioso torneo.
Su tutto questo aleggiava un fantasmino: Roma farà ricorso??.
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Quindi i Pretoriani Roma chiederanno riammissione, dimostreranno che le proprie carte presentate erano/sono valide ed hanno quindi diritto di ammissione alla competizione europea al posto di … chissà chi?? Mah.
Dubbio sciolto, Roma ha fatto ricorso, anzi ricorsino, anzi …. ha fatto.
Volete leggere i tratti salienti del “ricorso”? Ci ha pensato il bravo giornalista Duccio Fumero a metterli on line e li trovate qui.
Chiedo anticipatamente scusa a tutti i romani che leggeranno il seguito, qui si parla di una Società sportiva non di pregiudizi regionali (o peggio); per raccontarvi quanto segue non mi voglio nascondere nemmeno dietro al campanilismo, infatti quello che è accaduto è molto brutto....a prescindere.
Roma doveva fare ricorso e quindi scrivere una cosa tipo “ Cara Federazione siete tutti un po’ fessacchiotti perché le mie carte sono giustissime, come sarebbe a dire che io non c’ho i soldi? Ce li ho esattamente come gli altri (Aironi o Benetton), eccoli qui in fidejussione e contante”.
Il Pretoriano reclamatore ha invece preferito scrivere una cosa tipo “Cara Federazione, lasciamo stare i fatti miei…posta l’analisi dei bilanci 2008 dell’azienda sponsor degli Aironi del Po …verificati i livelli di EBITDA….. le passività/attività a breve medio e lungo di quella azienda ……loro i soldi secondo noi non ce li possono avere...forse no… o almeno non pare anche se ve li hanno già fatti vedere…insomma secondo noi forse no…insomma buttateli fuori.”
In sintesi il reclamo romano invece di essere una affermazione di se stessi e delle proprie capacità ,così si fa nello sport ed in particolare nel rugby, è una requisitoria contro il Bilancio dell’azienda sponsor (contro l’azienda non la Società Sportiva) di una delle selezioni scelte dalla FIR, contro l’azienda che ha dato il proprio sostegno economico agli Aironi del Po.
Questa cosa è … una schifezzuola e per questo da oggi su questo blog si parlerà di Pretoriani, se serve, ma con la p minuscola. Vi spiego il mio perché.
I pretoriani, non solo hanno così dimostrato che le motivazioni della loro esclusione erano corrette (non è su quelle che hanno fatto ricorso) ma hanno pure dimostrato di essere inadeguati al ruolo che dovevano ricoprire: rappresentare il rugby italiano in Europa.
La cosa che veramente ritengo indecorosa è, non solo la mancata affermazione di se stessi come elemento principe del ricorso, ma soprattutto la denigrazione del Bilancio Societario di una azienda che da anni crede e lavora nel rugby ma soprattutto azienda che ogni anno dà lavoro a moltissime persone e che non ha bisogno di cotanta pubblicità negativa per tirare avanti con i chiari di luna che ci sono.
Rimane comunque il fatto che le considerazioni espresse dai “ricorrenti” romani sono palesemente un “andar per specchi”, tecnicamente una bufala e si configurano più come tentativo di portar zizzania in casa FIR piuttosto che voglia di ricercare la propria riammissione sportiva legittima.
Non c’è stile, non c’è amore per il rugby, non c’è nulla dei valori del nostro sport in un comportamento del genere.
Mi dispiace per i tifosi romani e per tutti gli appassionati ovali della Capitale, la loro passione sportiva indiscutibilmente sana merita ben altri dirigenti sportivi.
Insomma la Benetton Treviso è stata reintegrata al suo posto (diciamolo) e come tale definitivamente confermata venerdi 30 ottobre. Riassunto: Aironi del Po (Viadana & Co.) e Benetton Treviso (diventerà selezione triveneta ? Dogi?) verranno presentati dalla FIR al Board della Magners Celtic League per la loro ammissione al prestigioso torneo.
Su tutto questo aleggiava un fantasmino: Roma farà ricorso??.
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Quindi i Pretoriani Roma chiederanno riammissione, dimostreranno che le proprie carte presentate erano/sono valide ed hanno quindi diritto di ammissione alla competizione europea al posto di … chissà chi?? Mah.
Dubbio sciolto, Roma ha fatto ricorso, anzi ricorsino, anzi …. ha fatto.
Volete leggere i tratti salienti del “ricorso”? Ci ha pensato il bravo giornalista Duccio Fumero a metterli on line e li trovate qui.
Chiedo anticipatamente scusa a tutti i romani che leggeranno il seguito, qui si parla di una Società sportiva non di pregiudizi regionali (o peggio); per raccontarvi quanto segue non mi voglio nascondere nemmeno dietro al campanilismo, infatti quello che è accaduto è molto brutto....a prescindere.
Roma doveva fare ricorso e quindi scrivere una cosa tipo “ Cara Federazione siete tutti un po’ fessacchiotti perché le mie carte sono giustissime, come sarebbe a dire che io non c’ho i soldi? Ce li ho esattamente come gli altri (Aironi o Benetton), eccoli qui in fidejussione e contante”.
Il Pretoriano reclamatore ha invece preferito scrivere una cosa tipo “Cara Federazione, lasciamo stare i fatti miei…posta l’analisi dei bilanci 2008 dell’azienda sponsor degli Aironi del Po …verificati i livelli di EBITDA….. le passività/attività a breve medio e lungo di quella azienda ……loro i soldi secondo noi non ce li possono avere...forse no… o almeno non pare anche se ve li hanno già fatti vedere…insomma secondo noi forse no…insomma buttateli fuori.”
In sintesi il reclamo romano invece di essere una affermazione di se stessi e delle proprie capacità ,così si fa nello sport ed in particolare nel rugby, è una requisitoria contro il Bilancio dell’azienda sponsor (contro l’azienda non la Società Sportiva) di una delle selezioni scelte dalla FIR, contro l’azienda che ha dato il proprio sostegno economico agli Aironi del Po.
Questa cosa è … una schifezzuola e per questo da oggi su questo blog si parlerà di Pretoriani, se serve, ma con la p minuscola. Vi spiego il mio perché.
I pretoriani, non solo hanno così dimostrato che le motivazioni della loro esclusione erano corrette (non è su quelle che hanno fatto ricorso) ma hanno pure dimostrato di essere inadeguati al ruolo che dovevano ricoprire: rappresentare il rugby italiano in Europa.
La cosa che veramente ritengo indecorosa è, non solo la mancata affermazione di se stessi come elemento principe del ricorso, ma soprattutto la denigrazione del Bilancio Societario di una azienda che da anni crede e lavora nel rugby ma soprattutto azienda che ogni anno dà lavoro a moltissime persone e che non ha bisogno di cotanta pubblicità negativa per tirare avanti con i chiari di luna che ci sono.
Rimane comunque il fatto che le considerazioni espresse dai “ricorrenti” romani sono palesemente un “andar per specchi”, tecnicamente una bufala e si configurano più come tentativo di portar zizzania in casa FIR piuttosto che voglia di ricercare la propria riammissione sportiva legittima.
Non c’è stile, non c’è amore per il rugby, non c’è nulla dei valori del nostro sport in un comportamento del genere.
Mi dispiace per i tifosi romani e per tutti gli appassionati ovali della Capitale, la loro passione sportiva indiscutibilmente sana merita ben altri dirigenti sportivi.
lunedì 26 ottobre 2009
DALLA CLASSIFICAZIONE ALLA LODE : IL "VININO" SALE IN CATTEDRA
Tirato per la giacca da più parti l’autorevole proprietario del conio terminologico “vinino” finalmente ci ha dato soddisfazione.
Proprio intervenendo qui Angelo Peretti (il coniatore) si era dato “impegno” per le vacanze, è arrivato alla meta in ottobre inoltrato ma la produzione è di quelle importanti ed è sul suo Internetgourmet con “Elogio del vinino, ovvero Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere”.
Proprio intervenendo qui Angelo Peretti (il coniatore) si era dato “impegno” per le vacanze, è arrivato alla meta in ottobre inoltrato ma la produzione è di quelle importanti ed è sul suo Internetgourmet con “Elogio del vinino, ovvero Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere”.
Stefano il Nero ha dato la sua piena adesione, fatelo anche voi.
C'è però di più.
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Nel frattempo Aristide, da scientifico patrizio, non si era limitato ad una plebea scrollata di giubba, aveva impostato con successo una prima classificazione definendo per i vinini che “sono anti-ciclici…..generalmente hanno bassa gradazione alcolica…spesso rappresentano una lunga tradizione vitivinicola dei nostri territori…”. Ecco ora l’Elogio ed il Manifesto del “vinino”; Angelo Peretti ci scherza su, parla di “fun” del vinino invece che di “fan” ma sotto sotto lo sa di aver scritto cose molto sensate sul suo manifesto e fa piacere dichiari fin d’ora di aver qualcosa da dire ancora.
Io credo che fusion classificazione-manifesto possa diventare qualche cosa di più: qui c’è una cosa partita con il piede giusto, ci si mettesse sul serio nel sostenerla si potrebbe non solo dare una piccola scossa al www (wonderful wine world) ma anche dare il via a qualcosa di “nuovo e tradizionale”. Il mondo blog potrebbe dimostrare di saper “fare”, perchè questi spunti sono meritevoli di un palco da dove parlarne davvero e pubblicamente: a tanti, a tutti, senza scomodare nessuno a rammaricarsene ma solo invitando molti a vantarsene.
Insomma questa cosa del vinino può dare un contributo a tutto il mondo del vino italiano se non viene ributtata troppo in fretta nel cassetto, c’è un mercato che aspetta messaggi positivi. Qui ce ne sono.
Il sottoscritto intanto si è dilettato per tutti gli ultimi mesi a caccia di vinini, plaudendo al tripudio di sensazioni dove “all’estetica autoreferenziale della degustazione anteponiamo l’immediatezza appagante della freschezza fruttata e della sapidità”.
Ben venga il vinino, non come negazione di altro ma come affermazione di se stesso, del suo gusto, della sua tipicità, delle sue profonde radici nel tessuto del buon vino italiano.
Ben venga il principio che “alla razionalistica dittatura della valutazione centesimale opponiamo l’umanistica vocazione alla convivialità del vino, simbolo della condivisione e della fraternità”.
Ottimo Elogio , io penso si debba andare avanti.
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Nel frattempo Aristide, da scientifico patrizio, non si era limitato ad una plebea scrollata di giubba, aveva impostato con successo una prima classificazione definendo per i vinini che “sono anti-ciclici…..generalmente hanno bassa gradazione alcolica…spesso rappresentano una lunga tradizione vitivinicola dei nostri territori…”. Ecco ora l’Elogio ed il Manifesto del “vinino”; Angelo Peretti ci scherza su, parla di “fun” del vinino invece che di “fan” ma sotto sotto lo sa di aver scritto cose molto sensate sul suo manifesto e fa piacere dichiari fin d’ora di aver qualcosa da dire ancora.
Io credo che fusion classificazione-manifesto possa diventare qualche cosa di più: qui c’è una cosa partita con il piede giusto, ci si mettesse sul serio nel sostenerla si potrebbe non solo dare una piccola scossa al www (wonderful wine world) ma anche dare il via a qualcosa di “nuovo e tradizionale”. Il mondo blog potrebbe dimostrare di saper “fare”, perchè questi spunti sono meritevoli di un palco da dove parlarne davvero e pubblicamente: a tanti, a tutti, senza scomodare nessuno a rammaricarsene ma solo invitando molti a vantarsene.
Insomma questa cosa del vinino può dare un contributo a tutto il mondo del vino italiano se non viene ributtata troppo in fretta nel cassetto, c’è un mercato che aspetta messaggi positivi. Qui ce ne sono.
Il sottoscritto intanto si è dilettato per tutti gli ultimi mesi a caccia di vinini, plaudendo al tripudio di sensazioni dove “all’estetica autoreferenziale della degustazione anteponiamo l’immediatezza appagante della freschezza fruttata e della sapidità”.
Ben venga il vinino, non come negazione di altro ma come affermazione di se stesso, del suo gusto, della sua tipicità, delle sue profonde radici nel tessuto del buon vino italiano.
Ben venga il principio che “alla razionalistica dittatura della valutazione centesimale opponiamo l’umanistica vocazione alla convivialità del vino, simbolo della condivisione e della fraternità”.
Ottimo Elogio , io penso si debba andare avanti.
giovedì 22 ottobre 2009
MON AMOUR SERPRINO....DOC 2008 COLLI EUGANEI BORIN VINI & VIGNE
Benvenuti a discettar di Serprino, il babbo del Prosecco, il vitigno padovano per antonomasia, amico di bevutine semplici e da aperitivo, ottimo e fragrante con l’antipasto, buon accompagnatore di leggere portate di pesce, un vino versatile …… per il resto non facciamo paragoni con il parente trevigiano rischieremmo di far suonare i campanili.
Fin qui il vitigno passiamo ora al viticoltore: Borin Vini & Vigne. Come ci siamo arrivati?
Si trasgrediva con la parola vinini su questo post (argomento peraltro recentemente ripreso da mastro Aristide qui) e la Lizzy consigliava, insieme ad altre gustosità, questa del Borin: perché resistere alla tentazione?
Come sempre la suddetta domanda non trovava risposta ed allora, preso sottobraccio Luca Il Turco, mi recavo in quel di Monticelli (località di Monselice) da dove tornavo con una ghiotta esperienza degustativa e “diverse” bottiglie fra le quali questo Serprino DOC 2008 Colli Euganei.
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“Il vino «Colli Euganei» con la menzione tradizionale «Serprino» deve essere ottenuto dalle uve della varietà Prosecco; possono concorrere le uve di altri vitigni a frutto di colore analogo non aromatici, purché raccomandati o autorizzati nella provincia di Padova, presenti nei vigneti, in ambito aziendale, in misura non superiore al 10% del totale delle viti…..la produzione massima tonn/ha è 10……….titolo alcolometrico volumico minimo 10,5……resa massima vino/uva 70%”. Questo era il disciplinare.
I Borin fanno vino dal 1963, mica ieri, la mia pur breve frequentazione con loro ha rivelato chiaramente la loro appartenenza alla new generation dei Colli Euganei, quelli che hanno capito che è tempo di “testa e qualità”, ovvero inventiva e passione ma anche un po’ di ambizione. La loro selezione vini proviene dalla coltivazione di ben 30 ettari ed è molto ricca, forse anche troppo ma sugli Euganei si è ancora un po’ “personaggi in cerca d’autore”, ma soprattutto di indubbio interesse.
A questo proposito rassegnatevi, su alcune altre loro bottiglie ci torneremo ancora in futuro.
Il loro Serprino frizzante si presenta su bottiglia bordolese con i suoi 11,5%, aperto si rivela con un bel giallo lucente ed aggraziato. Profumazione intensa di mela e retro di agrumi, profumi che vengono letteralmente sprigionati senza alcun fastidio ed eccesso: di buona delicatezza.
Entra in bocca inizialmente leggero e fresco ma poi si dimostra vitale ed anche docilmente persistente; di beva intensa e salda ritrova i suoi aromi di profumazione denotando un equilibrio inaspettato, acidità nel finale lenta che non interrompe le sensazioni gustative. Ottima selezione di uve serprina questa bottiglia del Borin merita un sincero plauso
Il Luca è visibilmente soddisfatto, si rigira le bottiglie fra le mani elencando improbabili tempi di apertura di questa e di quell’altra.
La nota di servizio però diventa d’obbligo: il Serprino è vino da proporre con maggiore sicurezza, forse il disciplinare deve tendere di più alla ricerca di eccellenza, ma va però ricercata un po’ di tenacia ed un minimo di fiducia in più per questo vino che, se trattato da protagonista quale lui è, può dare grandi soddisfazioni alla viticoltura del Veneto. Il Borin insegna : basta crederci un po’.
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Fin qui il vitigno passiamo ora al viticoltore: Borin Vini & Vigne. Come ci siamo arrivati?
Si trasgrediva con la parola vinini su questo post (argomento peraltro recentemente ripreso da mastro Aristide qui) e la Lizzy consigliava, insieme ad altre gustosità, questa del Borin: perché resistere alla tentazione?
Come sempre la suddetta domanda non trovava risposta ed allora, preso sottobraccio Luca Il Turco, mi recavo in quel di Monticelli (località di Monselice) da dove tornavo con una ghiotta esperienza degustativa e “diverse” bottiglie fra le quali questo Serprino DOC 2008 Colli Euganei.
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“Il vino «Colli Euganei» con la menzione tradizionale «Serprino» deve essere ottenuto dalle uve della varietà Prosecco; possono concorrere le uve di altri vitigni a frutto di colore analogo non aromatici, purché raccomandati o autorizzati nella provincia di Padova, presenti nei vigneti, in ambito aziendale, in misura non superiore al 10% del totale delle viti…..la produzione massima tonn/ha è 10……….titolo alcolometrico volumico minimo 10,5……resa massima vino/uva 70%”. Questo era il disciplinare.
I Borin fanno vino dal 1963, mica ieri, la mia pur breve frequentazione con loro ha rivelato chiaramente la loro appartenenza alla new generation dei Colli Euganei, quelli che hanno capito che è tempo di “testa e qualità”, ovvero inventiva e passione ma anche un po’ di ambizione. La loro selezione vini proviene dalla coltivazione di ben 30 ettari ed è molto ricca, forse anche troppo ma sugli Euganei si è ancora un po’ “personaggi in cerca d’autore”, ma soprattutto di indubbio interesse.
A questo proposito rassegnatevi, su alcune altre loro bottiglie ci torneremo ancora in futuro.
Il loro Serprino frizzante si presenta su bottiglia bordolese con i suoi 11,5%, aperto si rivela con un bel giallo lucente ed aggraziato. Profumazione intensa di mela e retro di agrumi, profumi che vengono letteralmente sprigionati senza alcun fastidio ed eccesso: di buona delicatezza.
Entra in bocca inizialmente leggero e fresco ma poi si dimostra vitale ed anche docilmente persistente; di beva intensa e salda ritrova i suoi aromi di profumazione denotando un equilibrio inaspettato, acidità nel finale lenta che non interrompe le sensazioni gustative. Ottima selezione di uve serprina questa bottiglia del Borin merita un sincero plauso
Il Luca è visibilmente soddisfatto, si rigira le bottiglie fra le mani elencando improbabili tempi di apertura di questa e di quell’altra.
La nota di servizio però diventa d’obbligo: il Serprino è vino da proporre con maggiore sicurezza, forse il disciplinare deve tendere di più alla ricerca di eccellenza, ma va però ricercata un po’ di tenacia ed un minimo di fiducia in più per questo vino che, se trattato da protagonista quale lui è, può dare grandi soddisfazioni alla viticoltura del Veneto. Il Borin insegna : basta crederci un po’.
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domenica 18 ottobre 2009
GUSTO STANDARD? NO GRAZIE. TALK TALK CON CINZIA CANZIAN (LE VIGNE DI ALICE)
Le Vigne di Alice e Bellenda lanciano una iniziativa contro lo spritz (vedi immagine allegata) e la motivazione è decisamente seria : “La standardizzazione del gusto invade tutti gli spazi……”
Delle Vigne di Alice la vulcanica Cinzia Canzian è una delle artiste, segue il vino ed anche il Relais, una mission da sales manager su entrambi le attività ma se assaggiate una torta al Relais o vi capita l’aperitivo potrebbe averlo preparato lei. Canzian è un cognome che il trevigiano ha regalato alla più dolce musica, per due chiacchiere con Cinzia allacciatevi però le cinture di sicurezza perché se ci crede va fino in fondo; sta pensando ad un convegno sul mondo vitivinicolo, ci saremo. Ho scambiato due chiacchiere con lei sulla standardizzazione del gusto ed eccole qui di seguito.
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Senti Cinzia il match Prosecco Vs Spritz è intitolato “Contro la moda imperante dello spritz”…cosa c’entra con lo slogan iniziale “contro la standardizzazione del gusto?
A mio parere c’entra perché non riconosci il vino contenuto nello spritz, ti possono mettere dentro qualsiasi cosa senza che tu sappia cosa. Questa è standardizzazione del gusto e va a discapito dei consumatori, sia in termini di salute che in termini economici, visto che spesso pagano 5-8 euro per delle bevande immonde
Elisabetta Tosi sul suo Vino Pigro qui scrive “è una questione di scelte: c'è chi preferisce andare sul sicuro, e dare sempre e comunque il tipo di vino che gli viene richiesto, a costo di ridurlo - a forza di trattamenti - ad una mera bevanda alcolica che solo legalmente risponde al nome di vino, e chi invece preferisce non tradire…..il territorio, se stesso, il vitigno, quello che volete.E quindi rischia…. Secondo te il ragionamento fila? Tu lotti perché il tuo vino sia sempre uguale e gradevole al pubblico piuttosto che “vero”……..
Per cominciare io non lotto perché il mio vino sia sempre uguale e gradevole. Sono invece consapevole del fatto che ogni vendemmia è diversa. Ci sono annate buone e annate meno buone, io lotto per offrire ai consumatori un vino sano e che ovviamente sia un piacere per chi lo beve e soprattutto che non tradisca la mia personalità. Sulla parola “vero” ci giocano in molti, alcuni seri altri meno seri. Ne parleremo in un convegno che sto organizzando e al quale spero tu possa partecipare. Il ragionamento di Elisabetta fila: sono scelte aziendali, discutibili o meno, ma scelte.
Riccardo Ricci Curbastro, Presidente della Federdoc ha detto “il nuovo sistema di classificazione dei vini merita un’attenta riflessione sulle reali ripercussioni che potrà avere, con un appiattimento delle Indicazioni Geografiche per via di disciplinari di produzione troppo simili da Doc/Docg e Igt ma soprattutto per il rischio di confusione ingenerata nel consumatore per la possibilità di indicare in etichetta sui vini da tavola elementi (quali annata e vitigno) che consideriamo valorizzanti e che non possono essere in alcun modo certificati nei vini non a Denominazione, mancando qualsiasi elemento di tracciabilità tra la vigna e la bottiglia”. Le nuove OCM ci portano fuori strada ? Come se ne esce secondo te ?
La comunicazione resta il nodo più importante da sciogliere nell’ambito vino come nell’alimentare. credo che se il consumatore è confuso parte della colpa sia proprio nostra. anche di questo discuteremo nel convegno.
Le guide dei vini che fanno? Reclamano, decantano o analizzano seriamente la produzione? Ma non sono anche quelle un fenomeno di standardizzazione del gusto?
Le guide rimangono delle opinioni. Anche in questo ambito ci sono degustatori che lavorano bene e in maniera obiettiva, per quanto sia possibile essere obiettivi in materia di gusto, altri che invece dimostrano scarsa conoscenza e scarsa preparazione.
Dimmi la prima cosa che ti viene in mente appena ti dico le prossime due parole: slow food.
Slow food è tante cose insieme, forse troppe e quindi non tutte controllabili.
La prossima volta davanti ad un calice, di prosecco “naturalmente”.
Perché c’è anche “artificialmente”? direi “comoda-mente”.
Cinzia ha le idee chiare ma non fatevi sviare dal crudo argomento, lei la sua terra prima di tutto la ama……….."qui splende un sole magnifico immerso nei colori autunnali e avvolto da questo anticipo invernale….Adoro questo posto e mi sento molto fortunata per l'aria buona che respiro ogni giorno”. In verità la nostra discussione Cinzia la aveva cominciata così.
mercoledì 14 ottobre 2009
BRUNELLO DI MONTALCINO ANTINORI PIAN DELLE VIGNE DOCG 1997....E SON SODDISFAZIONI
"Vieni che si fa cena e si apre una cosa buona?" Dico io, ma se un amico ti fa una domanda del genere che gli rispondi? “No guarda fanno l’ultima di Dottor House….”….ma figurati….ci si va soprattutto sapendo che la compagnia è ottima (il Vittorio è un tipone che di vino ne sa eccome) ma anche che l'amico in bottiglia, un tipino del novantasette, è uno che solo a nominarlo ora…pronti via…. Brunello di Montalcino Antinori Pian delle Vigne DOCG 1997……tutto d’un fiato oplà.
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Il 1997.. eh si… grande annata! Si scatena la battaglia per le quote latte nel ’97, a Sanremo trionfano i Jàlisse con “fiumi di parole”, nel ‘97 la Nazionale italiana di Rugby batte a Grenoble la Francia per 40-32, evento storico! Tony Blair prende le redini dello United Kingdom e Clinton si conferma negli USA, nel ’97 i Serenissimi con il Tank “occupano” Piazza San Marco………”il periodo estivo del 97 è stato caldo e soleggiato e questo andamento climatico è continuato per tutta la durata della vendemmia, consentendo quindi di raccogliere uve con alta concentrazione zuccherina ed eccezionalmente sane. La vendemmia 97 è risultata più scarsa del previsto ma è da considerare, dal punto di vista qualitativo, un'annata eccezionale, probabilmente superiore al 1990, e quindi tra le migliori degli ultimi cinquant'anni” Ecco invece cosa si dicevano a Montalcino nel novantasette quelli del Brunello.
Antinori è casa conosciuta, nome altisonante, purtroppo risuonato anche in Brunellopoli insieme a molti altri nomi del senese ma per una volta tiriamo dritto e chi si è visto si è visto.
Il Marchese Antinori ha delle tenute sparse in Umbria e Toscana, dal Chianti a Montalcino da Bolgheri a Ficulle, una cosa grande e ben organizzata che punta molte delle sue chance sulla immagine tradizionale e sulla cura della propria pur vasta produzione.
Parlare del Brunello è difficile, non perché quel 100% di Sangiovese sia chissà che cosa miracolosa, ma per l’immagine che questo nome ha saputo crearsi in questi ultimi decenni sia nella buona che nella cattiva sorte. Certo è che il Brunello è una produzione d’eccellenza per molti motivi anche molto tecnici ma suvvia…!!!
Il nostro Brunello dell’Antinori nel ’97 ha macerato in inox per circa 15 giorni completando la fermentazione alcolica ad una temperatura non superiore ai 30°C. entro il’annol ’97 dopo la manolattica “il vino è stato introdotto in botti di rovere di capacità variabile fra i 15 ed i 100 ettolitri, dove è affinato per tre anni. Nei primi mesi del 2001, dopo l'assemblaggio definitivo, il vino è stato imbottigliato”.
Quando mi siedo accanto a Vittorio il Pian delle Vigne è in decanter da diverse ore, c’è una tagliata calda e favolosa accanto a lui ma il suo colore forte e serioso la fa da padrone.
Il nostro Brunello non scende nel bicchiere, vi si adagia pigramente con sinuosa e grassa voluttà, rosso granato leggermente anticato sull’unghia, profumazione intatta senza alcun passaggio alcolico, un po’ speziata ma forse è il suo fiore caratteristico che si fa sentire, non c’è alcol nella beva nonostante i suoi 13,5 gradi volumetrici, non sembra subito così carico di tannini ma ci dovremo ricredere presto. Scende sul palato veloce e con pienezza, tondo ma non troppo, appena aggressivo sul finale con una punta di acidità che richiama completamente i suoi profumi, in seconda bevuta lo troviamo solo leggermente un po’ più zuccherino, graziosamente dolce che si inarca con il finale allappante ma ancora aperto. Decisamente equilibrato. Una cosa stupenda.
Io guardo Vittorio , Vittorio guarda me, entrambi guardiamo il Pian delle Vigne 1997, un Brunello in un sorriso, un commento e una chiacchiera di ricordi, bello così il vino, che soddisfazioni. Grazie Montalcino.
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Il 1997.. eh si… grande annata! Si scatena la battaglia per le quote latte nel ’97, a Sanremo trionfano i Jàlisse con “fiumi di parole”, nel ‘97 la Nazionale italiana di Rugby batte a Grenoble la Francia per 40-32, evento storico! Tony Blair prende le redini dello United Kingdom e Clinton si conferma negli USA, nel ’97 i Serenissimi con il Tank “occupano” Piazza San Marco………”il periodo estivo del 97 è stato caldo e soleggiato e questo andamento climatico è continuato per tutta la durata della vendemmia, consentendo quindi di raccogliere uve con alta concentrazione zuccherina ed eccezionalmente sane. La vendemmia 97 è risultata più scarsa del previsto ma è da considerare, dal punto di vista qualitativo, un'annata eccezionale, probabilmente superiore al 1990, e quindi tra le migliori degli ultimi cinquant'anni” Ecco invece cosa si dicevano a Montalcino nel novantasette quelli del Brunello.
Antinori è casa conosciuta, nome altisonante, purtroppo risuonato anche in Brunellopoli insieme a molti altri nomi del senese ma per una volta tiriamo dritto e chi si è visto si è visto.
Il Marchese Antinori ha delle tenute sparse in Umbria e Toscana, dal Chianti a Montalcino da Bolgheri a Ficulle, una cosa grande e ben organizzata che punta molte delle sue chance sulla immagine tradizionale e sulla cura della propria pur vasta produzione.
Parlare del Brunello è difficile, non perché quel 100% di Sangiovese sia chissà che cosa miracolosa, ma per l’immagine che questo nome ha saputo crearsi in questi ultimi decenni sia nella buona che nella cattiva sorte. Certo è che il Brunello è una produzione d’eccellenza per molti motivi anche molto tecnici ma suvvia…!!!
Il nostro Brunello dell’Antinori nel ’97 ha macerato in inox per circa 15 giorni completando la fermentazione alcolica ad una temperatura non superiore ai 30°C. entro il’annol ’97 dopo la manolattica “il vino è stato introdotto in botti di rovere di capacità variabile fra i 15 ed i 100 ettolitri, dove è affinato per tre anni. Nei primi mesi del 2001, dopo l'assemblaggio definitivo, il vino è stato imbottigliato”.
Quando mi siedo accanto a Vittorio il Pian delle Vigne è in decanter da diverse ore, c’è una tagliata calda e favolosa accanto a lui ma il suo colore forte e serioso la fa da padrone.
Il nostro Brunello non scende nel bicchiere, vi si adagia pigramente con sinuosa e grassa voluttà, rosso granato leggermente anticato sull’unghia, profumazione intatta senza alcun passaggio alcolico, un po’ speziata ma forse è il suo fiore caratteristico che si fa sentire, non c’è alcol nella beva nonostante i suoi 13,5 gradi volumetrici, non sembra subito così carico di tannini ma ci dovremo ricredere presto. Scende sul palato veloce e con pienezza, tondo ma non troppo, appena aggressivo sul finale con una punta di acidità che richiama completamente i suoi profumi, in seconda bevuta lo troviamo solo leggermente un po’ più zuccherino, graziosamente dolce che si inarca con il finale allappante ma ancora aperto. Decisamente equilibrato. Una cosa stupenda.
Io guardo Vittorio , Vittorio guarda me, entrambi guardiamo il Pian delle Vigne 1997, un Brunello in un sorriso, un commento e una chiacchiera di ricordi, bello così il vino, che soddisfazioni. Grazie Montalcino.
venerdì 9 ottobre 2009
PAROLA DI BLOG: MARIA GRAZIA MELEGARI Soavemente WineBlog
Sono le persone l'anima della "rete" (e non il contrario !!) ed è per questo che Stefano il Nero ha chiesto ad alcuni blogger di rispondere ad alcune domande……pronti.....via a PAROLA DI BLOG
Maria Grazia è donna di vino certificata ONAV e AIS, si insomma una che la passione la prende sul serio, il suo blog è, dice lei, “un omaggio ad una terra e ad un vino”, romanticismo? Può darsi ma di sicuro anche una buona dose di sano realismo, il suo Soavemente WineBlog è un mix di tecnica e di filosofia, parla di vino e dei suoi luoghi, del bianco Soave, la sua grande passione, di tanti altri vini e....di musica. Soavemente è un blog che parla di lei e per lei ed ora le chiediamo come, benvenuta Maria Grazia Melegari : parola di blog.
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Recentemente hai fatto un elenco di tutti i vini Soave premiati dalle guide: credi più al Soave o alle guide?
Assegno un’importanza molto relativa alle Guide e soprattutto ai punteggi. Più che dare un elenco dei premiati, mi sono divertita a confrontare il taglio dei giudizi nel corso del tempo, nella stessa guida e in guide diverse, riguardo al Soave. Lo farò anche quest’anno, osservando se e come evolvono i parametri di giudizio, più che i punteggi. Il Soave è un sistema di grandi e piccole aziende che lavorano su uno dei terroir più vocati in assoluto per i vini bianchi, ora accanto a nomi storici e blasonati si vede anche qualche novità interessante. Non ho dubbi, credo al Soave e alle sue grandi potenzialità.
Il tuo blog impressiona per la ricercatezza di alcune argomentazioni tecniche sulla “produzione” del vino, credi che il vino debba essere prodotto dal vignaiolo o dai “gusti del mercato” ?
Un enologo una volta mi ha detto: “un vino può essere buonissimo, ma se poi non lo vendi…” ; la partita si gioca tra i vini legati al terroir – più spesso prodotti in piccoli numeri – e vini dei grandi numeri che bevono un po’ tutti. Ambedue le realtà sono orientate al mercato ma quanto più il consumatore approfondisce la conoscenza tanto più vedrà differenze sia“stilistiche” che di sostanza. Per fare un esempio, ci sono vignaioli del Soave che non producono grandi numeri, fanno vini molto ben delineati e nettamente di terroir da vigneti che sono dei Cru. Quegli stessi vignaioli hanno in gamma anche dei Soave affinati in legno che vengono prodotti soprattutto per la domanda del mercato estero. Coesistono dunque diversi stili, e la scelta finale la fa il consumatore.
Una domanda che ti piace : perché il Soave dovrebbe essere un vino …speciale?
Il Soave è un vino davvero speciale perché nasce da un terroir altamente vocato per il vino bianco, dove nello spazio di 7000 ettari ci sono zone e microclimi differenti. Il Soave è speciale perché non è “univoco”. Basta spostarsi di pochi metri e cambiano le caratteristiche del suolo e del clima che marcano il vino in maniera differente. Il Soave della Val d’Illasi non è lo stesso del Monte Foscarino o della Calvarina. Il grande lavoro del Consorzio di Tutela è stato proprio quello di esaltare la grande capacità espressiva del vitigno principe, la Garganega nelle sue diverse espressioni, legate ai differenti suoli e microclimi componendo l’immagine di un grande vino bianco, versatile e di carattere.
Ne hai trovato qualcuno di traditore?
Non parlerei di tradimento, quanto piuttosto di una moda, ormai quasi del tutto passata, di infilare nella composizione del Soave ( peraltro prevista dal disciplinare) di vitigni a bacca bianca come Chardonnay e Sauvignon blanc. Ho sempre preferito i Soave di storica tradizione, quelli fatti di garganega e trebbiano di Soave, o di sola Garganega.
Nel tuo blog io trovo ci sia una continua ricerca del binomio qualità/vino. Quando un vino è di qualità? Soggettivamente? Oggettivamente?
La scheda valutativa dei vini OIV riportava una voce specifica sui difetti del vino, nella versione 2009 mantiene il parametro della franchezza (pulizia o assenza di difetti) ed introduce quello dell’Intensità qualitativa positiva (l'insieme delle percezioni olfattive e gustative che arricchiscono la percezione qualitativa rispetto ai sensi dell’odorato e del gusto). E’ un parametro esclusivamente positivo.
Dico questo per far notare come oggettivamente sia difficile oggi parlare di difetti e di scarsa qualità. Si parla invece sempre più di “qualità percepita”, parametro nel quale entrano moltissimi fattori anche soggettivi: dalle conoscenze e dalle preferenze individuali fino alla storia delle aziende e dei luoghi. Non mi attrae aprire una bottiglia e scrivere una semplice scheda di degustazione. Lo faccio soltanto per allenamento e comunque non sul blog.
Hai scritto di un produttore : “Artigianato come rispetto assoluto della terra e desiderio costante di migliorarne il frutto nella maniera più naturale possibile”. Ma sei Bio o sei Convenzionale? Ovvero quello che scrivi deve essere per tutti o solo per quelli “lo famo strano lo famo bio?”
Il mondo del vino mi interessa tutto, senza contrapposizioni, il convenzionale e il bio (ma preferirei parlare di vino artigianale) Sono comunque convinta che la cosiddetta “conduzione convenzionale” sarà sempre più indotta ad interrogarsi e a scegliere tecniche più rispettose dell’ integrità della terra e dell’ ecosistema della vigna. In quale altro modo si potrà conservare un mondo vivibile per le nuove generazioni? Mi sembra un mutamento di sensibilità in questo senso sia in atto.
Perché sei wine-blogger, non ti bastava andare in giro a bere Soave ed Amarone lo dovevi proprio raccontare a tutti??
Amo scrivere e amo il vino con il suo mondo variegato, pieno di sfumature, di luoghi, storie e persone. Ce n’è abbastanza per aprire un wine-blog? Credo di sì. Inoltre, penso al blog come a un formidabile mezzo di conoscenza e di crescita culturale personale. Nel senso che per scrivere di vino, non basta “ andare in giro a bere Soave ed Amarone”, ma occorre approfondire, andare oltre il bicchiere……
Il mondo blog secondo te cresce e fa crescere ?
Ritengo che il Blog richieda un maggiore approfondimento, rispetto a mezzi di comunicazione “veloci” e forse superficiali come i nuovi Facebook e Twitter. I blog hanno sicuramente cambiato il panorama della “critica” sul vino, cambiando il panorama un po’ statico della carta stampata dedicata ed hanno portato ad un processo di democratizzazione dell’ informazione anche se ci sono anche potenziali rischi, come la ridondanza o l’inattendibilità. Penso che i blog abbiano avuto e avranno ancora una funzione molto positiva: per far conoscere le piccole aziende e di stimolo culturale su temi socialmente rilevanti, come ad esempio l’educazione ad un consumo consapevole.
I produttori di vino e la comunicazione: una strada che si apre o una chimera?
Senza dubbio una strada che si apre, anche se molto a fatica. Il futuro è li: disintermediare il più possibile sia i prodotti che la comunicazione. Gli esempi sono ancora pochi, ma sono ottimista.
Quando e perché potresti decidere di chiudere il tuo Soavemente WineBlog?
Soltanto in due casi: se fossi vittima di una malattia che mi impedisse di degustare il vino e
se mi venisse a noia scriverne
Ma quale noia, è bello leggere il tuo blog Maria Grazia........"tutto il resto è noia", semmai.
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Maria Grazia è donna di vino certificata ONAV e AIS, si insomma una che la passione la prende sul serio, il suo blog è, dice lei, “un omaggio ad una terra e ad un vino”, romanticismo? Può darsi ma di sicuro anche una buona dose di sano realismo, il suo Soavemente WineBlog è un mix di tecnica e di filosofia, parla di vino e dei suoi luoghi, del bianco Soave, la sua grande passione, di tanti altri vini e....di musica. Soavemente è un blog che parla di lei e per lei ed ora le chiediamo come, benvenuta Maria Grazia Melegari : parola di blog.
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Recentemente hai fatto un elenco di tutti i vini Soave premiati dalle guide: credi più al Soave o alle guide?
Assegno un’importanza molto relativa alle Guide e soprattutto ai punteggi. Più che dare un elenco dei premiati, mi sono divertita a confrontare il taglio dei giudizi nel corso del tempo, nella stessa guida e in guide diverse, riguardo al Soave. Lo farò anche quest’anno, osservando se e come evolvono i parametri di giudizio, più che i punteggi. Il Soave è un sistema di grandi e piccole aziende che lavorano su uno dei terroir più vocati in assoluto per i vini bianchi, ora accanto a nomi storici e blasonati si vede anche qualche novità interessante. Non ho dubbi, credo al Soave e alle sue grandi potenzialità.
Il tuo blog impressiona per la ricercatezza di alcune argomentazioni tecniche sulla “produzione” del vino, credi che il vino debba essere prodotto dal vignaiolo o dai “gusti del mercato” ?
Un enologo una volta mi ha detto: “un vino può essere buonissimo, ma se poi non lo vendi…” ; la partita si gioca tra i vini legati al terroir – più spesso prodotti in piccoli numeri – e vini dei grandi numeri che bevono un po’ tutti. Ambedue le realtà sono orientate al mercato ma quanto più il consumatore approfondisce la conoscenza tanto più vedrà differenze sia“stilistiche” che di sostanza. Per fare un esempio, ci sono vignaioli del Soave che non producono grandi numeri, fanno vini molto ben delineati e nettamente di terroir da vigneti che sono dei Cru. Quegli stessi vignaioli hanno in gamma anche dei Soave affinati in legno che vengono prodotti soprattutto per la domanda del mercato estero. Coesistono dunque diversi stili, e la scelta finale la fa il consumatore.
Una domanda che ti piace : perché il Soave dovrebbe essere un vino …speciale?
Il Soave è un vino davvero speciale perché nasce da un terroir altamente vocato per il vino bianco, dove nello spazio di 7000 ettari ci sono zone e microclimi differenti. Il Soave è speciale perché non è “univoco”. Basta spostarsi di pochi metri e cambiano le caratteristiche del suolo e del clima che marcano il vino in maniera differente. Il Soave della Val d’Illasi non è lo stesso del Monte Foscarino o della Calvarina. Il grande lavoro del Consorzio di Tutela è stato proprio quello di esaltare la grande capacità espressiva del vitigno principe, la Garganega nelle sue diverse espressioni, legate ai differenti suoli e microclimi componendo l’immagine di un grande vino bianco, versatile e di carattere.
Ne hai trovato qualcuno di traditore?
Non parlerei di tradimento, quanto piuttosto di una moda, ormai quasi del tutto passata, di infilare nella composizione del Soave ( peraltro prevista dal disciplinare) di vitigni a bacca bianca come Chardonnay e Sauvignon blanc. Ho sempre preferito i Soave di storica tradizione, quelli fatti di garganega e trebbiano di Soave, o di sola Garganega.
Nel tuo blog io trovo ci sia una continua ricerca del binomio qualità/vino. Quando un vino è di qualità? Soggettivamente? Oggettivamente?
La scheda valutativa dei vini OIV riportava una voce specifica sui difetti del vino, nella versione 2009 mantiene il parametro della franchezza (pulizia o assenza di difetti) ed introduce quello dell’Intensità qualitativa positiva (l'insieme delle percezioni olfattive e gustative che arricchiscono la percezione qualitativa rispetto ai sensi dell’odorato e del gusto). E’ un parametro esclusivamente positivo.
Dico questo per far notare come oggettivamente sia difficile oggi parlare di difetti e di scarsa qualità. Si parla invece sempre più di “qualità percepita”, parametro nel quale entrano moltissimi fattori anche soggettivi: dalle conoscenze e dalle preferenze individuali fino alla storia delle aziende e dei luoghi. Non mi attrae aprire una bottiglia e scrivere una semplice scheda di degustazione. Lo faccio soltanto per allenamento e comunque non sul blog.
Hai scritto di un produttore : “Artigianato come rispetto assoluto della terra e desiderio costante di migliorarne il frutto nella maniera più naturale possibile”. Ma sei Bio o sei Convenzionale? Ovvero quello che scrivi deve essere per tutti o solo per quelli “lo famo strano lo famo bio?”
Il mondo del vino mi interessa tutto, senza contrapposizioni, il convenzionale e il bio (ma preferirei parlare di vino artigianale) Sono comunque convinta che la cosiddetta “conduzione convenzionale” sarà sempre più indotta ad interrogarsi e a scegliere tecniche più rispettose dell’ integrità della terra e dell’ ecosistema della vigna. In quale altro modo si potrà conservare un mondo vivibile per le nuove generazioni? Mi sembra un mutamento di sensibilità in questo senso sia in atto.
Perché sei wine-blogger, non ti bastava andare in giro a bere Soave ed Amarone lo dovevi proprio raccontare a tutti??
Amo scrivere e amo il vino con il suo mondo variegato, pieno di sfumature, di luoghi, storie e persone. Ce n’è abbastanza per aprire un wine-blog? Credo di sì. Inoltre, penso al blog come a un formidabile mezzo di conoscenza e di crescita culturale personale. Nel senso che per scrivere di vino, non basta “ andare in giro a bere Soave ed Amarone”, ma occorre approfondire, andare oltre il bicchiere……
Il mondo blog secondo te cresce e fa crescere ?
Ritengo che il Blog richieda un maggiore approfondimento, rispetto a mezzi di comunicazione “veloci” e forse superficiali come i nuovi Facebook e Twitter. I blog hanno sicuramente cambiato il panorama della “critica” sul vino, cambiando il panorama un po’ statico della carta stampata dedicata ed hanno portato ad un processo di democratizzazione dell’ informazione anche se ci sono anche potenziali rischi, come la ridondanza o l’inattendibilità. Penso che i blog abbiano avuto e avranno ancora una funzione molto positiva: per far conoscere le piccole aziende e di stimolo culturale su temi socialmente rilevanti, come ad esempio l’educazione ad un consumo consapevole.
I produttori di vino e la comunicazione: una strada che si apre o una chimera?
Senza dubbio una strada che si apre, anche se molto a fatica. Il futuro è li: disintermediare il più possibile sia i prodotti che la comunicazione. Gli esempi sono ancora pochi, ma sono ottimista.
Quando e perché potresti decidere di chiudere il tuo Soavemente WineBlog?
Soltanto in due casi: se fossi vittima di una malattia che mi impedisse di degustare il vino e
se mi venisse a noia scriverne
Ma quale noia, è bello leggere il tuo blog Maria Grazia........"tutto il resto è noia", semmai.
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lunedì 5 ottobre 2009
ARQUA' PETRARCA E CA' LUSTRA SELEZIONE ZANOVELLO MERLOT COLLI EUGANEI DOC 2006 SASSONERO
E’ bello scrivere di cose belle e queste spesso sono più vicine di quanto non si pensi, è così che la mia modesta ma amata collezione di vini euganei si è assottigliata in questi giorni.
Ho dovuto infatti scendere a fatal compromesso con una bottiglia di Ca’ Lustra selezione Zanovello Colli Euganei Merlot DOC 2006 Vigna di Sassonero.
Partiamo però dal Sassonero, ovvero dalla collina basaltica che racchiude in 3 ettari il cordone speronato di questo merlot, sita nel meraviglioso territorio di Arquà Petrarca.
Arquà (vedi foto) è una piccola perla di storia arte e cultura nel cuore dei colli euganei , un sito medioevale entrato di diritto e merito nel club dei Borghi più belli d’Italia; insomma, una visita al borgo del celebre scrittore del quattordicesimo secolo, è un piccolo dovere extra-enoico.
Torniamo al Merlot.
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Ca’ Lustra è una aziendona del vino euganeo, una prospettiva di marketing avviata, villa di rappresentanza, promozione turistica con in testa la celebre idea di promozione turistica degli “Euganei le colline di Venezia” , 31 anni di attività e 34 ettari di vigneti dichiarati in diretta coltivazione con altri 15 di bosco e pascolo. Il tutto sotto la direzione di Franco Zanovello.
Una azienda che ci tiene al suo pedigree e snocciola con orgoglio la sua collezione di bicchieri e di punteggi sulle guide più famose del Belpaese.
Nel 2002 Ca’ Lustra comincia a pensare ad una linea alta dei suoi vini e “dopo le prime selezioni di vigneto degli anni '90 che già riportavano il nome "Zanovello", nel 2002 si iniziò con una gamma crescente di vini ottenuti da vitigni e vigneti speciali e dedicati. Studio, esperienze, bisogno di confronto e di progresso…” .
Ecco la selezione Zanovello e, dal Sassonero, il suo Merlot.
Prima di arrivare in bottiglia il Merlot dello Zanovello poltrisce una ventina di giorni in acciaio inox in fermentazione, poi si addormenta in Tonneaux da 500 l. in rovere francese per un terzo nuovi, due terzi di secondo vino, per almeno 16 mesi e quindi va in bottiglia. Il selezionatore lo dichiara un vino di lungo passo, potremmo tenerlo li fino ad 8 anni. Sarà per la prossima volta.
Finalmente arriva nei due bicchieri (due bicchieri, nel senso che siamo in due all’assaggio). Questo Merlot esibisce subito un colore rosso carico, una ottima aggressività all’occhio che si riversa anche nella sua profumazione intensa e non sempre garbata di ciliegiona, frutto di bosco con un passaggio gradevole di stalla e fieno. Una bevuta corposa, non pienissima , direi più spigolosa e di tabacco, che si fa subito allappante con successiva grande apertura che dimostra i suoi 14,5 gradi alcolici ed un breve tocco di acidità che non scende sotto il palato. Un vino gustoso e, permettetemi il temine poco enologico, gradevolmente saporito; il Merlot di Zanovello è un vino che si fa sentire importante con una discreta armonia e un buon senso dell’equilibrio. Un vino di vera piacevolezza, questo si, non è un Merlot qualsiasi, è un vino che va capito e lo si nota fin dal primo assaggio.
Una conferma che le ricerche di “linea alta” che molte aziende euganee hanno promosso nell’ultimo decennio stanno dando buoni frutti, alcuni già deliziosamente maturi.
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mercoledì 30 settembre 2009
PAX TIBI CUP : AGGIORNAMENTO DOPO I DERBY VENETI
Oggi trenta di settembre era (di fatto ma non di diritto) Veneto Derby Day, con le quattro massime venete del rugby impegnate fra di loro ed era quindi anche giornata di Pax Tibi Cup.
Chi non si ricorda bene la cosa può leggerla qui anche se è facile rispiegare che la Pax Tibi Cup è/sarebbe la Coppa che andrebbe assegnata (esistesse nella organizzazione ufficiale) a fine campionato alla Società Veneta, fra le quattro che partecipano al Super10, che realizza il miglior piazzamento in una classifica dove vengono conteggiati i soli risultati dei loro scontri diretti. Il metodo è banale, utilizzare la classifica, le giornate ed i punteggi del massimo campionato.
Vediamo come è/sarebbe andata.
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Scontri a quattro dunque nel Veneto della massima categoria con la corrazzata Benetton che fa un po’ di fatica a superare l’agguerrito Rovigo e il Petrarca che continua la sua inaspettata "marcia trionfale" e mette in saccoccia un brillante risultato contro un Venezia inconsistente per buona parte del match
Ecco risultati e classifica della Pax Tibi Cup.
Il prossimo appuntamento con Pax Tibi Cup è per il 29 novembre.
Girone di Andata
12/09 VENEZIA MESTRE R. 1986- vs -FEMI-CZ ROVIGO 32 - 32
19/09 BENETTON TREVISO vs RUGBY PETRARCA 36 - 3
30/09 RUGBY PETRARCA SRL - vs - VENEZIA MESTRE R. 1986 36 - 3
30/09 BENETTON TREVISO - vs - FEMI-CZ ROVIGO 17 -12
29/11 RUGBY PETRARCA SRL - vs - FEMI-CZ ROVIGO
29/11 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - BENETTON TREVISO
Girone di Ritorno
06/01 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - FEMI-CZ ROVIGO
10/01 BENETTON TREVISO - vs - RUGBY PETRARCA
03/04 RUGBY PETRARCA SRL - vs - VENEZIA MESTRE R. 1986
03/04 BENETTON TREVISO - vs - FEMI-CZ ROVIGO
01/05 RUGBY PETRARCA SRL - vs - FEMI-CZ ROVIGO
01/05 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - BENETTON TREVISO
CLASSIFICA PAX TIBI CUP al 30/09/2009
BENETTON TREVISO 9 PTI
PETRARCA PADOVA 5 PTI
FEMICZ ROVIGO 4 PTI
CASINO VENEZIA 2 PTI
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Chi non si ricorda bene la cosa può leggerla qui anche se è facile rispiegare che la Pax Tibi Cup è/sarebbe la Coppa che andrebbe assegnata (esistesse nella organizzazione ufficiale) a fine campionato alla Società Veneta, fra le quattro che partecipano al Super10, che realizza il miglior piazzamento in una classifica dove vengono conteggiati i soli risultati dei loro scontri diretti. Il metodo è banale, utilizzare la classifica, le giornate ed i punteggi del massimo campionato.
Vediamo come è/sarebbe andata.
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Scontri a quattro dunque nel Veneto della massima categoria con la corrazzata Benetton che fa un po’ di fatica a superare l’agguerrito Rovigo e il Petrarca che continua la sua inaspettata "marcia trionfale" e mette in saccoccia un brillante risultato contro un Venezia inconsistente per buona parte del match
Ecco risultati e classifica della Pax Tibi Cup.
Il prossimo appuntamento con Pax Tibi Cup è per il 29 novembre.
Girone di Andata
12/09 VENEZIA MESTRE R. 1986- vs -FEMI-CZ ROVIGO 32 - 32
19/09 BENETTON TREVISO vs RUGBY PETRARCA 36 - 3
30/09 RUGBY PETRARCA SRL - vs - VENEZIA MESTRE R. 1986 36 - 3
30/09 BENETTON TREVISO - vs - FEMI-CZ ROVIGO 17 -12
29/11 RUGBY PETRARCA SRL - vs - FEMI-CZ ROVIGO
29/11 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - BENETTON TREVISO
Girone di Ritorno
06/01 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - FEMI-CZ ROVIGO
10/01 BENETTON TREVISO - vs - RUGBY PETRARCA
03/04 RUGBY PETRARCA SRL - vs - VENEZIA MESTRE R. 1986
03/04 BENETTON TREVISO - vs - FEMI-CZ ROVIGO
01/05 RUGBY PETRARCA SRL - vs - FEMI-CZ ROVIGO
01/05 VENEZIA MESTRE R. 1986 - vs - BENETTON TREVISO
CLASSIFICA PAX TIBI CUP al 30/09/2009
BENETTON TREVISO 9 PTI
PETRARCA PADOVA 5 PTI
FEMICZ ROVIGO 4 PTI
CASINO VENEZIA 2 PTI
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lunedì 28 settembre 2009
L'ONORE E' SALVO, IL RUGBY UN PO' MENO (LA FIR TUTTOFARE)
Il campionato è iniziato, dovremmo dire che è iniziato il funerale al Super10 ma almeno possiamo dire che ci possiamo godere il rugby giocato, quello vero, fatto di mete e calci, di avanzamento e di mischia. E’ iniziata una stagione che, in termini di premi finali, di solito i campionati si giocano per quello, ha ben poco da dire. Perchè? Bhe che problema c'è ? Fa tutto la Federazione !!!!
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I posti per la massima selezione europea, la ERC Heineken Cup, quest’anno verranno assegnati d’ufficio dalla Federazione alle Società che verranno scelte dalla Federazione per partecipare alla Celtic League, i posti per l’altra coppa europea, la ERC Amlin European Challenge Cup, verranno distribuiti dalla Federazione a fantomatiche Selezioni territoriali create con il beneplacito della Federazione. Grazie a questo ginepraio la competizione per lo Scudetto dell’anno 2009/2010, gestito non più dalla defunta Lega (ma qui defungono tutti che sia normale?) ma dalla Federazione, è cosa ristrettissima a un paio di pretendenti che hanno squadre stellari mentre le altre otto viaggiano fra il “vorrei ma non posso” e pesanti ridimensionamenti di organico, scelte queste ultime assolutamente comprensibili quando non volessimo dire anche illuminate e responsabili.
La Federazione ha anche pensato ai giovani, eh bhe si eccome che ci ha pensato, da quest’anno quelli che possono pensare di avere un futuro escono solo dalle tre Accademie della Federazione; soppresse quelle dei singoli club, erano troppe, facevano troppe cose, c’erano troppi ragazzi e poi sparse così, su tutto il territorio, facevano sembrare il rugby uno sport diffuso! “Tranqui raga” ci pensa la Federazione.
Insomma, l’avrete capito, in Federazione c’hanno un sacco di cose da fare , non è che adesso potete pensare che possano fare anche il lavoro di una Federazione!! Quindi buoni ragazzi, questi non ne azzeccano una come Federazione ma adesso si sono messi a fare da Club, da preparatori atletici, da organizzatori di super-tornei, da dispensatori di partecipazioni ad altre competizioni, insomma avete un bel dire a lamentarvi: uffa siete i soliti rompiscatole.
Visto lo scenario dondicentrico comprendo quei dirigenti di Club o delle strutture territoriali che da quest’anno telefonano in Federazione anche per sapere se possono andare a fare pipì, un po’ meno quello che lo fanno già da tempo ma, si sa, “ogni scarrafone è bello a mamma sua”.
Poi c’è la Nazionale, ma li ci pensa Mallet: il sudafricano coach visiona accuratamente tutti gli alberi genealogici dei giocatori stranieri e verifica se hanno un trisavolo italiano, et violà la Nazionale di rugby è fatta. Ho visto dei nostri affermati ragazzi che, per candidarsi ad un posto in Nazionale, raccontavano che durante l’invasione napoleonica una loro antenata si era fatta una scappatella con un caporalmaggiore della Grande Armee.
Nonostante questo scenario il rugby sui campi si è visto eccome ed in queste due giornate tutti i Club si sono schierati ed affrontati con tenacia e durezza, se la sono giocata tutta. Il Super10 riserva colpi di scena e risultati impensabili, nessuno si tira indietro. In campo ci va il rugby ed i suoi ragazzi, sugli spalti gli appassionati (quelli veri) e sulle panchine si freme ancora esattamente come prima. Bellissimo sia così ma non se ne aveva nessun dubbio, in campo nel rugby c’è ancora sempre e solo gente sana, gente vera.
L’onore è salvo, il rugby un po’ meno.
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