Duccio è prima di tutto “malato di rugby”, solo dopo arriva la sua professione di giornalista “open”, la sua passione per i thriller o la letteratura noir; quelli che lo conoscono davvero bene potrebbero anche pensare che la sua “patologia ovale” possa anche superare lo smisurato amore per la sua Milano.
Il suo blog accompagna centinaia di appassionati di rugby dentro le grandi e le piccole notizie che la stampa sportiva, non solo perchè asservita totalmente al calcio, non da e non darà mai; ecco che allora il mondo blog diventa per il rugby, oggi più che mai, non “una” ma bensì “la” informazione. Duccio però nel suo Rugby 1823 ci mette qualcosa di più, ci mette la passione e i valori dell’ovale, racconta le manfrine del potere ed i risultati di tutti gli emisferi, le bizze dei campioni ma soprattutto le storie della gente. La gente del rugby. So cosa pensate, no, non è la stessa cosa.
Sentiamoci cosa ci racconta l'oval-blogger milanese: parola di blog.
per proseguire con questo post clicca su Continua
Ciao Duccio , tu segui il rugby o è lui che segue te?
Probabilmente è il rugby che perseguita mia moglie, che non ne può più di vedermi attaccato alla tv, al blog e girare il mondo dietro all’ovale.
Secondo te il rugby è 2.0 ?
Il rugby mondiale è già 3.0 nell’universo sportivo. In Italia, invece, credo che la palla ovale sia ferma al Dos e, se va bene, naviga a 56k, ma comunque in brutte acque.
La Federazione del Rugby è 2.0 ? Mallett sicuramente si visto che sceglie i giocatori tramite wikipendia!
La Federazione sta al rugby come un hacker sta a internet. Con la differenza che l’hacker sa benissimo cosa sta facendo, i federali danno l’impressione di non averne idea! Mallett, invece, è uno di quei virus che mentre scrivi su Word inizia a cancellare le parole, a mischiare le lettere, a ribaltare la schermata: insomma, dove passa lui non ci si capisce più nulla.
Il rugby è uno sport italiano o uno sport importato ? In tutti i casi ce lo dovremmo fare noi in casa o lo dobbiamo omologare ad altro ?
Il rugby è globale. Non esiste un rugby italiano, uno inglese, uno francese o uno sudafricano. Esistono filosofie diverse di pensare il rugby. Filosofie che si adattano ai fisici, agli atleti, alle caratteristiche e alla storia. Noi abbiamo 80 anni di storia, da cui partire per crescere. Cambiando, di sicuro, ma non buttando via un secolo di rugby italiano.
Il movimento rugbistico italiano è in grande crisi, la svolta parte dal basso o dall’alto?
Bella domanda. Dovrebbe partire dall’alto, ma visto chi c’è su… mi vien paura solo a pensarci. Se poi, però, volgo lo sguardo in basso, piango. Perché, al di là di migliaia di appassionati volenterosi, di rugbisti che sacrificano molto per la palla ovale, di genitori, bimbi, allenatori che fanno tantissimo per questo sport, purtroppo c’è anche tanto, troppo, provincialismo ed egoismo. Da dove far partire la svolta? Lo sapessi…
Chi è troppo in basso e chi troppo in alto nel movimento ora?
Troppo in basso: di sicuro le ragazze, snobbate dalla Federazione e dai media, mentre il rugby femminile è una bellissima realtà da far crescere. E poi molti uomini che hanno fatto la storia di questo sport, che lo hanno vissuto per decenni, che ancora lo vivono, ma che devono subire le imposizioni dall’alto. E chi c’è troppo in alto? Vai sul sito Fir, guarda l’elenco dei consiglieri federali, quello dei tecnici federali e di chi gestisce un po’ tutto. Ecco, loro. Se vuoi nomi e cognomi, beh, per iniziare devo capire il ruolo di Franco Ascione, Carlo Checchinato e Alessandro Troncon.
Meglio un rugby veloce diciamo “emisfero sud” o un rugby tecnico “europeo” ? perché?
Io preferisco il nostro sano, vecchio rugby europeo. Perché? Perché quello australe assomiglia sempre più al rugby league, tutto velocità, fisico e trequarti. Da noi, invece, un filo di pancetta non è reato e le mischie sono ancora il fulcro del gioco. E la mischia è il rugby.
10 anni di Sei Nazioni, un bilancio; 7 anni di Super10, un altro bilancio. Da che parte pende la bilancia?
Sei Nazioni: positivo. Dal punto di vista mediatico un successo, da quello tecnico una buona crescita prima dell’era Mallett. Ma si può ripartire.
Super10: fallimento più unico che raro. I match sono equilibrati? Sì, per un livellamento verso il basso. Poco appeal mediatico, poco appeal sportivo, troppi stranieri, pochissimi giovani italiani lanciati. E la sfiga (ops, sfida) di Sky: da quando possiamo goderci il rugby mondiale ogni settimana, vedere il nostro è triste.
La Celtic League davvero a cosa serve ? Secondo te chi ci andrà?
Se fatta bene può rivoluzionare il rugby italiano. In pochi anni ha risollevato le sorti delle tre nazioni celtiche, e i risultati lo dimostrano. Bisogna, però, che sia fatto in modo intelligente, sia nella scelta dei due club sia, soprattutto, nel non uccidere il campionato italiano. Chi ci va? Non ne ho la più pallida idea, ma se andassero Treviso e Calvisano, allora inizierei a pensare malissimo…
Ho incrociato per strada uno dei Dogi di trent’anni fa. Perché certe cose si sono fermate (Zebre, Lupi..) ? Non è forse anche questo il male del rugby? Non stiamo tradendo lo spirito di Selezione e torneistico qui da noi?
Dogi, come le Zebre o i Lupi, erano possibili una volta. E, anche allora, come momenti unici e rari. Lo spirito di selezione è un’invenzione moderna, del rugby professionistico. Vedi Celtic League o Super 14. I Barbarians, i Lions o i Dogi e le Zebre erano club a inviti, riservati e che si facevano attendere. Se i Lions facessero un tour ogni 6 mesi avrebbero lo stesso fascino che hanno ora? I Barbarians, spesso pieni di seconde scelte, hanno ancora fascino?
Cosa pensi di Dondi ?
Che ci ha portato nel 6 Nazioni e per questo entra di diritto nella storia di questo sport. Ma è, appunto, storia. Passata.
E lui cosa penserà di te?
Dubito perda il suo tempo a pensare a Duccio Fumero e al mio blog. Ma in Federazione c'è più di una persona che mi pensa... e tranne rare occasioni, non sono pensieri felici.
“I blog hanno fatto male al rugby” mi ha detto un grosso personaggio del rugby veneto una volta, non mi basta smentirlo, vorrei sapere secondo te perché me lo ha detto
Probabilmente perché un blog ha parlato male di lui. A parte gli scherzi, per molti personaggi del rugby l’idea di uscire dal ghetto in cui stavano così bene è difficile. Venir criticati, messi in discussione non è nelle loro corde. Non ci sono abituati. Da quando siamo nel 6 Nazioni la nazionale ha vissuto in un mondo ovattato. Mai criticata, mai messa in discussione. Fino a uno-due anni fa. Quando sono nati i blog, che non sono controllabili come la stampa. Come detto prima, il rugby in Italia è lontanissimo da essere 2.0 e molti che vivono di rugby da anni devono ancora capire cosa sia la comunicazione. Purtroppo ho un paio di esempi di bravi ragazzi rovinati da questa esposizione mediatica. Ora non sono più loro, e mi dispiace.
Perché scrivi di rugby on line, con il calcio ci faresti anche due euri
Non sottovalutare le potenzialità del rugby. Non mi fa vivere, ma il blog mi dà le mie soddisfazioni anche economiche. E poi, se dicessi quello che penso in un blog calcistico, avrei vita molto breve. Lì la verità non si può dire, neanche in un blog.
Milano ed il rugby oggi, perché solo così?
Milano soffre il dominio del calcio. Milano ha sofferto la faccenda Polisportiva Milan. E a Milano mancano i dirigenti che sappiano avvicinare i milanesi alla palla ovale. Ma sono fiducioso. La gente valida c'è, deve solo essere messa in grado di fare bene il suo lavoro. Perché, sotto sotto, l'humus rugbistico milanese è fertile e vivo.
Quando chiuderai il tuo blog ?
Quando il rugby avrà una tale visibilità, un tale spazio mediatico e i colleghi saranno messi in grado di raccontare il mondo della palla ovale quotidianamente da rendere inutile il blog. Ma forse, anche allora, mi terrei il mio piccolo angolo dove raccontare quel rugby che sui giornali non può venir raccontato
Grazie Duccio, chiaro ed esaustivo come sempre, non c'è più niente da dire tranne forse ricordare che : "Il rugby sono 14 uomini che lavorano insieme per dare al quindicesimo mezzo metro di vantaggio.".Questo non è da tutti ed è un esempio per tutti, anche per il rugby. PAROLA DI BLOG.
.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
“I blog hanno fatto male al rugby”... Eh, messa così suona male. Sforzandomi di capire il perchè di una simile affermazione, però, devo ammettere che (smussando un pò gli angoli) ci può essere del vero anche qui. Mi spiego: il rischio è che il blog permetta di parlare come un fiume in piena (mea condicio) anche a chi è incompetente o, peggio, in malafede. Se a macchiarsi di questi "peccati" è il curatore del blog stesso allora sono guai. Intendiamoci: il rischio non ci sarebbe se il tema del blog fosse abbastanza popolare da prevedere concorrenza fra blog perchè chi fa informazione in modo distorto o menzognero vedrebbe precipitare i suoi ascolti, alla lunga. Parlando di rugby, invece, siamo di fronte a un vuoto informativo, che può ancora essere riempito da qualcuno di partigianissimo, ad esempio, che però (facendo leva sulla diffusa ignoranza dell'argomento) si presenta come perfettamente imparziale, anzi magari addirittura come colui che insegnerà il rugby ai neofiti. Purtroppo il mondo è pieno di balle che sono diventate vere a furia di ripeterle; il caso Celtic League rappresenta un'autentica miniera in tal senso.
RispondiEliminaNon amo i commenti da Anonimo (almeno un nomignolo...) ma se sono puliti come quello di cui sopra ben vengano e sinceramente grazie,
RispondiEliminaIl blog è libertà e quindi la soluzione ai problemi di cui sopra è facile: se non ti piace cosa scrive il blogger o lo dici o smetti di leggerlo. Banale ma vero.
Caro Anonimo se hai in mente qualche blog in particolare fai il piacere di dirlo a chiare lettere qui, se invece la tua è solo pura esposizione teorica allora qui si chiude la partita.
Nel caso del Duccio Fumero, qui intervistato ed autore del famosissimo blog rugbistico RUGBY 1823, il commento non lo riguarda nella maniera più assoluta.
RUGBY 1823 è il miglior blog di informazione sul rugby esistetente: competente e pulito, pungente e dissacratore quando serve. Una cosa ho già avuto modo di dire di Duccio Fumero e del suo blog: se il blog è libertà Duccio spesso non fa uso della sua a vantaggio della informazione, questo è un vero esempio di buon giornalismo prima ancora che di blogger. Duccio del resto quello è, un giornalista.
Questo scalcagnatissimo blog ed il suo autore non seguono quella prassi, qui ci sono invece "impressioni e commenti su ..." (vedi in alto a destra); in pratica l'autore di questo blog usa questo spazio per dire la sua.
Io non sono un giornalista.... e forse anche un pessimo blogger ma tant'è!!!