Questo è il wine blog di Stefano Il Nero, un contenitore indipendente, indisponente ed insufficiente di impressioni sul vino
ed il suo mondo.
Al centro il gusto, la tradizione, il territorio.

giovedì 25 marzo 2010

LUDWIG PINOT NERO ELENA WALCH 2007 DOC : JAWOHL.


Saranno state certe tristissime ripetute esperienze passate che hanno fatto io rifugga il suolo altoatesino da moltissimi anni; quando punto decisamente verso nord varco sempre il Brennero, oltre quei valico mi hanno sempre trattato bene, indipendentemente dal fatto che parlassi una lingua o l’altra e dalla targa dell’auto. Sopravvivo da sempre bene anche senza i sudtirolesi.
Questi amiconi della schiava però sono da tempo rientrati in competizione vitivinicola e, fa bene ricordarlo, sfruttano l’onda del “Made in Italy” : roba da ridere ma meglio così.
Diversi amici mi hanno sottoposto delle ottime produzioni altoatesine, produzioni che dimostrano una sensibilità ed una ricerca appassionata, questo e quello che conta per noi ora.
Io cercavo insistentemente un certo Pinot Nero altoatesino da abbinare ad altre bevute di cui si è già parlato almeno…. unadue….volte su questo blog. Cerca e ricerca ed un giorno per caso in una enoteca….trovato: Ludwig Pinot Nero –Elena Walch 2007 DOC. Ascoltiamolo.
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Bel colore rosso intenso, mi piace la sfumatura rosso antico che lascia prima di scendere dentro una unghia cupa; arco veloce e quindi bassa densità , vino già elegante in mescita, tutt’altro che corposo. I profumi di susina che emana mi portano un attimo indietro nel tempo fra i miei appennini e mi ricordano alcune scorribande nel’orto dello zio giù nella Chiusa. Dicevo…naso di susina e paglia fresca battuta con dolcettino finale, niente di carico ma neanche di così raffinato. La beva è leggera e morbida, quasi vellutata, senza persistenza e senza immediati risvegli alcolici , almeno fino al tocco finale della discesa dove dietro la gradevole acidità ecco l’alcol in tutti i suoi 14 gradi. E’ allora che dimentichi essersi dimostrato un vino gustosetto e soffice quasi con movenze da vinino e te lo scopri ingannatore, carico e deciso nel grado anche se non al palato. Equilibrato e solo leggermente vinoso, dolcetto nell’apice della bevuta. Fategli pure gli onori, Herr Ludwig li merita.
Questo 100% pinot nasce nasce da coltivazioni su declivi a 650 mt slm, si concede una e
vinificazione con “Macerazione a freddo di 48 ore, successiva fermentazione sulle vinacce per 10 giorni in botte d’acciaio. Maturazione in 1/3 nuove, 2/3 vecchie barrique di rovere francese per una durata di 14 mesi”. Così dice la Elena Walch la quale amministra questi appezzamenti di famiglia, 30 ettari di vitato, declamando una vera passione oltre ai tre bicchieri dal Gambero 2010 (quello rosso) per il proprio Gewurztraminer. Ah la guida che cos’è!.
Una cosa più che buona il Pinot Nero dei Walch, una cosa che dice di rinnovamento operativo, questa non è schiava travestita, questo è Pinot Nero…eccome !!!
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giovedì 18 marzo 2010

L'ULTIMA SCORCIATOIA DEI FURBETTI NEL RUGBY : IL CAMPIONATO DELLE FRANCHIGE.


Brutto periodo per scrivere di rugby, per chi ama questo nostro sport ogni recente notizia crea una buona dose di sofferenza.
Ho scritto la prima volta di Celtic League quasi un anno fa, ora la realtà, esattamente dipinta come descritta in quel post, si è riproposta in via definitiva con l’ammissione alla competizione del nord europa delle due “franchige” Aironi del Po (Viadana-Parma-Colorno-Noceto-Mantova-Reggio Emilia) e la Benetton Treviso sul cui effettivo ruolo di franchigia veneta è ancora calato una aria di mistero francamente fastidiosa.
Le polemiche sono state per mesi all’ordine del giorno, movimento sportivo scompaginato? Meglio dire a pezzi.
Fra le tante polemiche prendiamo qui molto brevemente in esame la meno intelligente ovvero la necessità della strutturazione in franchige dei partecipanti al nuovo campionato nazionale 2010/2011.
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Prima di tutto prendiamo il vocabolario della lingua italiana e vediamo il significato di franchigia: “privilegio con cui veniva concessa autonomia” derivato dal francese “franc” ovvero “libero”. C’entra niente con gli scopi della proposta franchigiana, anzi il contrario.
Vediamo ora il contesto. Causa ammissione in Celtic League il campionato nazionale Super10 con la sua formula va in soffitta e lascia il posto a, cito la FIR, “….tale campionato sarà composto da dodici squadre suddivise in due gironi meritocratici di sei squadre. Le prime tre classificate di ogni girone parteciperanno alla poule scudetto. Le ultime tre classificate di ogni girone, invece, parteciperanno alla poule retrocessione…”. Questa formula è vista un po’ da tutti come un triste ripiego che difficilmente potrà creare il benché minimo interesse verso un campionato nazionale che sarà sepolto dall’interesse e dalla attrazione della avventura celtica.
Ma dove il cadavere si mostra un minimo putridino ecco arrivare le ienette di turno: invocando maggiore territorialità per il nostro sport, invocando diffusione e pubblico diverso qualcuno dice il suo basta con i “vecchi club”; l’Aquila, Petrarca, Rovigo, Treviso, Parma, tutti in soffitta anche loro. Basta con questo campanilismo, dicono loro, realizziamo un numero di franchige (8/10??) ovvero società sportive strutturate a tavolino dalla federazione che vedano la fusione fra varie squadre dello stesso territorio e che vengano disposte su tutto il patrio suolo. Una soluzione artificiale che vuol dire fare fuori i club e costruire una serie di squadre nuove sulla carta,
tutte centralizzate, inventandosi una copertura territoriale senza merito e senza storia.
L’attacco, è evidente, è più che mai contro il Veneto, fin troppo terra di rugby, e vorrebbe così, dicono puramente i franchigiani, dare spazio a “nuove aree”. Si nuove aree finte, perchè costruite sulla carta, cose fredde e calcolate, senza cuore e senza alcuna affinità storica e tanto meno radicate, altro che territorialità.
L’ideuzza viene sostenuta da un autorevole e preparato blogger del rugby, della serie tutti possono sbagliare e anche tanto, e da pochissimi altri, questi ultimi artisti del politicismo nel movimento sportivo del rugby, personaggi spesso ispirati da motivazioni di mera bottega.
E’ chiaro il mio giudizio contro queste franchige ma soprattutto a favore della territorialità profonda e radicata dei grandi Club italiani, a favore dei loro vivai che hanno bisogno di uno sbocco di maglia “in alto”, a favore di chi fa del rugby una passione del/nel territorio ed una sua bandiera contro le teorie artificiali che consegnerebbero l’intero movimento a tre quattro teste laggiù in Federazione. Vai a spiegare ai franchigiari che diminuire il numero di squadre su un territorio significa diminuire il numero di giocatori di livello in quell’ambito uccidendo il movimento ecc…. ma è inutile spiegare, su questo argomento torneremo in futuro ma per adesso fermiamoci perchè la realtà di questa proposta franchigiana forse è un’altra.
Macchè vivai e crescita del rugby, ma quale interesse all’ampliamento del movimento, la realtà è altra e per rappresentarla cito un lettore di blog, tale Giorgio XT, e uno stralcio di un suo commento pepato ma azzeccato che ho letto proprio su Rugby1823 : “Ho la netta impressione che le franchigie piacciano tanto a chi lo vede come un mezzo per arrivare dove non sarebbe mai riuscito con le sue forze”.
Punto a capo.
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mercoledì 10 marzo 2010

KILO' CABERNET DOC RISERVA 2006 : SAUVIGNON PREGIATO DI BREGANZE (VI)


Alle Cantine Beato Bartolomeo di Breganze conferiscono le uve in quasi mille soci, a me la bottiglia del loro Kilò Cabernet Doc Riserva 2006 me l’ha conferita il Paolo. Ce la siamo sorseggiata durante una deliziosa cenetta chiacchierando e scorrendo collezioni d’epoca impensabili che Paolo raccoglie e custodisce con vena artistica; segnalerò la cosa alla cara amica Bea, ricambiando così la sua recente segnalazione del Chianti del Bonfio, perchè lei di coloro che producono cotante raccolte è fine scrittrice.
Questa bottiglia del nord-vicentino, il territorio del Consorzio Tutela DOC Breganze è delimitato fra Asiago Thiene e Bassano, fa da giusto contraltare alla recente esperienza berica e concede ai vini vicentini uno spazio che qui mancava.
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Breganze è terra nota per il Vespaiolo ma soprattutto per il suo Torcolato, l’amico che invece il Paolo mi ha fatto trascinare fra gli appunti è un Cabernet Sauvignon 100% e rappresenta una preziosa selezione, meno di 4000 bottiglie annue, fra la quarantina di etichette della Beato Bartolomeo.
Il Kilò è il frutto dichiarato di un ettaro di terreno argilloso in una località in Sarcedo,le sue uve raccolte con il sistema più tradizionale possibile, godono di un appassimento di circa 20 giorni follature e circa 8 giorni di macerazione poi in botti e barrique per 15 mesi prima di arrivare alla bottiglia. Segue altro riposino e poi via, a disposizione dei fini palati.
Una Riserva degna del suo disciplinare per un vino che si presenta con 14 gradi di alcol ed un colore rosso di botte, denso e carico, un arco stretto e compiuto ma lento ed una capacità di declamare l’olfatto assolutamente percettibile e inusitatamente quasi dolce.
Il naso trova questo Kilò apertamente marascato con note pepate e sentori di legno rotondo.
Una beva decisa ed allappante, tonda e modestamente equilibrata, così come di modesta persistenza, regala i primi spunti; la punta di breve acidità sul finale è gradevole e penetrante e rompe la corposità dando un po’ del grado che è rimasto fino al momento nascosto.
L’ingresso al palato marcatamente ciliegioso copre una dolcezza complessiva compiuta con tannino robusto.
Un cabernet sauvignon non ascrivibile fra i “classici” della categoria e, per chi si dedica anche a questo tipo di assaggi, una cosa che si potrebbe arrivare a dire anche originale. Buon lavoro alla Cantina di Breganze.
Appunti finiti, torno a spulciare le preziose collezioni del mio ospite: incredibile
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sabato 6 marzo 2010

PIOVENE PORTO GODI ROSSO VENETO IGT 2008 POLVERIERA E LA STORIA DEL ...GATO MAGNA'.


Il vino si fa anche nel vicentino e non solo là dove osano i consorzi autorevoli ma anche un po’ più in giù, in quei colli berici indomiti e ricchi di storia e tradizioni. Wine-test da magnagati? Son passato da Villaga. E’ un paesino ai piedi dei suddetti colli, ritrovato nelle mappe storiche fin dall’anno mille, centro di Templari e Cavalieri di Malta, il suo nome latino era “Viraga” e le fonti dicono forse derivi da Viridium ovvero verde, come il territorio che ospita il paesino.
L’Azienda Agricola Piovene Porto Godi propone diverse DOC dei Colli Berici e tutte a prova di mouse BtC, ma Stefano Il Nero, usualmente discolo, assaggia un IGT, sapete perché ? Alte motivazioni scientifiche ? Principi di degustazione AIS? Analisi organolettiche suggerite? No.... mi piaceva il nome !!! Rosso IGT Veneto Polveriera 2008. Sentiamolo.
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Un terzo per uno non fa male a nessuno, così il semplice rosso vicentino che si trastulla nel bicchiere è per un terzo cabernet franc, un altro merlot e poi cabernet sauvignon. Le sue uve passano la prova della “Macerazione con le bucce per 8 giorni con follatura...quindi in vasche di acciaio per la fermentazione controllata (25 - 30 C°).... ed un affinamento finale in botte di rovere”. Così dice il contadino.
La gradazione è di quelle che fanno pensare, 14,5 gradi tutti in punta di spada, ve lo assicuro.
Color rosso rubino con profili di uva matura dimostra subito la sua consistenza al naso con fumo intenso e traccia di legno, molto speziato ed un retrogusto evidente e denso di erba secca, fienile puro. Un turbiion di profumi forti e nettamente percepibili, un gir o di valzer di sensazioni olfattive che non lasciano spazio all’alcol.
Assaggio con ingresso grosso e corposo, pesante e più alcolico che non al naso (del resto son più di quattordici…), una beva inizialmente un po’ scomposta ma solo mediamente persistente, al finale si dimostrerò un vino denso e compatto, assolutamente gradevole per chi ama sentire il palato carico e pieno dopo il sorso, un prodotto di ampia caratterailità, decisamente vinoso e buon campione dei vini di cantina che sono rimasti tanto cari ai colli del veneto orientale.
Fin qui il vino ora però vi devo una spiegazione.
Ho citato i “magnagati” e magari molti di voi non sanno che i cittadini di Vicenza sono noti con l'epiteto appunto di “magnagati”, questo è legato ad un fatto accaduto moltissimi secoli fa fra vicentini e veneziani. Si narra che i veneziani cedettero in prestito dei felini per aiutare i vicentini ad affrontare il problema dei topi in città. I gatti però non furono mai restituiti a Venezia, perciò i veneziani chiamarono i vicentini magnagati pensando che i gatti dovevano essere stati di sicuro mangiati dai vicentini, f
atto peraltro mai ufficialmente smentito, a causa della diffusa fame e povertà della città.
Saluti berici.
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