A volte capita che invece di “un vino che non si dimenticherà mai” ti viene voglia di cercare un “vino dimenticato”.
Il consiglio di immergermi in una “schiava” arriva da Alberto, noto per altre passioni; ottima idea….adesso mi devo scegliere la cantina……ma si dai…. senza dubbio: quando è uscito l’ultimo nove???
Non sto dando i numeri, non che non capiti mai …. , insomma stavo dicendo….non siamo alle estrazioni del lotto ma in casa Girlan, zona Cornaiano , in Alto Adige e la Schiava (Vernatsch) è quella della “Fass N° 9” (fass in tedesco è botte in italiano) e, per capirci meglio, cito la Cantina Girlan “Per garantire la qualità costante, la "Botte numero 9" viene imbottigliata solo nelle migliori annate”.
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Siamo in compagnia della “Schiava Girlan Fass N° 9 2008”.
La schiava era fino a vent’anni fa il vigneto che occupava il 70% della superficie vitata in Alto Adige, oggi la percentuale è calata al 30% per lasciare spazio ai vari Gewurz & Co. Traminer & C., Pinot ed altri aperitivabili o intensi rossi figli del nuovo (buon) corso della nuova viticoltura altoatesina.
Sottovalutare la Schiava è però cosa almeno poco nobile, tutta la storia di questo vitigno ha datazione antica, si pensi, ad esempio, che il suo nome deriva da una tipologia di coltivazione delle viti in gran uso nel periodo medioevale; se la schiava in genere ha quindi una storia che viene da lontano la Botte N° 9 della Cantina Sociale Girlan, fondata nel 1923, è stata messa in bottiglia la prima volta nel 1962 e da quel dì è diventata una piccola leggenda: la leggenda di un vino semplice che nel farsi dimenticare ha il suo miglior modo per non essere mai dimenticato.
Versiamo la Schiava del nove quando ha una temperatura di 13°, scopriremo dopo che il miglior assaggio arriva però quando è a 16/17°, ci fa trovare un colore rosso limpido, non intenso, leggermente torbido ma non fastidioso, anzi, intrigante.
La prima passata al naso rilascia del lampone e della mesta ciliegia, una sensazione di leggerezza e di speziato, molto gradevole senza impegno.
L’assaggio conferma buoni tannini e leggera persistenza, sapidità e un buon giro in bocca che scompare abbastanza velocemente lasciandoti la sensazione di essere rimasto..…a metà; allora si ricomincia ed ecco i sapori della frutta di bosco che si fanno sentire ed una piacevole asprezza, la soddisfazione cresce quando il vino è a temperatura 15, li si sente l’apertura, si nota la sua tranquilla alcolicità e la sua breve complessità.
Non è classificabile come vino di pronta beva anche se non fa nulla per distanziarsi visibilmente dalla definizione. Insomma se questa schiava avesse più carattere potrebbe meritarsi qualche stellina in più nel panorama delle classificazioni enologiche anche se ascoltandola scendere sotto il palato sembra dire “prova a dimenticarmi se ci riesci…” . Un vino dispettoso.
Buona la schiava di Girlan, va bhe, è vero che questa non era nemmeno una schiava qualsiasi, era quella della numero nove.
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venerdì 31 luglio 2009
giovedì 23 luglio 2009
GARGANEGA VERONESE IGT 2008 BOSCAINI CARLO (CACCIA AL VININO?)
Mi ha colpito ed ho fatto mia la teoria dei “vinini”, l’autore di tanto diminutivo è il noto Angelo Peretti che sul suo InternetGourmet ammalia i più con una eno-logica aperta a interessanti digressioni.
Cito puntualmente il Peretti:”Mi piacciono, da sempre, i vini che si bevono. E quindi non disdegno i vinini, in contrapposizione coi vinoni tutto muscolo e palestra. Il che non vuol dire che un vino che abbia struttura e concentrazione non possa essere anche dotato di beva, ma certe marmellate tannico-alcoliche, scusate, ma io non riesco proprio a berle..”.
Uhm uhm io invece……….
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……..io invece certi colpacci di tannino li apprezzo eccome ma la ricerca del vinino è invidiabile, rientra nella consuetudine di bere bene e basta, senza doversi fermare troppo a compiacersi del legno e della viola appassita; allora, è il mio invito, venga dato corpo alla teoria del vinino, caro esteta dell’Internetgourmet apri le porte e stila le caratteristiche, che si apra la caccia al vinino!!
Io mi sono preso la libertà di cominciare la caccia senza il foglio di istruzioni ma è stato “quasi” un caso.
Il Boscaini Carlo in Valpolicella ha una posizione invidiabile sui declivi di San Ambrogio e mi ha fatto assaggiare un paio di cose interessanti, parleremo un giorno del suo Superiore Valpolicella, e poi ha tirato fuori il suo…….. vinino!!!
La Garganega Veronese IGT 2008 del Boscaini Carlo è uva garganega al 90 % il resto trebbiano toscano e malvasia, ci prende con i suoi 13 gradi alcolici (è ancora vinino?) ma la sua caratteristiche è che le sue uve sono raccolte a fine ottobre : vendemmia tardiva.
La Boscaini Carlo dichiara una lavorazione di 5 giorni in fermentazione naturale e 6 mesi di acciaio, 1 mese di barrique, 2 di bottiglia.
La sua Garganega ci dicono sia speciale se consumata sui 10-12 gradi centigradi ed allora così facciamo. Lo dico subito: l’esito è stato molto positivo.
Il “vinino” del Carlo è di un giallo chiaro che mette sicurezza con la sua unghia densa, si apre con un intenso profumo di mela dove si sovrappongono in via definitiva note tipiche della malvasia, olfatto tondo e gradevole, si fa notare anche se non è impegnativo. La discesa in bocca è gradevolmente aperta e di buona densità, si gustano i profumi di cui sopra ma, dopo un impatto da protagonista, si libera in una bevuta liscia dolce e quasi impalpabile; non persistente, finisce timidamente rilasciando la sua leggera punta di acidità.
Fresco nel bicchiere è una piccola soddisfazione ma anche quando la temperatura si alza non perde la sua piacevolezza e, soprattutto, non ha grandi muscoli di cui fare sfoggio.
E’ un vinino? Lo mettiamo nella lista ?? Mah, vedremo il Disciplinare del Vinino quando uscirà e, nel frattempo, buona caccia.
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Cito puntualmente il Peretti:”Mi piacciono, da sempre, i vini che si bevono. E quindi non disdegno i vinini, in contrapposizione coi vinoni tutto muscolo e palestra. Il che non vuol dire che un vino che abbia struttura e concentrazione non possa essere anche dotato di beva, ma certe marmellate tannico-alcoliche, scusate, ma io non riesco proprio a berle..”.
Uhm uhm io invece……….
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……..io invece certi colpacci di tannino li apprezzo eccome ma la ricerca del vinino è invidiabile, rientra nella consuetudine di bere bene e basta, senza doversi fermare troppo a compiacersi del legno e della viola appassita; allora, è il mio invito, venga dato corpo alla teoria del vinino, caro esteta dell’Internetgourmet apri le porte e stila le caratteristiche, che si apra la caccia al vinino!!
Io mi sono preso la libertà di cominciare la caccia senza il foglio di istruzioni ma è stato “quasi” un caso.
Il Boscaini Carlo in Valpolicella ha una posizione invidiabile sui declivi di San Ambrogio e mi ha fatto assaggiare un paio di cose interessanti, parleremo un giorno del suo Superiore Valpolicella, e poi ha tirato fuori il suo…….. vinino!!!
La Garganega Veronese IGT 2008 del Boscaini Carlo è uva garganega al 90 % il resto trebbiano toscano e malvasia, ci prende con i suoi 13 gradi alcolici (è ancora vinino?) ma la sua caratteristiche è che le sue uve sono raccolte a fine ottobre : vendemmia tardiva.
La Boscaini Carlo dichiara una lavorazione di 5 giorni in fermentazione naturale e 6 mesi di acciaio, 1 mese di barrique, 2 di bottiglia.
La sua Garganega ci dicono sia speciale se consumata sui 10-12 gradi centigradi ed allora così facciamo. Lo dico subito: l’esito è stato molto positivo.
Il “vinino” del Carlo è di un giallo chiaro che mette sicurezza con la sua unghia densa, si apre con un intenso profumo di mela dove si sovrappongono in via definitiva note tipiche della malvasia, olfatto tondo e gradevole, si fa notare anche se non è impegnativo. La discesa in bocca è gradevolmente aperta e di buona densità, si gustano i profumi di cui sopra ma, dopo un impatto da protagonista, si libera in una bevuta liscia dolce e quasi impalpabile; non persistente, finisce timidamente rilasciando la sua leggera punta di acidità.
Fresco nel bicchiere è una piccola soddisfazione ma anche quando la temperatura si alza non perde la sua piacevolezza e, soprattutto, non ha grandi muscoli di cui fare sfoggio.
E’ un vinino? Lo mettiamo nella lista ?? Mah, vedremo il Disciplinare del Vinino quando uscirà e, nel frattempo, buona caccia.
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mercoledì 22 luglio 2009
CELTIC LEAGUE E RITO CELTICO: TANTI DRUIDI MA POCA SERIETA', IL RUGBY PERDE ANCORA.
Qualche giorno per smaltire la "sbornia" da voto FIR ed ecco qui il commento sull’evento rugbistico dell’anno e forse anche qualcosa di più.
Della Celtic League ne abbiamo parlato qui e qui ed il giorno 18 luglio il gran Consiglio della FIR si è riunito per scegliere, fra quattro candidature, le due da proporre all’organizzazione nord-europea e fare entrare il rugby italiano nel paradiso del rugby continentale.
Il risultato lo conoscono ad oggi tutti e così anche le impressioni a caldo quindi riassumiamo per le spicce (ce la faremo …uhmmm). Il Consiglio è stato un trabocchettificio dei più intriganti dove il rugby è stato l’ultimo dei pensieri dei 19 consiglieri più il Presidentissimo Dondi che si sono esibiti nell’esercizio di democrazia più alto : il voto.
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Ogni personaggione FIR aveva a disposizione 2 preferenze (perché due ? Mah!) e un consigliere “avveduto” ha chiesto persino lo scrutinio segreto, qui già si doveva capire che qualcuno non pensava a fare “una cosa seria”, ma così si sono concessi i consiglieri.
I quattro in lizza in sintesi : Viadana con il nome di Aironi del Po, Duchi Nord ovest (che avevano dichiarato poche settimane prima che si ritiravano perché non avevano i soldi ma ce li siamo ritrovati misteriosamente alla votazione finale) Pretorians Roma , la cui squadra è un fascicolo cartaceo di promesse (non esiste di fatto) e la cui copertura economica “forse” sarà data da Enti Pubblici (con i nostri soldi insomma) ovvero Comune di Roma e Regione Lazio ed i soliti cattivoni del Benetton Treviso Rugby a rappresentare la culla del rugby italiano, ovvero il Veneto.
La votazione, sapete, dà esito maramaldesco e passano gli Aironi del Po e i romani; questi ultimi passano “alla romana”, giochetti di lobby, voti incrociati ecc ecc.
La piazza veneta insorge compatta ed unita (checché se ne dica) la Benetton stila un garbato e duro comunicato stampa. Il Dondi comincia a fremere, capisce che il pasticcio che lui ha permesso è grosso e minaccia Roma di ogni male possibile (quella di trasferire il 6 Nazioni altrove è carina ed un po’ ci spero); parte anche il fuoco di sbarramento para-romano “i veneti sono si sono fatti male da soli”. La situazione è ancora di fuoco perché alla fine lo hanno capito tutti : non si può lasciare fuori il Veneto dal rugby che conta, altra cosa che emerge piano piano è che Roma non c’entra niente in questa cosa, la votazione le è stata favorevole ma ……..il rugby cosa c’entra?
Lo scandalo si apre ancora di più, la FIR nel votare le due blasonabili ha anche deliberato due commissioni che ne analizzino il rispetto dei requisiti richiesti per essere ammesse al voto !! Ma allora le selezioni erano votabili o no ? Il tam tam dice alto e forte che Roma non ha i requisiti ma che ora (con la nomina in tasca) potrebbe recuperarli sul mercato, peccato che la Benetton Rugby i requisiti li avesse già il 18 luglio come previsto dalla FIR. A che gioco giochiamo ?? Perché Roma e Duchi nord-Ovest erano votabili se non avevano i requisiti richiesti per esserlo? Perché sono necessarie due commissioni per verificare quanto doveva essere verificato prima del voto del 18 luglio in quanto era oggetto di ammissione allo stesso?
La vicenda si sta evolvendo in queste ore fra giochi e giochetti, la sintesi è che tutti prendono coscienza che buttare fuori il Veneto dal rugby è un suicidio per il rugby.
Parte allora la macchina del doppio triplo gioco e del trabocchetto. In prima fila il Presidente Dondi. I giochi sono tutti aperti. Chi va in Celtic League? Ad oggi si può dire : non si sa.
Non è serio. Niente è serio in questa cosa. Non è serio il metodo di selezione delle candidature, non erano seri i requisiti necessari, non è serio aver fatto tutto senza pensare al rugby e prostrarsi e perdersi invece nel politichese esasperato, non è seria una Federazione sportiva che permette tutto questo, e dico tutto. Perché non è serio ripensarci dopo il voto, non è serio adesso escludere chi ha avuto il voto anche se non è serio come lo ha avuto ma c’è chi glielo ha permesso. Non è serio che il futuro del rugby ora sia in mano agli avvocati perché i suoi Dirigenti sono dei nani totali in fatto di gestione del movimento.
Non è serio che la FIR abbia permesso che ora si scateni una guerra interna al movimento che porta già in queste ore a fratture durissime e situazioni assurde in un ambiente conosciuto per il suo spirito di profonda amicizia e rispetto.
Non è serio che il Veneto, culla del rugby italiano, dove ci sono 41 degli 80 scudetti della massima serie disputati, dove solo quest’anno si sono vinti il massimo scudetto (Treviso) gli scudetti Under 19 e Under 17 (Petrarca Padova) e Under 15 (Valsugana Padova) e dove c’è in assoluto la maggior affluenza di pubblico, vivaio giovanile, tesserati ed appassionati, non sia stata ammessa. Non è serio però non pensare al resto dell’Italia rugbistica: tutta intera !
Non c’è nulla di serio ed ora si può auspicare, per risolvere un pasticcio del genere, solo in una soluzione poco seria, squallida e poco seria; perché solo questo può accadere ora.
Quindi ora andrà così ma dopo bisogna venga fatta una cosa seria: si dimetta il Presidente Dondi e tutto questo Consiglio FIR. Grazie di tutto, anche della squallidissima e coraggiosa soluzione finale che nel frattempo avrete trovato; grazie ma tutti a casa perché il rugby, nonostante voi, è una cosa seria.
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Della Celtic League ne abbiamo parlato qui e qui ed il giorno 18 luglio il gran Consiglio della FIR si è riunito per scegliere, fra quattro candidature, le due da proporre all’organizzazione nord-europea e fare entrare il rugby italiano nel paradiso del rugby continentale.
Il risultato lo conoscono ad oggi tutti e così anche le impressioni a caldo quindi riassumiamo per le spicce (ce la faremo …uhmmm). Il Consiglio è stato un trabocchettificio dei più intriganti dove il rugby è stato l’ultimo dei pensieri dei 19 consiglieri più il Presidentissimo Dondi che si sono esibiti nell’esercizio di democrazia più alto : il voto.
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Ogni personaggione FIR aveva a disposizione 2 preferenze (perché due ? Mah!) e un consigliere “avveduto” ha chiesto persino lo scrutinio segreto, qui già si doveva capire che qualcuno non pensava a fare “una cosa seria”, ma così si sono concessi i consiglieri.
I quattro in lizza in sintesi : Viadana con il nome di Aironi del Po, Duchi Nord ovest (che avevano dichiarato poche settimane prima che si ritiravano perché non avevano i soldi ma ce li siamo ritrovati misteriosamente alla votazione finale) Pretorians Roma , la cui squadra è un fascicolo cartaceo di promesse (non esiste di fatto) e la cui copertura economica “forse” sarà data da Enti Pubblici (con i nostri soldi insomma) ovvero Comune di Roma e Regione Lazio ed i soliti cattivoni del Benetton Treviso Rugby a rappresentare la culla del rugby italiano, ovvero il Veneto.
La votazione, sapete, dà esito maramaldesco e passano gli Aironi del Po e i romani; questi ultimi passano “alla romana”, giochetti di lobby, voti incrociati ecc ecc.
La piazza veneta insorge compatta ed unita (checché se ne dica) la Benetton stila un garbato e duro comunicato stampa. Il Dondi comincia a fremere, capisce che il pasticcio che lui ha permesso è grosso e minaccia Roma di ogni male possibile (quella di trasferire il 6 Nazioni altrove è carina ed un po’ ci spero); parte anche il fuoco di sbarramento para-romano “i veneti sono si sono fatti male da soli”. La situazione è ancora di fuoco perché alla fine lo hanno capito tutti : non si può lasciare fuori il Veneto dal rugby che conta, altra cosa che emerge piano piano è che Roma non c’entra niente in questa cosa, la votazione le è stata favorevole ma ……..il rugby cosa c’entra?
Lo scandalo si apre ancora di più, la FIR nel votare le due blasonabili ha anche deliberato due commissioni che ne analizzino il rispetto dei requisiti richiesti per essere ammesse al voto !! Ma allora le selezioni erano votabili o no ? Il tam tam dice alto e forte che Roma non ha i requisiti ma che ora (con la nomina in tasca) potrebbe recuperarli sul mercato, peccato che la Benetton Rugby i requisiti li avesse già il 18 luglio come previsto dalla FIR. A che gioco giochiamo ?? Perché Roma e Duchi nord-Ovest erano votabili se non avevano i requisiti richiesti per esserlo? Perché sono necessarie due commissioni per verificare quanto doveva essere verificato prima del voto del 18 luglio in quanto era oggetto di ammissione allo stesso?
La vicenda si sta evolvendo in queste ore fra giochi e giochetti, la sintesi è che tutti prendono coscienza che buttare fuori il Veneto dal rugby è un suicidio per il rugby.
Parte allora la macchina del doppio triplo gioco e del trabocchetto. In prima fila il Presidente Dondi. I giochi sono tutti aperti. Chi va in Celtic League? Ad oggi si può dire : non si sa.
Non è serio. Niente è serio in questa cosa. Non è serio il metodo di selezione delle candidature, non erano seri i requisiti necessari, non è serio aver fatto tutto senza pensare al rugby e prostrarsi e perdersi invece nel politichese esasperato, non è seria una Federazione sportiva che permette tutto questo, e dico tutto. Perché non è serio ripensarci dopo il voto, non è serio adesso escludere chi ha avuto il voto anche se non è serio come lo ha avuto ma c’è chi glielo ha permesso. Non è serio che il futuro del rugby ora sia in mano agli avvocati perché i suoi Dirigenti sono dei nani totali in fatto di gestione del movimento.
Non è serio che la FIR abbia permesso che ora si scateni una guerra interna al movimento che porta già in queste ore a fratture durissime e situazioni assurde in un ambiente conosciuto per il suo spirito di profonda amicizia e rispetto.
Non è serio che il Veneto, culla del rugby italiano, dove ci sono 41 degli 80 scudetti della massima serie disputati, dove solo quest’anno si sono vinti il massimo scudetto (Treviso) gli scudetti Under 19 e Under 17 (Petrarca Padova) e Under 15 (Valsugana Padova) e dove c’è in assoluto la maggior affluenza di pubblico, vivaio giovanile, tesserati ed appassionati, non sia stata ammessa. Non è serio però non pensare al resto dell’Italia rugbistica: tutta intera !
Non c’è nulla di serio ed ora si può auspicare, per risolvere un pasticcio del genere, solo in una soluzione poco seria, squallida e poco seria; perché solo questo può accadere ora.
Quindi ora andrà così ma dopo bisogna venga fatta una cosa seria: si dimetta il Presidente Dondi e tutto questo Consiglio FIR. Grazie di tutto, anche della squallidissima e coraggiosa soluzione finale che nel frattempo avrete trovato; grazie ma tutti a casa perché il rugby, nonostante voi, è una cosa seria.
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lunedì 20 luglio 2009
L'ARISTOCRATICO DEL REDI : NOBILE DI MONTEPULCIAMO 2001 DOCG
Era un momento importante, si trattava di dare l’assaggio ad una prelibatezza senese, il Nobile di Montepulciano 2001 DOCG delle Cantine Redi., allora prontiii...via!
La zonazione di questa campione della Toscana è semplice: Comune di Montepulciano, 70 Km da Siena, 120 da Firenze e solo 40 da Montalcino........magari fateci un pensierino per le vacanze perché è un posticino incantevole.
Si diceva della zonazione……si…..è semplice ma anche ben circoscritta, un piccolo territorio che produce circa 27.000 ettolitri di vino adatto ad essere “Nobile” e dove le migliori vigne si trovano nelle aree di Caggiole, Sanguineto, Gracciano e Cervognano, qui infatti l' argilla è frammista a sabbia.
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Le Cantine del Redi gestiscono la produzione di otto vigneti nella zona ed esprimono, oltre al nostro protagonista, il Riccio (grechetto & sauvignon per un bianco interessante) Vinsanto, Orbaio e Argo (sangiovese) e ancora il Rosso di Montepulciano.
Il nostro Nobile si presenta con i suoi 13,5 gradi di alcol, viene da due anni di botti di rovere di slavonia che hanno custodito il suo tipico Uvaggio di Prugnolo Gentile: 80% Sangiovese, 15% Canaiolo Nero e 5% di Mammola. Prima di farsi il viaggio in botte si è adagiato in tini di acciaio inox ad una temperatura di 28°-30° per una durata di fermentazione e macerazione di 15-20 gg.
Il colore è forte e di un rubino intenso e profondo con unghia scura e densa, si appoggia docilmente al naso lasciandosi dietro un po’ di legno insieme alla frutta rossa ed alle bacche, la mammola si fa sentire. Non lascieresti mai il livello olfattivo tanto è piacevolmente pulito e gradevole. Al palato è intatto, un corpo unico, finemente strutturato, leggero e forte allo stesso tempo, amabile, amaro, assolutamente non esagerato nei tannini. Equilibrato e serioso per una bevuta sontuosa ed importante che sa di legno e fiori. Un vino veramente di ottima fattura, di ottimo equilibrio, piacevole ed impegnativo allo stesso tempo. Un Nobile di Montepulciano di quell'alto livello che fa onore alla casata dei Redi…....Nobile appunto
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La zonazione di questa campione della Toscana è semplice: Comune di Montepulciano, 70 Km da Siena, 120 da Firenze e solo 40 da Montalcino........magari fateci un pensierino per le vacanze perché è un posticino incantevole.
Si diceva della zonazione……si…..è semplice ma anche ben circoscritta, un piccolo territorio che produce circa 27.000 ettolitri di vino adatto ad essere “Nobile” e dove le migliori vigne si trovano nelle aree di Caggiole, Sanguineto, Gracciano e Cervognano, qui infatti l' argilla è frammista a sabbia.
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Le Cantine del Redi gestiscono la produzione di otto vigneti nella zona ed esprimono, oltre al nostro protagonista, il Riccio (grechetto & sauvignon per un bianco interessante) Vinsanto, Orbaio e Argo (sangiovese) e ancora il Rosso di Montepulciano.
Il nostro Nobile si presenta con i suoi 13,5 gradi di alcol, viene da due anni di botti di rovere di slavonia che hanno custodito il suo tipico Uvaggio di Prugnolo Gentile: 80% Sangiovese, 15% Canaiolo Nero e 5% di Mammola. Prima di farsi il viaggio in botte si è adagiato in tini di acciaio inox ad una temperatura di 28°-30° per una durata di fermentazione e macerazione di 15-20 gg.
Il colore è forte e di un rubino intenso e profondo con unghia scura e densa, si appoggia docilmente al naso lasciandosi dietro un po’ di legno insieme alla frutta rossa ed alle bacche, la mammola si fa sentire. Non lascieresti mai il livello olfattivo tanto è piacevolmente pulito e gradevole. Al palato è intatto, un corpo unico, finemente strutturato, leggero e forte allo stesso tempo, amabile, amaro, assolutamente non esagerato nei tannini. Equilibrato e serioso per una bevuta sontuosa ed importante che sa di legno e fiori. Un vino veramente di ottima fattura, di ottimo equilibrio, piacevole ed impegnativo allo stesso tempo. Un Nobile di Montepulciano di quell'alto livello che fa onore alla casata dei Redi…....Nobile appunto
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lunedì 13 luglio 2009
UNITED COLORS OF VENETO: LA CELTIC LEAGUE OVALE VETTA DELLO SPORT DEL NORD-EST
In un colpo solo con il rumore assordante di uno schianto due società calcistiche venete blasonate sono precipitate in un sabato d’estate nella categoria Dilettanti e due città si sono ritrovate senza “il grande calcio”. Mica cosette da ridere, le città sono Venezia e Treviso.
Il calcio veneziano non gode di buona salute da molti anni, troppi soldi da spendere per giocare ad alti livelli nel calcio e troppo poco il ritorno per una città che …non ha bisogno del calcio per “esserci”.
Il rugby veneziano di vertice non gioca a Venezia ma a Favaro Veneto (estrema frazione di terraferma), ha una Società in linea con le sue limitate ambizioni, realista e con un buon spirito rugbistico, soliti problemi di budget ma pare tutto ok; fino a mille spettatori a partita.
Per Treviso la situazione è già diversa, facciamola corta : il calcio a Treviso non ha mai avuto grande spazio, poco interesse e pochi spettatori; Treviso era ed è una città molto legata al rugby, quest’ultimo ha riversato soddisfazioni e vittorie e soprattutto molti scudetti.
Treviso è, come non bastasse, una città piena di scudetti, piovuti, oltre che dal rugby, dal volley e dal basket: tutto etichettato rigidamente Benetton.
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Aggiungiamo una terza dimensione al fenomeno e parliamo di Padova: il rugby non vince uno scudetto dagli anni ottanta, le ultime altalenanti ed incerte stagioni di Super10 hanno creato disaffezione fra il pubblico che è progressivamente calato, in città di rugby se ne parla sempre meno, la tradizione ovale è in forte pericolo. Il Petrarca Rugby, nonostante tutti gli anni di Super10, da sempre vive in una dimensione elitaria che è la sua forza, la sua salvezza ed il suo grande limite.
Il Padova Calcio invece proprio quest’anno raggiunge la Serie B creando in città un entusiasmo ed una partecipazione che non si vedeva da tempo nello sport padovano, la città si scopre “biancorossa” dando una profonda e vera scossa sportiva che il massimo rugby locale non ha mai messo in preventivo di dare.
Rovigo ed il rugby è un caso a se, bellissimo ed appassionante, meriterebbe un “premio speciale” ma al rugby rodigino mancano completamente i soldi.
Riassumendo : affonda il calcio a Venezia e Treviso, nel Veneto occidentale calcistico Vicenza e Verona sono da anni al palo, nel rugby il Venezia riparte dalla base e, a Padova, il Petrarca abdica a favore del calcio e pare scegliere la sua tradizionale e consueta formula del “pochi buoni e dilettanti”; non c’è volley e basket che tengano, nelle due discipline al coperto le più forti realtà venete di questi sport sono comunque sempre marcate ….Benetton.
Ecco quindi lo scenario dello sport veneto, in questo contesto il Benetton Rugby Treviso si candida a partecipare alla super vetrina continentale della palla ovale: la Celtic League.
Uno scenario sportivo veneto con un solo grande attore, Benetton, ed il rugby che pare essere, nel progetto verde, in cima alla vetta.
Vista così la Celtic League è per la Benetton Treviso un investimento oculato e molto serio, una idea forte per rendere protagonista la Società verde anche nella palla ovale continentale; una scelta totalmente sportiva ma con concrete basi di marketing e penetrazione commerciale a livello europeo. Nel conto rientra anche e soprattutto la vision realistica di poter coinvolgere in questo progetto professionistico tutto il nord-est e tutti i fan dell'ovale, di qualsiasi......colore!
Ecco un motivo per cui Treviso vuole andare da sola in Celtic League, i Leoni trevigiani hanno costruito una cosa seria, una cosa da veri professionisti. Non è il Super10.
Diamo merito e chi ce l’ha e smettiamo di guardare solo al campanile, il Benetton Rugby sa fare i suoi conti, speriamo possa essere una spinta per tutto il movimento ovale.
Nessuna contestazione a chi fa la scelta del dilettantismo, tutt’altro. Dilettanti lo si è sempre quando si comincia una attività, poi si può anche insistere nel voler restare tali per stile, limite, vocazione o “tradizione”, senza lamentarsi però se si deve lasciare al professionista il suo “spazio”.
Treviso pensa in grande e vuole il professionismo. Altri no. Allora ad ognuno il suo: United Colors of Veneto.
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Il calcio veneziano non gode di buona salute da molti anni, troppi soldi da spendere per giocare ad alti livelli nel calcio e troppo poco il ritorno per una città che …non ha bisogno del calcio per “esserci”.
Il rugby veneziano di vertice non gioca a Venezia ma a Favaro Veneto (estrema frazione di terraferma), ha una Società in linea con le sue limitate ambizioni, realista e con un buon spirito rugbistico, soliti problemi di budget ma pare tutto ok; fino a mille spettatori a partita.
Per Treviso la situazione è già diversa, facciamola corta : il calcio a Treviso non ha mai avuto grande spazio, poco interesse e pochi spettatori; Treviso era ed è una città molto legata al rugby, quest’ultimo ha riversato soddisfazioni e vittorie e soprattutto molti scudetti.
Treviso è, come non bastasse, una città piena di scudetti, piovuti, oltre che dal rugby, dal volley e dal basket: tutto etichettato rigidamente Benetton.
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Aggiungiamo una terza dimensione al fenomeno e parliamo di Padova: il rugby non vince uno scudetto dagli anni ottanta, le ultime altalenanti ed incerte stagioni di Super10 hanno creato disaffezione fra il pubblico che è progressivamente calato, in città di rugby se ne parla sempre meno, la tradizione ovale è in forte pericolo. Il Petrarca Rugby, nonostante tutti gli anni di Super10, da sempre vive in una dimensione elitaria che è la sua forza, la sua salvezza ed il suo grande limite.
Il Padova Calcio invece proprio quest’anno raggiunge la Serie B creando in città un entusiasmo ed una partecipazione che non si vedeva da tempo nello sport padovano, la città si scopre “biancorossa” dando una profonda e vera scossa sportiva che il massimo rugby locale non ha mai messo in preventivo di dare.
Rovigo ed il rugby è un caso a se, bellissimo ed appassionante, meriterebbe un “premio speciale” ma al rugby rodigino mancano completamente i soldi.
Riassumendo : affonda il calcio a Venezia e Treviso, nel Veneto occidentale calcistico Vicenza e Verona sono da anni al palo, nel rugby il Venezia riparte dalla base e, a Padova, il Petrarca abdica a favore del calcio e pare scegliere la sua tradizionale e consueta formula del “pochi buoni e dilettanti”; non c’è volley e basket che tengano, nelle due discipline al coperto le più forti realtà venete di questi sport sono comunque sempre marcate ….Benetton.
Ecco quindi lo scenario dello sport veneto, in questo contesto il Benetton Rugby Treviso si candida a partecipare alla super vetrina continentale della palla ovale: la Celtic League.
Uno scenario sportivo veneto con un solo grande attore, Benetton, ed il rugby che pare essere, nel progetto verde, in cima alla vetta.
Vista così la Celtic League è per la Benetton Treviso un investimento oculato e molto serio, una idea forte per rendere protagonista la Società verde anche nella palla ovale continentale; una scelta totalmente sportiva ma con concrete basi di marketing e penetrazione commerciale a livello europeo. Nel conto rientra anche e soprattutto la vision realistica di poter coinvolgere in questo progetto professionistico tutto il nord-est e tutti i fan dell'ovale, di qualsiasi......colore!
Ecco un motivo per cui Treviso vuole andare da sola in Celtic League, i Leoni trevigiani hanno costruito una cosa seria, una cosa da veri professionisti. Non è il Super10.
Diamo merito e chi ce l’ha e smettiamo di guardare solo al campanile, il Benetton Rugby sa fare i suoi conti, speriamo possa essere una spinta per tutto il movimento ovale.
Nessuna contestazione a chi fa la scelta del dilettantismo, tutt’altro. Dilettanti lo si è sempre quando si comincia una attività, poi si può anche insistere nel voler restare tali per stile, limite, vocazione o “tradizione”, senza lamentarsi però se si deve lasciare al professionista il suo “spazio”.
Treviso pensa in grande e vuole il professionismo. Altri no. Allora ad ognuno il suo: United Colors of Veneto.
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sabato 11 luglio 2009
CECCHETTO SI, MA QUALE ? PINOT GRIGIO DOC 2007.
Sfogliatevi queste righe con calma e rasserenatevi in partenza: qui non ne va una dritta.
Questa cosa nasce dalla segnalazione di un amico che, in fase canzonatoria pre-estiva, declamava, sfruttando la omonimia della cognomatio (???), “anche io c’ho la mia cantina”. Ecco che ti spunta il Cecchetto (Azienda Agricola naturalmente). Un giochetto di parole perchè l'amico in questione non di vino si occupa ma di tributi e grane contabili.
A lui io premetto : potevi spacciarti per un DJ, magari di altri tempi, oppure pensa alla gioia degli amici se invece la Cecchetto in questione era la Marta (casualità?), nota fotomodella di ampia bellezza. Non ne va una dritta, hai preferito legarti al vino (a me va bene eh?) ma cosa dirà la Marta ???
Allora parliamo di vino ed andiamo sul Piave.
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Eccomi a rilevare allora una bottiglia della nota cantina di cui sopra ed a litigare con la logica, non me ne voglia il Giorgio Cecchetto (ovvero quello della cantina eh!), perché tutti sanno che da quella parte del Piave di Raboso si ama parlare mentre io, testardo, mi voglio cimentare con un denso Pinot Grigio.
Allora diciamola tutta, per il Raboso del Piave tempo al tempo. Non di solo Prosecco vive la Marca………..e lo dimostreremo.
Per ora stiamo light e mettiamoci in testa l’assaggio del Pinot Grigio 2007 DOC della Azienda Agricola Cecchetto di Tezze di Piave (TV).
La Cecchetto registra questa produzione fra i suoi “altri vini”, la diminuzione del Pinot Grigio in questione è, diciamo, di cantina, la cosa mi incuriosisce ancora di più e vi spiego il perché.
Chiaro che questa cantina, come altre del Piave vogliano far parlare di Raboso, ma allora, se metti in circolazione “altro”, non è che poi lo presenti come un campione di Terroir: “Terreno alluvionale e ben drenato derivato dalla sedimentazione nel corso dei secoli dei detriti ghiaiosi portati dalle piene del fiume Piave……”, siamo davanti ad una diminuzione di marketing, un fare spazio……bhe….bando alle ciance assaggiamolo.
Nel bicchiere è giallo intenso, oro pesante nell’unghia, profumazione intensa di frutta, grossa e capace; i suoi 12, 5 gradi di alcol sono tutti nella bevuta che è, anche a temperatura bassa, corposa e piacevolmente molto, decisamente molto, pungente. Non completamente equilibrato il Pinot Grigio del Cecchetto ricorda alte esposizioni in soleggiata e persistenza che non scende sotto il palato lasciando una dolce note di frutta di mela, prugna e forte aroma. Un buon Pinot Grigio che vale il prezzo pagato e che magari servito in forma estiva può dare delle soddisfazioni inaspettate.
Secondo me la “diminuzione” è eccessiva, caro Maestro Giorgio Cecchetto, magari insistendo di più qui si ricava qualcosa di competitivo, lo so che il Raboso…….ok, allora ci vedremo anche con quello.
Grazie della buona compagnia a Cecchetto ed al vino del Piave.
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Questa cosa nasce dalla segnalazione di un amico che, in fase canzonatoria pre-estiva, declamava, sfruttando la omonimia della cognomatio (???), “anche io c’ho la mia cantina”. Ecco che ti spunta il Cecchetto (Azienda Agricola naturalmente). Un giochetto di parole perchè l'amico in questione non di vino si occupa ma di tributi e grane contabili.
A lui io premetto : potevi spacciarti per un DJ, magari di altri tempi, oppure pensa alla gioia degli amici se invece la Cecchetto in questione era la Marta (casualità?), nota fotomodella di ampia bellezza. Non ne va una dritta, hai preferito legarti al vino (a me va bene eh?) ma cosa dirà la Marta ???
Allora parliamo di vino ed andiamo sul Piave.
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Eccomi a rilevare allora una bottiglia della nota cantina di cui sopra ed a litigare con la logica, non me ne voglia il Giorgio Cecchetto (ovvero quello della cantina eh!), perché tutti sanno che da quella parte del Piave di Raboso si ama parlare mentre io, testardo, mi voglio cimentare con un denso Pinot Grigio.
Allora diciamola tutta, per il Raboso del Piave tempo al tempo. Non di solo Prosecco vive la Marca………..e lo dimostreremo.
Per ora stiamo light e mettiamoci in testa l’assaggio del Pinot Grigio 2007 DOC della Azienda Agricola Cecchetto di Tezze di Piave (TV).
La Cecchetto registra questa produzione fra i suoi “altri vini”, la diminuzione del Pinot Grigio in questione è, diciamo, di cantina, la cosa mi incuriosisce ancora di più e vi spiego il perché.
Chiaro che questa cantina, come altre del Piave vogliano far parlare di Raboso, ma allora, se metti in circolazione “altro”, non è che poi lo presenti come un campione di Terroir: “Terreno alluvionale e ben drenato derivato dalla sedimentazione nel corso dei secoli dei detriti ghiaiosi portati dalle piene del fiume Piave……”, siamo davanti ad una diminuzione di marketing, un fare spazio……bhe….bando alle ciance assaggiamolo.
Nel bicchiere è giallo intenso, oro pesante nell’unghia, profumazione intensa di frutta, grossa e capace; i suoi 12, 5 gradi di alcol sono tutti nella bevuta che è, anche a temperatura bassa, corposa e piacevolmente molto, decisamente molto, pungente. Non completamente equilibrato il Pinot Grigio del Cecchetto ricorda alte esposizioni in soleggiata e persistenza che non scende sotto il palato lasciando una dolce note di frutta di mela, prugna e forte aroma. Un buon Pinot Grigio che vale il prezzo pagato e che magari servito in forma estiva può dare delle soddisfazioni inaspettate.
Secondo me la “diminuzione” è eccessiva, caro Maestro Giorgio Cecchetto, magari insistendo di più qui si ricava qualcosa di competitivo, lo so che il Raboso…….ok, allora ci vedremo anche con quello.
Grazie della buona compagnia a Cecchetto ed al vino del Piave.
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domenica 5 luglio 2009
"FAMIGLIE DELL'AMARONE D'ARTE" CONTRO LA OMOLOGAZIONE DEL GUSTO
Il fatto è di quelli che uno auspica ma quando poi accade lascia un po’ storditi, prova della debolezza della natura umana o semplicemente del fatto che non siamo abituati che accada veramente qualcosa nel mondo vitivinicolo italiano.
Le dieci maggiori etichette del prestigioso vino della Valpolicella, l’Amarone, hanno fatto squadra costituendo una associazione denominata “Famiglie dell’Amarone d’arte”.
La famiglie in questione sono : Allegrini, Brigaldara, Masi, Musella, Nicolis, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Zenato. Wow !!.
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La notizia, che trovate ormai ovunque ma vi segnalo qui e qui, è di quelle che fanno tremare i polsi.
“L’amarone deve rimanere raro e caro - dice Sandro Boscaini Presidente della neonata illustre associazione- stop quindi alle logiche low cost e all’omologazione del gusto per compiacere i palati anglofoni. La fortuna e il fascino del nostro vino sta nella propria identità, una personalità che si è cementata negli anni ed è frutto della sapiente arte di produttori specializzati e storici. Oggi noi vogliamo ribadire questi valori, senza condizioni”
Dicesi controtendenza, ovvero un no secco rispetto alle logiche delle 16 milioni di bottiglie di Amarone annunciate dal Consorzio Valpolicella, no alla svendita di un vino fra i più illustri del nostro suolo nazionale, insomma un attacco pieno all’appiattimento del sapore.
Continua il Presidente Boscaini : “natura e tradizione hanno regalato alla Valpolicella un patrimonio unico anche in termini di marketing, grazie a una differenziazione di prodotti capace di presidiare diversi segmenti di mercato, dal semplice e beverino Valpolicella al più importante Valpolicella Classico Superiore, dal corposo Ripasso al sontuoso Amarone. Ma oggi si sta sciupando questa diversità con azioni avventate che confondono il consumatore e gettano nel discredito un intero territorio. Oggi una bottiglia di Amarone “da banco” - conclude Boscaini - si può trovare perfino a 10-12 euro, mentre un Amarone della Valpolicella degno di questo nome non ne potrebbe costare meno di 25”. Eh si , dodici euro eh ? Stefano il Nero ne aveva parlato qui.
Le “Famiglie dell’Amarone d’arte” hanno adottato una propria restrizione al disciplinare di produzione e, fatto tutto questo, alla fine hanno confermato la propria fiducia al Consorzio Tutela Vini Valpolicella. (???).
FederVini, associazione legata a Confindustria che ha in questi giorni rinnovato la propria Presidenza affidandola a Lamberto Vallarino Gancia, ha snocciolato i dati del 2008. Uno su tutti : le esportazioni di vino sono calate di oltre il 5% ma il valore esportato è aumentato del 3%. Il mercato chiede meno prodotto ma più qualificato ed è per questo disposto a pagarlo di più.
Non c’è voglia di nobiltà, di ghetto dorato o altre amenità di questo tipo nella posizione delle “Famiglie dell’Amarone d’arte” ma semplicemente una lettura sincera di una situazione peraltro non nuova nella Valpolicella; recuperare la vera essenza del fare vino, ovvero la sua reale identità, questa la strada da seguire per fare scelte di consapevolezza nel guardare al mercato.
Non sono il mercato o il trend a segnare il valore ed il sapore di un vino come l’Amarone ma la sua grande individualità.
“Famiglie dell’Amarone d’arte” è una provocazione ed uno strumento in mano a tutto il mondo vitivinicolo italiano per fare i conti con se stesso e le proprie debolezze, auguriamoci che funzioni, non solo per l’Amarone. Per tutti.
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giovedì 2 luglio 2009
TRE VOLTE TRE : IL RUGBY NON E' UGUALE PER TUTTI
Il rugby non è uguale per tutti.
Tre fatti accaduti uno in successione all’altro, tre situazioni diverse dettate e presentate da tre uomini diversi, tre modi diversi di vivere il rugby, una questione di stile ?? Si, ma anche molto di più: tre modi di credere nelle vere regole del rugby, quelle non scritte.
Uno si chiama Dondi, l'altro Casali, l’ultimo Innocenti. Allora via con il racconto delle tre volte tre.
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Primo uomo : il Presidente della Federazione Italiana Rugby Giancarlo Dondi
La Rugby World Cup Limited boccia il 30 giugno 2009 la nostra candidatura ad ospitare i mondiali preferendoci per il 2015 la solita attrezzatissima Inghilterra e per il 2019 il Giappone (!!). Il mondo ha guardato le recenti vicende della “politica rugbistica” italiana e ci ha bocciati.
A seguito di ciò il Presidente dichiara fra l’altro “….speravo in un’apertura del rugby a nuove nazioni che invece non c’è stata”. Perché il Giappone cosa è ?? Il Giappone non ha mai ospitato un mondiale ed è al 14° posto nel ranking mondiale, l’Italia è al 12°, se noi siamo un “paese emergente” gli omini del Sol Levante lo sono addirittura di più. Da Dondi la solita risposta bluff, la bugia, l’ingannevole surplace, il pensiero rivolto alla politica e non allo sport, la sconfitta che non viene accettata per quello che è. Questo è rugby ?
Secondo uomo : il Presidente del Calvisano Rugby Francesco Casali.
Con un comunicato stampa affisso il 29 giugno 2009 sul sito internet della Società Sportiva, il Presidente della società bresciana dichiara il ritiro del suo prestigioso Club dal massimo campionato di Rugby, il quasi defunto Super10, e l’iscrizione alla Serie A. Motivazione: la crisi economica.
La motivazione viene ampiamente sostenuta nel comunicato ma traspare evidente un calcolo poco sportivo nel ritiro; un calcolo però assolutamente legittimo perché risultante dalle assurde regole imposte dalla Federazione per il prossimo Super10. Un calcolo che potrebbe addirittura puntare a rivedere Calvisano nel più prestigioso Super 12 della stagione 2010/2011.
A Calvisano la possibilità di dover fare il prossimo campionato sotto tono e magari rischiare di retrocedere non piace, per Calvisano non sarà il campo a decidere. Sono finiti i soldi e non possiamo più vincere come prima? Allora andiamo più sotto, li si vince. Poco sportivo, poco vero….poco rugby. Anzi per nulla.
Terzo uomo : il neo-allenatore del VeneziaMestre Rugby Marzio Innocenti
Ex-giocatore, grande cuore petrarchino, l’Innocenti non è ne un eroe ne un santo. Magari tutt’altro. Marzio Innocenti è rugby e punto ma è anche il Dottor Innocenti, otorino-laringoiatra. Il 29 giugno 2009 celebra il nuovo prestigioso incarico nel club veneziano di Super10 con una intervista a Il Gazzettino.
La prima risposta è : “Premiare i giocatori in base all'abilità e al talento, e non per le prestazioni atletiche o per la stazza come fa Nick Mallett sbagliando, chiaro che le due qualità possono sposarsi con il dato fisico. Finirla poi con il malinteso del professionismo, un'illusione dilagata in questi anni nei club, che rischia di danneggiare la vita dei giocatori, molti dei quali sono professionisti solo nel senso che non fanno altro, non in quello che potranno sostenersi giocando”.
Alla domanda “Innocenti ci riveli un particolare della trattativa che lo ha portato a Favaro Veneto”. Ecco la risposta : “Ho richiesto alla Società di allenare in tempi e modi che permetta ai giocatori di studiare e lavorare, anche perchè un giocatore che non lavora né studia mi lascia un po' perplesso…..”
Al centro c’è l’atleta ed il suo futuro, il suo futuro come uomo e non solo nella sua minima versione di rugbista, il progetto segue i ragazzi e non viceversa.
Il rugby educhi alla vita questa la filosofia.
Inutile dire di più …..citiamo Ionesco “Le parole sono macigni, il resto solo chiacchiere”.
Questo rugbista-otorino ha detto parole, nessun altro commento solo un profondo e sincero “Grazie”
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Tre fatti accaduti uno in successione all’altro, tre situazioni diverse dettate e presentate da tre uomini diversi, tre modi diversi di vivere il rugby, una questione di stile ?? Si, ma anche molto di più: tre modi di credere nelle vere regole del rugby, quelle non scritte.
Uno si chiama Dondi, l'altro Casali, l’ultimo Innocenti. Allora via con il racconto delle tre volte tre.
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Primo uomo : il Presidente della Federazione Italiana Rugby Giancarlo Dondi
La Rugby World Cup Limited boccia il 30 giugno 2009 la nostra candidatura ad ospitare i mondiali preferendoci per il 2015 la solita attrezzatissima Inghilterra e per il 2019 il Giappone (!!). Il mondo ha guardato le recenti vicende della “politica rugbistica” italiana e ci ha bocciati.
A seguito di ciò il Presidente dichiara fra l’altro “….speravo in un’apertura del rugby a nuove nazioni che invece non c’è stata”. Perché il Giappone cosa è ?? Il Giappone non ha mai ospitato un mondiale ed è al 14° posto nel ranking mondiale, l’Italia è al 12°, se noi siamo un “paese emergente” gli omini del Sol Levante lo sono addirittura di più. Da Dondi la solita risposta bluff, la bugia, l’ingannevole surplace, il pensiero rivolto alla politica e non allo sport, la sconfitta che non viene accettata per quello che è. Questo è rugby ?
Secondo uomo : il Presidente del Calvisano Rugby Francesco Casali.
Con un comunicato stampa affisso il 29 giugno 2009 sul sito internet della Società Sportiva, il Presidente della società bresciana dichiara il ritiro del suo prestigioso Club dal massimo campionato di Rugby, il quasi defunto Super10, e l’iscrizione alla Serie A. Motivazione: la crisi economica.
La motivazione viene ampiamente sostenuta nel comunicato ma traspare evidente un calcolo poco sportivo nel ritiro; un calcolo però assolutamente legittimo perché risultante dalle assurde regole imposte dalla Federazione per il prossimo Super10. Un calcolo che potrebbe addirittura puntare a rivedere Calvisano nel più prestigioso Super 12 della stagione 2010/2011.
A Calvisano la possibilità di dover fare il prossimo campionato sotto tono e magari rischiare di retrocedere non piace, per Calvisano non sarà il campo a decidere. Sono finiti i soldi e non possiamo più vincere come prima? Allora andiamo più sotto, li si vince. Poco sportivo, poco vero….poco rugby. Anzi per nulla.
Terzo uomo : il neo-allenatore del VeneziaMestre Rugby Marzio Innocenti
Ex-giocatore, grande cuore petrarchino, l’Innocenti non è ne un eroe ne un santo. Magari tutt’altro. Marzio Innocenti è rugby e punto ma è anche il Dottor Innocenti, otorino-laringoiatra. Il 29 giugno 2009 celebra il nuovo prestigioso incarico nel club veneziano di Super10 con una intervista a Il Gazzettino.
La prima risposta è : “Premiare i giocatori in base all'abilità e al talento, e non per le prestazioni atletiche o per la stazza come fa Nick Mallett sbagliando, chiaro che le due qualità possono sposarsi con il dato fisico. Finirla poi con il malinteso del professionismo, un'illusione dilagata in questi anni nei club, che rischia di danneggiare la vita dei giocatori, molti dei quali sono professionisti solo nel senso che non fanno altro, non in quello che potranno sostenersi giocando”.
Alla domanda “Innocenti ci riveli un particolare della trattativa che lo ha portato a Favaro Veneto”. Ecco la risposta : “Ho richiesto alla Società di allenare in tempi e modi che permetta ai giocatori di studiare e lavorare, anche perchè un giocatore che non lavora né studia mi lascia un po' perplesso…..”
Al centro c’è l’atleta ed il suo futuro, il suo futuro come uomo e non solo nella sua minima versione di rugbista, il progetto segue i ragazzi e non viceversa.
Il rugby educhi alla vita questa la filosofia.
Inutile dire di più …..citiamo Ionesco “Le parole sono macigni, il resto solo chiacchiere”.
Questo rugbista-otorino ha detto parole, nessun altro commento solo un profondo e sincero “Grazie”
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