sabato 31 gennaio 2009
TERROIR AMARONE : UN SOCIAL NETWORK PER ....FARE FILO'
Nel mondo del vino ci si interroga molto spesso sulla valenza del confronto produttore/consumatore, è in questo senso che molti intendono la valorizzazione del proprio prodotto rispetto ad un mercato difficile e tenacemente tentatore in fatto di "scorciatoie".
Si moltiplicano gli spazi di advertising ma sono pochi quelli che guardano veramente al consumatore per il prodotto in se, così al consumatore arriva spesso un brand e/o una suggestione.
Da una discussione di questo tipo, che trovate dettagliata qui, un gruppo di blogger veronesi si ripromettono di "fare qualcosa"; da questo confronto e dalla esperienza professionale di Fermenti Digitali nasce quindi "Terroir Amarone" , un social network dedicato al prestigioso vino della Valpolicella.
Le intenzioni di questa brillante iniziativa, alla quale Stefano il Nero invitato ha risposto con la sua vivace adesione, sono ben spiegate da Aristide (Terroir Amarone varato il Social Network) e cito sinteticamente: "mettere in evidenza i tanti vignaioli che lavorano le proprie uve su terreni vocati..... aprire un luogo di confronto e di scambio di informazioni tra chi produce e chi consuma....."
Terroir Amarone è in questo senso una idea che non ha solo una valenza enologica ma anche un ottimo spessore culturale; è un modo per fare incontrare consumatore e produttore attraverso le nuove tecnologie legate ad internet e, attraverso la rete, far crescere il prodotto coerentemente con la sua storia e la sua tradizione.
Io credo che il bello di questa iniziativa è che tutte queste cose potranno nascere dal "fare filò"..... on line. Fare filò, una delle più belle tradizioni contadine, ora riprodotta sulla rete per parlare di Amarone: un modo nuovo di coltivare quella che per tutti, produttori e consumatori, è prima di ogni altra cosa una passione vera.
-
martedì 27 gennaio 2009
NAZIONALE RUGBY : FRATELLI D'ITALIA !?
Il massimo campionato, il Super10, va in soffitta fino al 28 marzo, sul suolo della nostrana palla ovale si combatterà solo una scialbetta Coppa Italia mentre sul sacro quadro televisivo passerà irrefrenabile uno dei più bei tornei della storia del rugby:il Sei Nazioni.
Le Nazioni sono sei da una decina d'anni ovvero da quando, dopo test match massacranti e svariate altre opzioni meno agonistiche, la nostra nazionale fu ammessa alla sua partecipazione accanto al gotha europeo del rugby: Inghilterra, Galles, Irlanda, Scozia, Francia.
In questi giorni si è riunita la nazionale tricolore alla Borghesiana a Roma per iniziare gli allenamenti in vista del massacrante calendario del Six Nations 2009.
Eccoli radunati allora: Andrea Marcato accanto a Salvatore Perugini, Gilberto Pavan e Matteo Pratichetti e poi...Luke McLean, Jean Francois Montauriol, Matias Aguero, Kaine Robertson, Josh Sole e via con un fiorire di Gonzalo, Pablo, Martin, Carlos. I cognomi di questi ultimi ricordano le nostre regioni che hanno dato molti figli alla emigrazione ma i nomi ci dicono che papà non pensava propriamente di tornare a "casa".
Prima due numeri : quindici su trenta dei convocati non giocano in Italia e una dozzina su trenta sono "oriundi" o "naturalizzati".
Ora due considerazioni. Alcuni dicono che l'importazione di talenti non provenienti dal nostro rugby nostrano impoverisce il nostro movimento rugbistico e accusano la ambiziosa Federazione Rugby tricolore di puntare più a fare immagine e cassa che crescita e evoluzione del proprio vivaio. Fosse così bisognerebbe avvertire il Presidente Dondi che, come diciamo noi appassionati, "per il peggio c'è già il calcio". Discorso lungo, oggi mi fermo qui.
La seconda considerazione è conclusiva. Non si può negare esista un pezzo di Italia in giro per il mondo, spesso questo pezzo ramingo è capace più di molti italiani residenti di sentirsi tale. Vi sono inoltre i giocatori che chiedono la naturalizzazione sportiva (e non solo sportiva) in Italia, essi scelgono spesso il nostro paese come luogo dove vivere e crescere, fare famiglia; molti giocano nelle nostre società italiane: hanno tutti i titoli per rappresentare il nostro movimento rugbistico. Ma rimane la domanda, qual'è il limite? Esiste un limite etico? Un limite sportivo? Il limite è "basta vincere qualcosa giochi chiunque?". Godetevi il dilemma ed insieme a "lui" anche i nostri Gonzalo e Luke urlare il nostro inno insieme ad Andrea e Salvatore. Parte il Sei Nazioni, speriamo bene per i nostri Fratelli d'Italia.
P.S. Tengo parenti in Brasile esattamente a San Paolo, non li ho mai visti ma tanto basta per avvertire Kaka che il suo posto in Selecao è fortemente in pericolo.
-
lunedì 19 gennaio 2009
PER IL VINO ITALIANO OBAMA PUO' ASPETTARE
Barboursville Vineyards, è questo il nome della tenuta dal quale arrivano i due prestigiosi vini che accompagnano la Cena di Gala per l'insediamento del nuovo Presidente Barack Obama. Fino a qui nulla di strano se non fosse che la cantina in questione, situata in Virginia (USA), è di proprietà della famiglia Zonin.
Octagon ottava edizione 2005 il vino prescelto che ha, giustamente, inorgoglito l'azienda Zonin alla quale nemmeno io risparmio le mie più sincere congratulazioni.
I media nazionali si sono avviluppati sul legittimo lancio di marketing con articolisti ed articoli lanciati nel motto "Obama, brindisi made in italy" o "si beve italiano" e via così.
Poche ore prima in uno scantinato illustre presso la cantina Gaja in quel del Barbaresco il cortese Angelo Gaja intratteneva una ventina di wine blogger ed aficionados del vino (ottimo il report on line di Antonio Tombolini) sul tema consunto del Brunello di Montalcino la cui messa in commercio non propriamente cristallina (fraudolenta ?) di una quantità enormemente imprecisata quanto enormemente alta di vino denominato "Brunello" ha determinato per ora non la giusta punizione di qualcuno ma la richiesta di sostanziali modifiche del Disciplinare di Produzione del noto Sangiovense di Montalcino.
Lo specchio di due Italie, nessuna delle due però è quella vera.
Una piace per il suo impegno (Barboursville è una tenuta Zonin dal 1976) ed anche per la sua intelligenza nel curare il marketing (l'Octagon è di fatto un prodotto USA) sull'altra possiamo solo sperare: buona fortuna Brunello, pensare che tu si, tu sei davvero Made in Italy.
-
Octagon ottava edizione 2005 il vino prescelto che ha, giustamente, inorgoglito l'azienda Zonin alla quale nemmeno io risparmio le mie più sincere congratulazioni.
I media nazionali si sono avviluppati sul legittimo lancio di marketing con articolisti ed articoli lanciati nel motto "Obama, brindisi made in italy" o "si beve italiano" e via così.
Poche ore prima in uno scantinato illustre presso la cantina Gaja in quel del Barbaresco il cortese Angelo Gaja intratteneva una ventina di wine blogger ed aficionados del vino (ottimo il report on line di Antonio Tombolini) sul tema consunto del Brunello di Montalcino la cui messa in commercio non propriamente cristallina (fraudolenta ?) di una quantità enormemente imprecisata quanto enormemente alta di vino denominato "Brunello" ha determinato per ora non la giusta punizione di qualcuno ma la richiesta di sostanziali modifiche del Disciplinare di Produzione del noto Sangiovense di Montalcino.
Lo specchio di due Italie, nessuna delle due però è quella vera.
Una piace per il suo impegno (Barboursville è una tenuta Zonin dal 1976) ed anche per la sua intelligenza nel curare il marketing (l'Octagon è di fatto un prodotto USA) sull'altra possiamo solo sperare: buona fortuna Brunello, pensare che tu si, tu sei davvero Made in Italy.
-
martedì 13 gennaio 2009
TEROLDEGO VS RUGBY
Domenica 11 gennaio è stata giornata di Super10 (il massimo campionato di rugby, lo dico per i “vinologi” non appassionati di codesto sport) e in calendario c'era la super partita fra Rovigo e Petrarca Rugby (Padova) per quello che tutti amano chiamare : il Derby d’Italia.
Centoquarantunesima volta che i due club si incontrano (scontrano) ed una rivalità vissuta tutte le centoquaranta volte precedenti con intensità e passione dalle tifoserie e dalle squadre al punto che i propri team manager questa partita la raccomandano quasi più dello scudetto.
Padovani siamo, di fronte all'evidenza del derby ci muoviamo da bravi amiconi verso la vicina città polesana e, come spesso capita in queste non frequenti occasioni, organizziamo anche la sosta pranzo in opportuna trattoria precedentemente selezionata con, confesso, ingiustificato scetticismo. Per il gusto della tavola ordiniamo una cosa leggera ma comunque carne rossa ed allora chiamiamo con noi un sicuro amico: Teroldego grazie !
Poi ci guardiamo : ma perché Teroldego ?
Fra Mezzolombardo e Mezzocorona, in Trentino, la piana rotaliana (Campo Rotaliano), così si chiama e da questo il nome di Teroldego Rotaliano, ci regala una serie di vigneti di cui si hanno le prime notizie già negli ultimi anni del ‘400 e la leggenda dice che le sue vigne siano germogliate dal sangue di un drago ucciso da un temerario cavaliere.
Primo DOC del Trentino (dal 1971), vitigno autoctono, è il vino più rappresentativo della provincia di Trento ed anche il più amato a chi piace incrociare buone ma non esagerate gradazioni (dagli 11,5 gradi in su è detto “Superiore”e servono 24 mesi di invecchiamento per la denominazione "Riserva"), basso tannino con sapori fruttati di lampone e colore rosso rubino intenso. In generale questo è il Teroldego da disciplinare (gli aficionados del rugby a digiuno di cultura enologica ci diano una occhiata). Un vino sincero…ecco la risposta .…e poi c’è stata la partita.
Il rugby è un gioco di squadra e vince la squadra dove giocano tutti: i rossoblu rodigini lo hanno fatto ed hanno vinto sul campo (sigh).
Epilogo della trasferta, conclusasi comunque nella consueta armonia rugbistica, la notizia che i petrarchini faranno ricorso contro una decisione arbitrale errata e tenteranno di ottenere la ripetizione della partita. Ma gli errori degli arbitri, specie quello contestato, non facevano parte del gioco? Nella moderna società iper-consumistica anche lo sport vuole la sua nelle aule di giustizia ed ora anche nel rugby appare il sedicesimo uomo : l’avvocato.
Cari amici petrarchini le partite per vincerle a volte basta giocarle e questo non cambierà anche se doveste veramente chiedere ed ottenere cotanta ripetizione.
Partita non sincera a differenza dello schietto Teroldego servito a tavola, :non sincera la squadra petrarchina in campo, non sincero forse nemmeno il risultato. Domenica 11 gennaio : Teroldego batte Rugby uno a zero.
-
giovedì 8 gennaio 2009
SANTO STEFANO RUGGERI DOC, HAI TOCCATO !
Non erano mani esperte del mondo del vino quelle che poche sere fa mi hanno allungato il Santo Stefano del Ruggeri, credo che l'amico che ha avuto questo pensiero per me quando mi ha detto "beviamocela insieme" pensasse più ad una cortesia che alla possibilità che mi potesse interessare fino al punto di scriverne.
Ironia della sorte il primo vino di cui scrivo qui è...... si chiama Stefano e qui c'è poco da spiegare, si tratta di bollicine materia alla quale io sono ben poco affezionato, me lo ha portato uno scettico del bere, aggiungo che si tratta di prosecco altra materia alla quale non presto di solito troppa attenzione...ma...perdinci ...è stato bello trovarsi. Diciamolo !
Il clima freddo esterno ha favorito il suo ingresso in tavola alla naturale temperatura di circa 6/7 ° e fino a qui possiamo anche dire che la fortuna aiuta gli audaci.
Il santo Stefano è arrivato per accompagnare i primi dolci cremosi che annunciano il carnevale e si pensava questi ultimi prendessero il sopravvento nelle nostre fantasiose celebrazioni del gusto ma ha vinto lui.
Non credo fosse perchè avevamo voglia di dissertar di prosecco, in quanti lo fanno ancora con tanta passione? Rispetto a questo punto si mettano una mano sul cuore (ed una sulla coscienza) le cantine del celebre vino trevigiano: ne troviamo troppo in giro per aver voglia di pensare che è tutto proprio ...insomma veramente...a volte lo assaggi e pare...mha. Andiamo avanti.
Dicevamo del Santo Stefano di Ruggeri. Non esageratamente fruttati i primi profumi, dietro i suoi 11 gradi si fa trovare rotondo morbido e armonioso all'ingresso, perlage sottilissimo come se si preoccupasse di disturbare ed un equilibrio spesso sconosciuto alla varietà in questione. Molto più fruttato ma non esagerato il suo finale.
Una cosa semplice e delicata, elegante ma non sontuosa, sul Santo Stefano è impossibile meditarci sopra ma anche difficile non ricordarlo.
Serata interessante e per questa volta la cucina pasticcera ha dovuto piegarsi all'arte del vinaio di Valdobbiadene e provo per quanto accaduto un sottile piacere, ma non so il perchè.
Costo della bottiglia? Non lo so, pareva maleducato chiederlo, alla fine è solo una serata fra amici.
-
Ironia della sorte il primo vino di cui scrivo qui è...... si chiama Stefano e qui c'è poco da spiegare, si tratta di bollicine materia alla quale io sono ben poco affezionato, me lo ha portato uno scettico del bere, aggiungo che si tratta di prosecco altra materia alla quale non presto di solito troppa attenzione...ma...perdinci ...è stato bello trovarsi. Diciamolo !
Il clima freddo esterno ha favorito il suo ingresso in tavola alla naturale temperatura di circa 6/7 ° e fino a qui possiamo anche dire che la fortuna aiuta gli audaci.
Il santo Stefano è arrivato per accompagnare i primi dolci cremosi che annunciano il carnevale e si pensava questi ultimi prendessero il sopravvento nelle nostre fantasiose celebrazioni del gusto ma ha vinto lui.
Non credo fosse perchè avevamo voglia di dissertar di prosecco, in quanti lo fanno ancora con tanta passione? Rispetto a questo punto si mettano una mano sul cuore (ed una sulla coscienza) le cantine del celebre vino trevigiano: ne troviamo troppo in giro per aver voglia di pensare che è tutto proprio ...insomma veramente...a volte lo assaggi e pare...mha. Andiamo avanti.
Dicevamo del Santo Stefano di Ruggeri. Non esageratamente fruttati i primi profumi, dietro i suoi 11 gradi si fa trovare rotondo morbido e armonioso all'ingresso, perlage sottilissimo come se si preoccupasse di disturbare ed un equilibrio spesso sconosciuto alla varietà in questione. Molto più fruttato ma non esagerato il suo finale.
Una cosa semplice e delicata, elegante ma non sontuosa, sul Santo Stefano è impossibile meditarci sopra ma anche difficile non ricordarlo.
Serata interessante e per questa volta la cucina pasticcera ha dovuto piegarsi all'arte del vinaio di Valdobbiadene e provo per quanto accaduto un sottile piacere, ma non so il perchè.
Costo della bottiglia? Non lo so, pareva maleducato chiederlo, alla fine è solo una serata fra amici.
-
Iscriviti a:
Post (Atom)