La questione "Filippo Ronco e la trasparenza in rete" ha avuto strascichi anche polemici non tanto sulla riflessione generale ma sul fatto specifico per cui è nata : #barbera2. Stefano Il Nero non di questo si è occupato ne si occupa.
Monica Pisciella di Wineup ha però realizzato sotto il mio post originario un lungo commento relativo allo specifico fatto di #barbera2. Per la sua lunghezza e per la vastità dei contenuti espressi da Monica mi pare opportuno, in via straordinaria, riportare integralmente a mo' di post questo commento lasciando a voi, se vorrete, le osservazioni. Un salutone - Stefano Il Nero -
Ciao Stefano,
Sono Monica Pisciella, in rete più conosciuta come Wineup, vivo a Torino e sono un consulente di marketing e comunicazione. Insieme a Gianluca Morino, produttore di barbera proprietario di Cascina Garitina, oltre che sponsor ed ideatore di #barbera2, (e ad altri) sono anche una di quelli su cui è appena stata tirata una spolverata di .....addosso nel post di Filippo Ronco che tu citi in questo post.
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Sono stata anch'io una blogger del vino. Dico sono stata, nonostante il mio blog Wineup sia tuttora attivo, poiché causa impegni di lavoro riesco a seguirlo sempre meno e sicuramente non come vorrei. Ricordo molto bene però quale fosse l'etica del blogger a cui mi sono sempre ispirata e di cui peraltro ho anche scritto molto tempo fa in questo articolo dove ben più di un anno fa mettevo in luce, con le parole di Robert Parker jr, la necessità che il blogger fosse uno scrittore coscienzioso, che facesse ricerca e testimoniasse la propria opinione solo dopo essersi adeguatamente informato. “Le persone” , disse Robert Parker jr, “vogliono commenti personali, ma anche equità, equilibrio ed informazioni accurate”.
La stessa etica che mi accompagna peraltro in ogni cosa che faccio
Non nascondo quindi un certo stupore nel notare che chi oggi si pone nel ruolo di moderatore (peraltro non presente a #barbera2) e porta in piazza tutto questo fango non abbia prima interpellato tutti i diretti interessati al fine di verificare se fossero d'accordo a parlarne pubblicamente, e che prima di scrivere non abbia proceduto ad ascoltare senza pregiudizio entrambe le campane, e non solo quella amica, prima di procedere ad un processo sommario.
È un po' triste vedere che quando si cerca di fare qualcosa di diverso, ma soprattutto di dare vero potere alle persone che non fanno parte del solito giro dei wine bloggers, succede tutto questo putiferio. È un fatto che da tempo si parla in rete di degustazioni dal basso, ma forse mai nessuno si è chiesto chi vi prenda parte. Se da un lato, infatti, è necessario che ci sia una componente di “esperti” in grado di valorizzare le caratteristiche dei principali vitigni, dall'altro mi chiedo come sia possibile che ci siano sempre E SOLO le stesse persone, oppure nuovi adepti ma sempre amici degli amici.
Questo sistema a mio parere non è sano, né per il mondo dei blogger né per il mondo del vino, poiché dà origine a gruppi chiusi che si sentono depositari delle regole e della verità e ad un mondo del vino in balia del giudizio e delle simpatie personali di poche persone.
E questo è anche il nodo della questione #barbera2 a mio parere.
Al di là delle opinioni personali, è un fatto che il risultato professionale di #barbera2 è stato indubbio, inattaccabile, e sotto gli occhi di tutti. Come ogni volta che qualche cosa turba un equilibrio preesistente ed è inattaccabile dal punto di vista professionale, anche questa volta naturalmente si è passati al subdolo attacco personale. Devo dire che a mio parere, con il tempo, questo di solito si ritorce contro chi lo fa, anche perché a volte è fin troppo facile osservare che proprio chi accusa con le parole, nei fatti si rende egli stesso per primo colpevole di ciò di cui accusa gli altri.
Nessuno di voi si è chiesto finora come mai queste accuse a #barbera2 vengano proprio da chi ha organizzato #barbera1?
Il tempo dirà chi spettegola, chi scredita, chi fa avvertimenti più o meno espliciti; dirò di più, a mio parere il tempo dirà anche chi usa lo strumento del blog in modo corretto e chi in modo strumentale a ripicche e vendette personali, chi usa Twitter come strumento di comunicazione e chi come mezzo per isolare o coinvolgere le persone in finti rapporti, che a ben guardarli altro non sono a volte se non piccoli e anche abbastanza puerili giochi di potere.
Ho trovato un punto particolarmente interessante nel tuo post, quello in cui parli dei ruoli.
A mio parere l'appassionato ed il professionista hanno ruoli ben diversi e separati. Sicuramente renderebbe tutto più semplice se ci fosse trasparenza e coerenza prima di tutto tra ciò che uno è ciò che uno vorrebbe essere. Nella vita credo sia necessario e fondamentale scegliere chi e cosa si vuole essere e poi però mettersi davvero a lavorare e a fare per diventarlo.
Con questo non dico affatto che un appassionato non possa un giorno trasformarsi in un professionista, poiché è esattamente il percorso che ho fatto anch'io, dopo la laurea in economia con una tesi in marketing del vino. Perché questo mondo mi appassionava e parecchio. Dopo lo studio mi è toccato un lungo periodo di gavetta, in cui ho imparato molto. Non mi sono mai lamentata e non sono mai stata invidiosa, non ho soprattutto mai sparato sugli altri, anzi ho sempre cercato di lavorare sodo, senza risparmiarmi, usando anche la notte e le vacanze, e di imparare da chi ne sapesse più di me. Ma questa strada è faticosa, quanti sono disposti ed hanno voglia di percorrerla?
E se da un lato è un fatto che molto spesso l'appassionato accusi il professionista di essere un markettaro, sottoponendolo così a giudizio come se non si potesse essere appassionati e professionisti insieme, è altresì vero che purtroppo l’appassionato, finché non decide egli stesso di dedicare tutte le proprie energie e le proprie risorse prima a prepararsi e poi a diventare un professionista, resterà pur sempre uno che vorrebbe forse fare tante cose ma che purtroppo talvolta non ne è nelle condizioni, vuoi per motivi di tempo (se fa un altro lavoro è ovvio che si può dedicare al vino solo parzialmente) e a volte anche per mancanza di competenze ed esperienza nel fare o nel gestire o nel pianificare attività complesse. E questo non è certo colpa dei professionisti.
Oppure si sceglie di essere appassionati e basta, che credo sia la condizione in cui si gode maggiormente della dimensione ludica e giocosa del vino e del cibo. E allora la si vive con serenità, come vedo fare dai blogger, e sono tanti, che non sentono il bisogno di prendersi troppo sul serio.
Grazie Stefano per lo spazio che mi hai dedicato.
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