Una notizia che non è una notizia veleggia fiera sulle pagine di molti blog ed organi informazione che rilanciano l’ultima ottima fatica analitica su Vino&Internet di Winenews.
La notizia sarebbe che: il mondo del vino non si innamora della rete, ci investe poco (e male aggiungo io), ci crede anche meno.
Qualche numero. “I dati Nielsen sugli investimenti pubblicitari: ad ottobre 2009… Internet è stato l’unico mezzo di comunicazione a registrare un aumento, pari al +4,7% sul 2008…contro un dato generale che parla di un calo del 15,6%… la tv generalista che scende del 12,6%, la radio del 13,2%, e la carta stampata che crolla addirittura del 23,2%”.
Mentre il mondo, quello terracqueo, rincorre la rete e le sue potenzialità di contatto , mentre in Italia il 55% della popolazione ha abitualmente le mani in pasta con internet e nel mondo 1,7 miliardi persone ogni giorno, il mondo vitivinicolo italiano affronta lo sviluppo di uno delle maggiori griffe nazionali, il vino appunto, con scetticismo mediatico (a voler essere buoni).
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E’ la Sicilia la regione italiana con maggior numero di cantine nel web, siti di grande qualità che si piazzano fra i migliori del suolo patrio, l’avreste mai detto? Fra tutti fatevi un giro su Planeta e Donna Fugata. Il primato del miglior sito resta però saldamente in mano alla veneziana Santa Margherita, i miei più sentiti complimenti all’amico Alberto Ugolini che di Santa Margherita è il Brand Ambassador (un title che è marketing nel marketing).
Resta comunque il fatto che solo il 5% delle cantine italiane utilizza la vendita on line e che per la stragrande maggioranza il proprio sito è anche meno di una vetrina. Non ci siamo, proprio no.
Tutta colpa delle cantine ? Un po’ si e un po’ no. Sicuramente nelle aziende agricole non si annidano i maggiori innovatori della imprenditoria italiana ma la cecità è figlia anche di scarsa comunicazione inter-settore e di troppi marketing-man improvvisati che si presentano in cantina con poche idee e troppi paroloni ammeri-cani.
Punto primo. Consorzi e Strade del Vino hanno spesso i peggiori siti internet si siano visti, spesso chiusi alla comunicazione, uni-direzionali, statici. Realtà che su internet mostrano il contrario di quello che vuole internet: siti conservativi, la mail nascosta, nessuna sensazione di “chi ci sta dietro”, intere pagine di disciplinari ufficiali e pochi/nessun commento sulla realtà consortile, la comunicazione riservata spesso solo alla stampa accreditata, spesso non si va oltre le sagre di paese, poche relazioni pubbliche, dati e finanziamenti per la rete meno che meno. Cosa/come dovrebbero fare di più i loro associati??
Punto secondo. Bussa spesso la porte delle cantine un genere di uomini marketing assolutamente incomprensibili, di cui viene spontaneo, raramente a torto, diffidare. Autoreferenziali e legati al marketing come fatto generico, lontani dal problema del vino, bevitori di Coca Cola che mai hanno messo piede in cantina, essi credono la vinificazione sia una nuova forma di religione ascetica orientale. Ne ho visti girare di questi, ne ho ascoltati diversi. Le Cantine si dovrebbero affidare a loro? Ma per piacere.
Ci sono molte cose da fare ma, tanto per partire, ecco due mali da estirpare per far crescere il binomio Vino&Internet.
Possono gli Enti consorzi o Strade, essere promotori di “innovazione”? Aiutare e promuovere il marketing in azienda ma anche certificare il marketing nelle aziende? Costituire o favorire la costituzione di pool di piccole aziende che volessero, anche in poche, consorziarsi e gestire azioni comuni di marketing e web-marketing?
Possono gli uomini di marketing del vino, ce ne sono parecchi in giro di veri professionisti che hanno nel vino prima una passione e poi un lavoro, farsi meglio riconoscere, magari costituendosi in “associazione di categoria” o in consorzi di collaborazione e promozione? Un po’ di umiltà anche da parte loro non farebbe male. Partire dal basso con il piede giusto può portare molto lontano.
La base di tutto sembra essere quella del “mettersi insieme”, il contrario del vizio italico del particolarismo.
Fatto sta che il vino ed il web non si vogliono ancora bene, non è una notizia ma il finale è già scritto: fra i due il primo dovrà prima o poi cedere alle lusinghe del secondo, non c’è storia, solo questione di tempo. Più tardi è peggio è.
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La questione si concentra in un solo fatto: i consumatori scelgono il vino sempre più affidandosi a Internet, consultando i blog, alla ricerca di opinioni di consumatori più esperti e di pochi professionisti autorevoli. Cosa fanno le aziende (e i loro intermediari) per affrontare le esigenze di questi "nuovi consumatori"? Cosa fanno fanno per aprirsi al dialogo interattivo con essi? Mantengono siti ingessati e statici (ma tanto "emozionali!!!" come dicono alcuni illusi produttori), con news ammuffite, scarsa trasparenza, eccetera.
RispondiEliminaAttenzione, dunque: finalmente il mercato finale è corso in avanti, la domanda è più "avanzata" dell'offerta.
concordo pienamente con quanto scritto sopra, poco tempo fa sono rimasto esterrefatto dopo aver assistito alla presentazione di una campagna pubblicitaria (Orvieto doc) molto discutibile, fatta di cartellonistica e pubblicità cartacea, dove zero e ripeto zero euro erano stati spesi per il web! non ci credete? Guardate qui:
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=ZTrX4irw_7k
p.s. significativo il fatto che:
RispondiElimina- su 50 secondi la voce "internet" compaia solo per 5 secondi...
- la concezione di "internet" è del tutto fuori luogo, infatti internet per loro è da usare come un cartellone appunto, dove inserire solo l'icona della campagna pubblicitaria!!!
- alla fine lo scrivono pure...12 settimane di presenza sul web! e qui mi fermo si commenta da solo.
mi spiace molto per questa situazione...
A me pare invece si stiano facendo passi da gigante in questo antico ed antiquato mondo. L'ho già scritto altrove ma avendo visto cos'era e vedendo cosa accade oggi, mi pare che il mondo del vino sia una delle realtà più dinamiche e in più rapida evoluzione sul web. Che poi ci sia pieno di venditori di fumo in giro è verissimo ed hai probabilmente centrato il problema. Io per anni e ancora oggi mi sono occupato di "evangelizzazione" dell'azienda perchè ritenevo e ritengo che formare l'azienda sia il passaggio necessario per sperare che questa sposti sul web l'attenzione.
RispondiEliminaMa lo vedo di continuo accadere ultimamente. Aziende anche di una certa grandezza decidono - l'ho sentito con le mie orecchie e in alcuni casi sono parte del progetto - di abbandonare i canali di comunicazione tradizionali per affidarsi completamente ad internet ed al rapporto diretto da questo mediato.
Ecco, proviamo ogni tanto a vedere il bicchiere anche mezzo pieno.
Ciao, Fil.
Fil, è vero che sempre più aziende "scelgono", "si affidano" a Internet. Ma lo fanno perchè qualcuno gli ha detto che è un mezzo più "popolare", "moderno" ed efficace (oltre che economico) di quelli tradizionali.
RispondiEliminaIl guaio è che "si affidano" a Internet esattamente come "si affidavano" alla carta stampata o alla televisione. Sostituiscono cioè i media tradizionali con il nuovo "mezzo Internet". E' una semplice trasposizione di mentalità e ruoli; si usa uno strumento nuovo con la mentalità vecchia.
E si fallisce, inesorabilmente.
Penso che ci sia anche un altro aspetto fondamentale da considerare. Se quanto dice Lizzy è vero nel senso che molti, la maggioranza, si accostano al web con lo stesso identico approccio che usavano fino a ieri sui vecchi media, credo che bisogna anche dire che spesso un'azienda rispecchia anche un po' quello che è. Mi spiego: è pieno il web di bravi vignaioli che si sbattono e che un commento almeno un giorno lo hanno inserito, hanno investito il loro tempo per entrare in una discussione. Lo vedo ogni giorno su vinix ma anche su tanti altri siti e blog. Se però uno non è un tipo che discute, se è uno che relaziona male anche in RL, se fa cose dimenticabili a partire dal prodotto oltre che dalla comunicazione, non è che spostandosi online migliora. Anche questo penso sia un dato, internet è lo specchio di quello che siamo, l'importante semmai, è apparire inaccurati se non lo siamo ed è lì secondo me che i professionisti devono lavorare, con quelli che sbagliano approccio solo per ignoranza delle dinamiche del mezzo.
RispondiEliminaCiao, Fil.
Fil.