Questo è il wine blog di Stefano Il Nero, un contenitore indipendente, indisponente ed insufficiente di impressioni sul vino
ed il suo mondo.
Al centro il gusto, la tradizione, il territorio.

lunedì 28 giugno 2010

L'UMBRIA DELLA GENTE: TREBBIANO UMBRO IGP CANTINE BETTONA


L’immagine è semplice, sono appoggiato sul ciglio di San Damiano con l’autista sudato di un matrimonio umbro a discorrere del fatto che “l’Umbria diciamo che è terra di olio, si c’è anche chi ci tiene al vino giù a Montefalco ma da qui ad Arezzo è tutto olio….poi qui si fa vino, si è vero…giù al Passaggio c’è la Bettona…ma è cosa per noi…si beve a tavola” . Domani torno anche io a fare lo scienziato, domani torno anche io a decantare vino altisonanti, lo farò lo giuro, l'ho sempre fatto, oggi però mi cocccolo in terra umbra con vini per gente qualunque, cose che in fondo “si bevono a tavola”, una frase buttata li che dimostra la profondità della tradizione vitivinicola italiana. Domani torno ad osannare gli scienziati, giuro che continuerò, oggi resto qui fra la gente che il vino lo compra semplicemente…..per berlo!!
Sono in terra umbra, sono un residuo del lungo colloquio con il simpaticissimo autista del matrimonio di cui sopra e la sera stessa a tavola, subito, non richiesta, inaspettata, si manifesta la bottiglia: Trebbiano Umbria IGP Cantine Bettona
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Il trebbiano è un vitigno che si trova ovunque, sta bene ovunque e fa uvaggio per molti. Poi fa anche DOC ad esempio a Piacenza, in Abruzzo ed in Romagna, ma resta vino da uvaggio nell’immaginario collettivo. Il trebbiano sta bene ovunque, è un vitigno ma soprattutto un vino della tradizione, per questo è un vino non “da” ma bensì “della” tavola.
Ho assaggiato, bello fresco come si conviene ad un vinino bianco che si rispetti, il trebbiano della Bettona.
E’ sceso con riflessi verdolini nel bicchiere, appoggiato al naso ha mostrato profumi intensi e di una certa densità, frutta bianca percepita. Un assaggio di sincera gradevolezza, decisamente sapido ed intenso, nulla è sfuggito al palato, gusto ben delineato, lungo al sorso nonostante la bassa temperatura, solo 11,5 % il grado di alcol ma si fa sentire. L’armoniosa punta acidula del finale invita al ri-sorso e poi ancora, bisogna starci attenti perché questo trebbiano umbro non stanca mai.
Berlo chiacchierando amabilmente ricorda il sapore di film in bianco e nero, l’invito al secondo assaggio ricorda profumi di una tradizione che non è scomparsa. Tutt’altro.
La mattina dopo passeggio per le vie del centro umbro che mi ospita, entro in una enoteca, chiedo del vino, umbro of course, vorrei qualcosa di nuovo, mi giro un attimo e li c’è il trebbiano umbro “me ne dia tre bottiglie” , non c’è Montefalco che tenga. Se vi ho deluso mi dispiace ma per ora va così, quel trebbiano era la risposta giusta: è il vino della gente. Scienziati un attimo ancora, arrivo più tardi, mi diverto troppo qui.

venerdì 25 giugno 2010

FALANGHINA DEI FEUDI PER BRINDARE AD UN AMICO


Questa sera brindo alla sua salute anche se lui non ci sarà, l’ho deciso da solo, una specie di rito profano per augurare il meglio ad un amico, una delle mie squinternate essenzialità personali. In verità l’avrei una bottiglia per brindare, è un rosso intenso e grave del Sud ma quello lo teniamo per quando viene a trovarmi. Brindo alla sua salute ma io di Campania e limitrofi so poco lo ammetto, non sono un tuttologo del vino. Sono entrato in enoteca ed ho chiesto una falanghina, l’amico enotecaio mi appoggia una Sannio Falanghina dei Feudi di San Gregorio DOC 2008. Vada così.
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Questo vino mi porta appunto nel Sannio, confini indefinibili per una regione storica che conosce vita dall’Impero Romano, Regio IV Samnium il suo momento topico, border da Isernia ad Avellino, poi la conquista Longobarda ed il Ducato di Benevento nelle Longobardia Minor fino al Regno delle Due Sicilie. Una Regione che non è arrivata nelle cartine geografiche della Italia ufficiale di oggi ma che sopravvive nella sua cultura. Una di queste è il vino, perché c’è anche la “falanghina” che è una regione nella regione.
Qui ci raccontano che “Gli antichi Romani denominarono Ager Falernus il territorio della Campania Settentrionale compreso tra il fiume Volturno, il crinale del Monte Massico, la costa Tirrenica e il fiume Savone…..” perché è dall’Ager Falernus che partivano ampi rifornimenti di oli e vino verso la capitale dell’Impero, infatti per i romani il territorio “falanghino” era una “importante via fluviale, che a quei tempi costituiva l’arteria di comunicazione tra la costa e i territori interni…qui erano localizzati insediamenti di strutture agrarie che ancora marcano il territorio”. La tradizione dei vini del Sud.
Posta l’autorevolezza del brindisi non intendo sviluppare altro sulla etichetta, i Vini dei Feudi di San Gregorio è brand noto, si passa quindi all’assaggio.
Si perché solo di assaggio si parla, è un brindisi per un amico non un ludico momento personale e a chi mi chiede “che differenza fa” , rispondo che, se non lo capisci da solo, bhe diciamo che Stefano Il Nero è una animaccia complessa.
Ho abbassato leggermente la temperatura del vino, versato si dimostra di un giallo rilucente ma intenso, leggermente carico.
Al naso mi piace il tondo floreale di ingresso, la banana e la voglia di agrumi, evidenti e chiari; l’assaggio è di quelli salubri, fiori in ingresso e punta acidula nel finale, intensa fragranza, sembra quasi corposo, inebriante e soggiogante. Non è perfetto ma è di buona finitura, non alza troppo i toni se prende temperatura, è un buon brindisi.
Cin cin amico mio, in bocca al lupo.
Crepi.

sabato 19 giugno 2010

CONTRO IL "DIFFICIL PENSIERO" HO UN AMICO NUOVO, PREMAORE RABOSO SFUSO


Ho bevuto un vino davvero buono, non è la prima volta ma questa era veramente uno di quelle che te le ricordi anche perché era un vino sfuso.
Sono stato “in sagra”.
La sagra è una festa popolare che contraddistingue moltissimi paesi e rioni della italica penisola, ci si ritrova sotto capannoni ampi, seduti su panche e panchette e ci si delizia con cucina nostrana bevendo vino sfuso a volte di qualità sotto la media a volte invece sorprendente ma in entrambi i casi chissenefrega perché in sagra quello che conta è la compagnia.
Forse per questo anche io mi sono versato dalla caraffa il raboso con distrazione e poca concentrazione, pensavo ad altro, alla compagnia di amici, all’evento della sera.
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Non era serata da sofisticazioni, a me in generale non piace sofisticare quando si tratta di vino figurarsi in codesta occasione, nessun passaggio al naso al primo assaggio, nessun commento, nemmeno ermetico; al secondo assaggio però quel raboso mi ha fermato. Troppa gradevolezza per averlo snobbato così, sentivo qualcosa di primitivamente eccellente, qualcosa di vellutato e graziosamente intriso di mora selvatica, leggero eppur tannico.
Il primo pensiero è volato ai recenti dibattiti che ho letto in rete, elaborazioni elucrubate di dogmi imprescindibili o, al contrario, di rivoluzioni inarrestabili, ricerca spasmodica dell’originale e del “nuovo”. Io avevo invece davanti a farmi sussultare un semplice vino sfuso.
La rete è infatti recentemente piena di sofisticazioni, mi da un po’ di nausea leggere in rete di vino, sembra che molti stiano organizzando solo dibattiti per scienziati; il questo senso il mio raboso sfuso della serata giocava contro tutte le incombenze (e meschinità a volte) del “difficil pensiero”.
Mi sono informato sulla provenienza di quel vino ed ho scoperto che la Cantina Sociale di Premaore ne è il mescitore. Uhm, uhm. Davvero niente male.
Premaore è una frazione del Comune di Camponogara, nel veneziano dove non è ancora Chioggia ma non è nemmeno Venezia; la sua cantina sociale, fondata nel ’59, raccoglie circa seicento conferitori di uve sparpagliati sul territorio da Campolongo fin nella padovana Saonara.
Il vino di Premaore lo bevono tutti, è quello che va nelle tavole, quello che si trova nelle sagre, lo si trova spesso direttamente sotto casa perché la Cantina ha sviluppato una piccola rete di negozi legata al territorio di produzione: Chioggia, Legnaro, Mestre, Spinea, Padova-Camin, Ponte san Nicolò-Roncaglia, Padova-Mandria.
Premaore ha anche una sua gamma di vini in bottiglia, dovrà essere assaggiata, faremo un post due e la vedremo.
Quando mi hanno detto che quel raboso che stavo vezzeggiando era di Premaore mi è venuto in mente che era almeno la terza volta in pochi mesi che qualcuno mi raccontava compiaciuto di un buon assaggio frutto della produzione della Cantina veneziana, meritava spazio la cosa, meritava uno spazio “antisofisticazione”.
Pramaore vs Difficilpensiero uno a zero. Palla al centro.

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giovedì 10 giugno 2010

STEFANO IL NERO GUEST-BLOGGER DI WHATYOULOVE


Notiziuola da bacheca per voi, Stefano Il Nero scrive anche su whatyoulove il Blog di Best Western.
Il primo post è questo e si diletta, come tutti quelli che seguiranno, a discendere e risalire alcune delle aree di collina più belle d'Italia, incontrando DOP ma sopratutto DOC sul suo cammino (chissà magari anche rugby!!!)
Questo post è anche uno spot e quindi, mi raccomando, trattatelo come tale ovvero dategli la soddisfazione che merita. Buon viaggio.


sabato 5 giugno 2010

MONTALCINO HA IL NUOVO PRESIDENTE ......DATE A CESARE QUEL CHE...E AL SANGIOVESE......


Non mi strapperò le vesti per la gioia ma neanche starnazzerò al vento improperi, il Consorzio Montalcino ha eletto il nuovo Presidente ed è Ezio Rivella. Mah. Ezio Rivella è bravo ed acclamato, niente da dire. Ezio Rivella ha pure settantasette anni ed è il miglior esempio del fatto che in questa Italia la gerontocrazia fatica ad andare in pensione. La gerontocrazia in Italia assurge al ruolo di valore positivo, per forza poi ti ritrovi pieno zeppo di “bamboccioni” di brunettiana memoria.
Il perché sia “importante” la scelta di cotanto presidente lo spiega succintamente, citando Jeremy Parzen, il Peretti sul suo Internetgourmet e quindi passo a declamare “….perché la denominazione del Brunello è diventata la prima linea della battaglia dei campioni tradizionalisti delle verietà autoctone italiane contro i propositori progressisti dei 'trend moderni' e delle varietà internazionali…….” Wow,che storia, chissà se lo sa Rivella !!!?
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Buon lavoro al nuovo Presidente di uno dei troppi inutili Consorzi politici italiani; con quello che è successo a Montalcino, dove alcuni-molti-troppi produttori pare si siano dimenticati quintalate di forse-cabernet nel tino proprio mentre scendeva il sangiovese, il Consorzio forse dovevano spegnerlo non rinnovarlo.
Da questo punto di vista è almeno singolare che il Consorzio del Brunello ed il suo Presidente possano avere voce in capitolo su una qualsiasi questione di quelle citate da Parzen, che tipo di affidabilità hanno i brunellevoli su varietà, qualità, linea tradizionalista o altro?
Pare infatti qualcuno cerchi di dimostrare in tribunale che la loro linea fosse ben altra; comunque vale che sono tutti innocenti fino a conclusione del processo ma fino a quel giorno il Consorzio della vergogna farebbe solo bene a stare zitto ed a chiedere umilmente perdono a tutti gli italiani ed a tutti i viticolturi italiani per il grave danno arrecato al’immagine del nostro prodotto e della nostra Italia in tutto il mondo.
Rivella , insiediato nel suo ruolo presidenziale ha detto subito la cosa meno originale che sanno dire tutti i Presidenti “sarò il Presidente di tutti”. La stessa frase l’ha detta anche il nuovo Presidente della bocciofila e pure quello del Centro Sportivo Nuoto vicino a casa mia, l’ha detta il segretario della locale sezione del PD in cerca di ritemprare la sua mogia autorevolezza mentre a quello del PDL glielo dicono gli altri ogni due giorni come corso di training autogeno. Non bisognava andare a Montalcino per sentire tale autorevol-citazione.
Un “sarò il presidente di tutti” del resto non si nega a nessuno” magari aggiungere “fuori piove”, anche se non è vero, rende il concetto denso di incognite, di pathos, un vero thriller.
Per quanto mi riguarda il nuovo Presidente del Consorzio del Brunello doveva dire solo una cosa : “ Scusateci, scusateci tutti”.
Buon lavoro Presidente.
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